Dovevo parlare al convegno dei fundraiser spagnoli, annullato all’ultimo per un blackout, ma nonostante questo ho fatto un giro esplorativo di Barcellona.
Una città che sembra progettata da un team di fundraiser più che da urbanisti. E no, non è stata una vacanza. È stata un’iniezione di creatività.
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Barcellona è una nonprofit travestita da città: e ci dà più idee lei di mille convegni
Barcellona è bella, sì, ma anche cara. Molto cara. Eppure, nonostante i prezzi, riesce a farti sentire “dentro” e non “fuori”. Autobus e metropolitana funzionano benissimo, nessuna sensazione di smarrimento. È una città con un flusso continuo di turisti, eppure tutto è gestito con una logica che non ti fa sentire un numero.
È come se ti dicessero, silenziosamente: sei il benvenuto. Un benvenuto vero, che non è solo marketing: è progettazione sociale. È come se la città sussurrasse: “Tu conti”… che è quello che dovremmo sussurrare, come fundraiser, ai nostri donatori...
Ora, ditemi se questo non dovrebbe valere anche per le nostre nonprofit.
Casa Batlló: Gaudí e Mirabilandia
Casa Batlló è meravigliosa, ma – diciamolo – sembra quasi un parco divertimenti.
Un “effetto Mirabilandia” che può piacere o no, ma funziona.
Quattro tipi di biglietti (Blue, Silver, Gold, Platinum) che vanno dai 43 ai 63 euro, ognuno con esperienze in più.
Più paghi, più vedi. E ogni euro è giustificato da un’aggiunta concreta.

A metà percorso ti fanno la classica “foto ricordo” che puoi acquistare per 12 €.
Troppo? Forse. Ma se quei 12 euro andassero in parte a una causa solidale, diventerebbero una donazione con un sorriso stampato sopra.
E poi c’è lo shop. Anzi, due shop: uno a metà percorso, l’altro all’uscita.
Ogni spazio è un’occasione per acquistare qualcosa che prolunga l’esperienza.
Le nonprofit si lamentano che la gente se ne va senza donare.
Ma non fanno nulla perché tu non gli lasci qualcosa. Dove sono i gadget? I ricordi? Le esperienze extra? Quante offrono un’esperienza così irresistibile da far dire: “Voglio portare via un pezzo di questo posto”?
Anche l’esperienza va pensata come fundraising. E ogni punto di contatto è un’occasione mancata, se non viene progettato.
Sagrada Família: 120 milioni di fundraising… vendendo biglietti
Ogni anno il budget raccolto è 120 milioni di euro. 120 all’anno da tanti anni. Lo slogan è semplice, perfetto: “Help make Gaudí’s dream come true.”
E lo ripetono ovunque, anche sulle colonnine per le donazioni contactless da 5, 10 o 15 euro.
Chiaro, inequivocabile, e usano ogni mezzo disponibile: biglietti d’ingresso, donazioni extra, merchandising.
Il risultato? La costruzione continua grazie a chi la visita. E tutto è trasparente: non solo puoi donare, ma sai anche per cosa perché è lì sotto i tuoi occhi.
Le nonprofit dovrebbero imparare questa sintesi: sogno + call to action + trasparenza = raccolta fondi efficace.
Le nonprofit spesso sbagliano: o non osano chiedere, o lo fanno con timidezza. Ma se la Sagrada Família, simbolo universale, non ha paura di dire “servono soldi”, perché non dovresti farlo tu?
Casa Pedrera: quando ti dicono dove vanno i soldi
Altra opera di Gaudí, altra lezione.
Casa Pedrera appartiene a una fondazione che dichiara chiaramente che l’intero incasso dei biglietti va a progetti sociali e culturali.
Nessuna ambiguità. Paghi, entri, fai del bene.
Le nonprofit, invece, a volte si vergognano a dire che i soldi servono. O, peggio, non lo dicono affatto. E chi non dice dove vanno i soldi, non merita fiducia.
Qui invece l’informazione diventa azione. E la fiducia si costruisce, visita dopo visita. La gente dona volentieri quando sa dove va il suo euro.
Torre Glòries: Instagram è fundraising, se lo sai usare
Panorama mozzafiato a 360°. E accanto alla vista… le istruzioni per fare la foto perfetta da pubblicare su Instagram. Un cartello con suggerimenti di posa, luce, angolazione.
Le nonprofit spesso hanno location spettacolari, eventi belli, attività coinvolgenti.
Ma nessuno dice come condividerle. E se bastasse un semplice suggerimento per moltiplicare la visibilità? Un semplice sticker con l’hashtag moltiplicherebbe il passaparola.
Una foto è un moltiplicatore di visibilità. Una buona caption, una call to action. E ogni scatto può diventare una donazione indiretta.
Museo Picasso e Moco: donatori al muro (in senso buono)
Il Moco Museum ha una mission dichiarata all’ingresso. Ha anche un “donor wall” moderno, integrato nel percorso. Anche qui, idea da copiare: dare visibilità ai donatori dentro i luoghi del nonprofit. Non solo in PDF o nei bilanci.
Non nomi in un PDF polveroso, ma una vetrina che dice: “Ecco chi rende tutto possibile”.
La riconoscenza non è un optional. Se i tuoi sostenitori non si sentono eroi, stai sbagliando storytelling.
E non una questione di vanità: è ispirazione. Perché vedere chi ha donato, dà fiducia anche a chi lo farà.
Casa della Musica: il fundraising culturale fatto bene
La Casa della Musica di Barcellona è conosciuto per la sua bellezza architettonica. Sorprendentemente, questa istituzione è stata interamente edificata e continua a prosperare grazie a una costante attività di fundraising. Ogni restauro, ogni intervento di manutenzione è reso possibile dalla generosità di donatori.
Questo approccio virtuoso è tangibile fin dall’ingresso. Nel bar, luogo di sicuro passaggio, grandi cartelli esprimono gratitudine verso mecenati e sostenitori. Ma l’aspetto più illuminante si svela nel foyer, dove la mostra permanente “Mecenate Culture” celebra l’anima finanziaria del luogo. Storie, volti e cifre dei benefattori vengono presentati, elevando i donatori al ruolo di veri e propri protagonisti culturali.
L’esempio della Casa della Musica dimostra una verità semplice quanto potente: chi sostiene la cultura, ne diviene parte integrante. Un modello di fundraising efficace e facilmente replicabile.
Paella solidale vs. Ryanair: la comunicazione fa la differenza
In un ristorante (dove ho mangiato questa paella), parte del ricavato andava a un progetto sociale. E lo dicevano chiaramente. Simboli della Catalogna e della Spagna ben visibili, comunicazione semplice. La beneficenza non rovina il gusto. Anzi, lo arricchisce.
Differente invece l’esperienza con Raynair, durante il volo, propongono biglietti della lotteria “per beneficenza”, ma nessuno ti dice davvero a chi vanno i fondi. Se la causa è vaga, la donazione non parte. È una regola d’oro. Vale per le compagnie aeree, ma ancora di più per le nonprofit.
La generosità ha bisogno di chiarezza. Altrimenti resta chiusa nel portafoglio.
Barcellona oltre la paella: la solidarietà "firmata” Barça"
Barcellona non è unicamente sinonimo di delizie culinarie come la paella, né il luogo principe dove gustarla. La città catalana custodisce un altro tesoro, un club calcistico europeo con una fondazione autentica e profondamente impegnata. Lungi dall’essere una mera operazione di immagine o un vago impegno di responsabilità sociale, la Fundació Barça investe concretamente, eroga donazioni e realizza progetti con encomiabile trasparenza.
Testimonianze dell’operato della Fondazione sono disseminate in tutta la città: nei giardini, nelle vie e nella sede del club stesso. L’approccio non si limita alla richiesta di fondi; al contrario, la Fondazione stanzia risorse proprie, mettendo in gioco la propria reputazione e il volto dei suoi rappresentanti. E, cosa ancor più significativa, lo fa con competenza ed efficacia.
Quando un’istituzione di tale risonanza mediatica intraprende il fundraising con serietà e dedizione, non resta che riconoscerne il valore e l’impatto positivo.

Fundraising negli angoli inaspettati
Il caffè personalizzato: in alcuni bar, la tazzina ha messaggi o disegni unici. Un dettaglio che trasforma un gesto quotidiano in un’esperienza.

Il profumo da bagno: all’uscita di un toilette pubblico, spray a 1€. Persino l’odore di disinfettante può diventare un’opportunità
Nel bed and breakfast: trovo un honest bar, tu prendi senza pagare o meglio donando quello che vuoi inserendo i soldi in un salvadanaio, quello che doni sai anche a chi va e te lo dicono e te lo fanno vedere.


Il fundraising è ovunque. Bisogna solo riconoscerlo.
Barcellona, città cara ma generosa. E insegnante straordinaria
Tornato a casa, mi è rimasta una certezza: questa città ha più da insegnare al nonprofit di un convegno di tre giorni. Perché il fundraising di successo non è solo tecniche, ma empatia, creatività e coraggio:
Empatia: fai sentire il donatore speciale, non un bancomat.
Creatività: trasforma ogni interazione in un’opportunità.
Coraggio: chiedi soldi senza vergogna, ma con una storia che li giustifichi.
Grazie ancora a Turisme de Barcelona e Barcelonaturisme per avermi fatto vedere che il fundraising si può imparare anche camminando, mangiando, osservando.
Basta avere gli occhi aperti.