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Economia della Felicità

Leggere questo libro, datato qualche anno fa ma attualissimo, è un cammino di riflessione su un’economia basata sulla continua rincorsa all’accumulazione fine a stessa e sulle sue implicazioni nella rappresentazione sociale che di questo modello restituiscono i media.

E’ un excursus che parte dalla verticalità e dall’acesso mediato all’informazione proprio dei media tradizionali fino alla rivoluzione orizzontale prodotta dalla Rete – per dirla con D. Winberger e il suo Cluetrain Manifesto: Internet ha avuto successo perché “ci ha restituito qualcosa di cui avevamo una profonda nostalgia. Le nostre voci”.

Gli interrogativi di partenza: “i modelli tradizionali per leggere l’economia sono ancora in grado di rispondere alle domande relative alla felicità delle popolazioni (…)? Oppure al contrario accompagnano e favoriscono alcune delle dinamiche più spiacevoli che la crescita porta con sé? E se si scopre che i vecchi modelli non sono più sufficienti, che cosa creerà una nuova consapevolezza, un nuovo racconto intorno al quale le società si raccoglieranno per progettare il loro futuro?”

Il pensiero economico che si è sviluppato a partire dall’avvento dell’industria ha separato l’individuo nei suoi aspetti funzionali – consumatore, risparmiatore, lavoratore, essere sociale – spersonalizzandolo e costruendone un modello idealtipico di homo oeconomicus permanentemente teso all’accumulazione.

Una forzatura che non tiene conto del rapporto tra desideri e realtà e genera aspettative sempre più alte e costante insoddisfazione nello sforzo di soddisfarle.

E’ un lungo e interessante percorso, dunque, dall’analisi della “Teoria dei sentimenti morali” di Adam Smith alle riflessioni di Lionel Robbins nel “Saggio sulla natura e l’importanza della scienza economica” e alle sue considerazioni sulla presunta fatale condanna dell’uomo contemporaneo a sacrificare tutto sull’altare della crescita illimitata delle risorse, dalla modellizzazione matematica dell’economia a scapito dei concetti di felicità, libertà, creatività; dalle tendenze degli ultimi anni, con ricercatori come D. Kahneman, il secondo psicologo a ricevere il premio Nobel per l’economia, e la sua “prospect theory” (basata motivi psicologici, dai sentimenti ai preconcetti, che determinano il comportamento economico delle persone), Easterlin e la sua economia della felicità, Maurizio Pugno e la teoria sui beni posizionali e i beni relazionali, Frank e i modelli Gasp (growth as substituion process) fino ad Amartya Sen, secondo cui la crescita infinita – del Pil, del profitto, del consumo – non può essere il fine ultimo dell’economia, perché la ricchezza è uno strumento e non un fine (“L’utilità della ricchezza sta nelle cose che ci permette di fare, nelle libertà sostanziali che ci aiuta a conseguire”).

Una lettura affascinante, che fa riflettere, fa cultura, propone una chiave di lettura della contemporaneità e dell’opportunità che l’economia della Rete ci offre per disegnare modelli diversi basati sul concetto di sostenibilità a tutto tondo (“La qualità della vita è correlata al reddito ma non è spiegata solo dal reddito”). Consigliatissimo!

Titolo: Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre
Autore Luca De Biase
Editore: Feltrinelli
Pagine: 196
Edizione: Milano, 2007
Prezzo: € 13,50