Tecniche di Fundraising

Il Cause Related Marketing aiuta una impresa rispetto ad una concorrente?

Può un’impresa, attraverso il Cause Related Marketing, ottenere un posizionamento sul mercato migliore rispetto ad un concorrente che non adotta questa strategia di marketing?

Il CRM per rendere un prodotto più vedibile

Il grande punto di forza del cause related marketing è dato dal fatto che consente di caratterizzare il prodotto in modo distintivo, fornendo al consumatore una motivazione addizionale per sceglierlo rispetto a un altro.
La differenziazione del prodotto rappresenta la parola chiave nel considerare i vantaggi ottenuti attraverso una strategia di cause related marketing.
L’impresa, attuando la campagna sociale, ha incrementato il patrimonio di risorse intangibili a sua disposizione, questo si scarica direttamente sul prodotto che agli occhi dei consumatori risulta essere più appetibile. Le imprese avviano progetti di cause related marketing per riuscire ad accrescere il proprio mercato e conseguentemente la reputazione ed il fatturato.

Le abitudini degli italiani

Le ricerche condotte, infatti, evidenziano come gli italiani abbiano un orientamento al sociale che supera abbondantemente le aspettative, anche se non sempre riescono a cogliere chiaramente le varie aree, discipline o sigle (marketing sociale, marketing etico, cause related marketing, responsabilità sociale, aiuti, donazioni) che accompagnano il mondo del corporate giving.
Il rapporto degli italiani con il sociale vede prevalere la dimensione economica rispetto all’impegno diretto. Dagli studi condotti emerge che circa il 12% della popolazione svolge, almeno saltuariamente, attività di volontariato, mentre il 15% è attivo nell’associazionismo religioso.
Gli italiani che hanno effettuato almeno una donazione nel corso degli ultimi dodici mesi sono circa il 40%, pari a 19 milioni, per un valore stimato di 1,1 miliardi di euro. Esiste un forte legame tra la propensione al dono e la pratica di attività a sfondo sociale: la percentuale dei donatori sale al 63% tra chi pratica attività di volontariato e al 60% tra chi è attivo nell’associazionismo religioso.
A conferma di quanto detto circa l’orientamento al sociale degli italiani, si consideri che 48 ore dopo l’avvio della sottoscrizione per l’alluvione che ha colpito il Friuli il 29 agosto 2003 erano state effettuate ben 1.200.000 sottoscrizioni.

Ampio è, inoltre, l’interesse a sostenere cause di solidarietà, con particolare riguardo a quelle più vicine alla sensibilità o alle esperienze dirette dei cittadini. Altre cause, come quelle culturali e artistiche, risultano ancora oggi piuttosto elitarie.

 

I prodotti equo-solidali

I dati sugli acquisti dei prodotti/servizi etici confermano la sensibilità degli italiani al comportamento socialmente responsabile: il 31% della popolazione si è dichiarato acquirente negli ultimi sei mesi di prodotti/servizi etici. Questo dato dimostra che il mercato dei beni etici non può più essere considerato di nicchia, anche se ha larghi spazi di crescita.
Quanto all’aspetto merceologico, il fulcro è rappresentato dai prodotti del mass market. All’interno di questa macro-categoria una particolare menzione spetta ai prodotti equo-solidali, acquistati dal 19% degli italiani, e ai prodotti socio-responsabili (legati a campagne di cause related marketing), acquistati dal 16% della popolazione. L’impulso sembra essere l’elemento trainante delle scelte di acquisto, ma determinanti sono le azioni di marketing delle aziende.
Nella categoria dei prodotti equo-solidali, gli alimenti hanno una netta prevalenza (con penetrazione dell’84%). Tra i beni socio-responsabili vi è una presenza più ampia e variegata di categorie; in particolare, cresce il peso dei prodotti per la pulizia della casa.
I consumatori, in generale, si dimostrano pronti a recepire quanto proposto dai produttori, confermando come il mercato “etico” offra ancora molti spazi di sviluppo.
Particolarmente interessanti sono le informazioni raccolte sui comportamenti di acquisto dei prodotti finanziari a sfondo etico. La penetrazione di tali beni non ha ancora raggiunto livelli particolarmente elevati: il 5% dei cittadini ha dichiarato di aver usato strumenti etici di pagamento e solo il 3% ha sottoscritto fondi etici di investimento ( che hanno fatto la loro comparsa sulla scena italiana sola a partire dalla metà degli anni ’90).
(I dati citati sono tratti dal libro Il Cause Related Marketing nella strategia d’impresa di M. Molteni e D. Devigili) – Foto tratta da Flickr sotto licenza Creative Commons