Reinventare il lavoro è un volume “fondamentale” per comprendere le attuali dinamiche post-fordiste del mercato del lavoro. Gli autori mostrano l’attuale assetto delle società (evidenziando distanze, ma anche continuità con la società moderna) e i rischi di una maggiore flessibilità lavorativa, nonché di una maggiore autonomia del lavoratore (che si assume, sempre più spesso, i rischi d’impresa, una volta a carico del datore di lavoro).
In questo volume, tuttavia, emergono con forse eccessiva pressione alcune tesi. La confusione tra tempo di lavoro e tempo libero viene vista come pericolo e fonte di malessere, non puntando anche l’attenzione, invece, sui tanti casi di “vincente” connubio (per esempio, dei molti che lavorano nel “sociale”). L’idea del lavoro come valore sempre quantificabile, probabilmente non tiene conto dell’intuizione, della creazione, dell’ingegno (elementi pervasivi di un sempre maggior numero di professioni). La tesi della sofferenza generata dalla mancanza di coerenza del proprio progetto professionale (visto il sempre più frequente passaggio da azienda ad azienda), forse trascura eccessivamente proprio la capacità di “raccoglimento di senso” (capacità sulla quale si dovrebbe puntare per consentire al lavoratore autonomia di gestione del proprio progetto professionale).
Confortante, a tal proposito, l’idea di Federico Chicchi, a pagina 176: “Questo, allora, ci pare in sostanza e in sintesi il tema forte che si pone all’azione formativa contemporanea: sviluppare nuove capacità che pongano il soggetto nella condizione di poter guidare finalisticamente la sua carriera professionale e partecipare alle modalità di organizzazione del fare produttivo e sociale.”
Reinventare il lavoro
Sapere 2000, Milano, 2005
Pag. 191