Strategie Di Fundraising Innovative
Tecniche di Fundraising

Il fundraising visto dall’occhio del marketing

Seth Godin è una delle menti più brillanti del marketing contemporaneo. Autore di oltre 20 bestseller internazionali, tradotti anche in italiano, ogni giorno condivide le sue riflessioni con un pubblico globale attraverso il suo blog che è diventato un punto di riferimento per chiunque si occupi di comunicazione, marketing e nuove idee per la propria associazione o azienda. Le sue teorie, dalla “Mucca Viola” al concetto di “tribù”, hanno rivoluzionato il modo in cui le aziende e le persone si connettono con il proprio pubblico. Ma le sue strategie di fundraising innovative non si applicano solo al mondo del profit; offrono una prospettiva potente e trasformativa anche, e soprattutto, per il mondo del nonprofit. Al festival del fundraising, incontrando i  fundraiser italiani, Godin ha condiviso spunti e strategie per affrontare le sfide del settore con una visione nuova.

Tabella dei Contenuti

La vera natura della donazione: non fondi, ma identità

Secondo Godin, il più grande equivoco nel fundraising è credere che l’obiettivo sia raccogliere fondi. L’obiettivo reale e più profondo è un altro: dare ai donatori la possibilità di diventare una versione migliore di se stessi. Le persone non donano per farci un favore o per risolvere un nostro problema. Donano perché quell’atto di generosità dà loro qualcosa in cambio, un beneficio che va oltre il denaro.

Ma cosa comprano veramente i donatori? Godin identifica tre elementi chiave:

Status Fundraising It

la percezione di essere parte di un circolo importante, di avere un ruolo riconosciuto.

Affiliazione Fundraising It

il senso di appartenenza a un gruppo, il sentirsi circondati da persone simili a noi.

Liberta Dalla Paura Fundraising It

la sensazione di sicurezza e di aver fatto la cosa giusta.

Quando un’organizzazione nonprofit riesce a offrire questi elementi, la donazione diventa una spesa ben fatta per il donatore.

Smettetela di essere noiosi: il potere delle storie e delle tribù

All’osservazione che le storie delle nonprofit sono spesso noiose e ripetitive, Godin risponde con forza: “Le vostre storie non sono mai le stesse. Sono noiose solo se volete che lo siano”. Raccontare di un bambino che muore di fame è solo uno dei cento modi possibili per parlare di lotta alla fame. L’Italia, ricorda, “ha inventato l’idea stessa di essere un mecenate”, di creare bellezza per la comunità finanziando specifici interventi. Il punto non è il problema, ma il sentimento che si vende come fundraiser ai donatori.

Questo sentimento non va urlato a tutti. Godin, riprendendo un suo concetto storico inserito fin nel suo primo libro “Permission Marketing”,  critica la corsa ad allargare all’infinito il proprio pubblico, ignorando chi ci ha già dato fiducia. La vera opportunità sta nel creare lavoro utile per i propri follower, non nel trovare follower per il proprio lavoro utile. L’obiettivo non è creare prodotti medi per persone medie, ma essere specifici. Qui si inserisce il concetto di tribù: non si tratta di creare da zero un gruppo di persone che vive intorno a noi, ma di trovare una tribù che già esiste, un gruppo con una sua cultura, e poi connetterla, guidarla e offrirle ciò che cerca.

La grande forza dei piccoli: strategia e marketing a costo zero

Queste idee non sono solo per le grandi organizzazioni. Anzi, è più facile essere una piccola nonprofit che una grande, perché puoi scegliere i tuoi donatori. E quando scegli i tuoi donatori, scegli il tuo futuro. Godin lo illustra con una storia potente raccontando del piccolo paese dove vive, dimostrando come anche una piccola organizzazione possa attuare strategie di fundraising innovative senza budget milionari.

In questo piccolo paese, il bilancio della scuola locale rischiava di essere bocciato a causa del voto contrario di molti cittadini anziani. E nel caso fosse stato bocciato la scuola sarebbe passata sotto l’amministrazione statale. A due settimane dal voto, tre volontari, nel cuore della notte, appesero 100 nastri blu all’albero di fronte alla scuola, per onorare i premi di eccellenza vinti dall’istituto e lanciare un messaggio: “le persone come noi sostengono cose come questa”.

Nei giorni seguenti, senza alcun altro intervento, centinaia di nastri blu apparvero in tutta la città. Il bilancio passò con un rapporto di 3 a 1. Questo è marketing. Questa è narrazione. Questa è una piccola organizzazione, che senza budget milionari, con tre volontari e un’ora di lavoro ha raggiunto il suo obiettivo.

Smetti di parlarti addosso: le bugie del nonprofit e la forza della tensione

Abbiamo chiesto a Seth anche quali sono le grandi bugie che le organizzazioni nonprofit usano nelle loro strategie di marketing. Le tre grandi bugie che le organizzazioni nonprofit raccontano a se stesse sono:

  • “Se solo raccogliessimo ancora un po’ di soldi, il problema che stiamo cercando di risolvere sparirebbe”.

  • “Le persone vogliono sentirci parlare del nostro problema”.

  • “Il nostro problema è il problema di tutti”.

Questi tre concetti, secondo Godin, nascono da un atteggiamento narcisistico e auto-concentrato, invece che da una vera empatia, che consiste nel parlare alle persone di ciò che sta a cuore a loro.

Nel suo intervento, Seth Godin distingue nettamente tra stress e tensione, evidenziando come quest’ultima sia uno strumento fondamentale per le strategie di fundraising innovative,  proprio per parlare alle persone in modo efficace.

Lo stress è negativo: Lo stress viene definito come il desiderio di due cose opposte che non possono coesistere, ad esempio odiare il proprio lavoro ma averne bisogno per vivere. Questa condizione non è positiva né produttiva. La tensione è invece necessaria: La tensione, al contrario, è una forza positiva e indispensabile. Godin la paragona a un elastico: per farlo scattare in avanti, è necessario prima tenderlo all’indietro. Senza tensione, l’elastico (e quindi un progetto) non va da nessuna parte.

Il fundraising è creare tensione: applicando questo concetto, Godin afferma che “il fundraising consiste nel creare volontariamente tensione”. Questa tensione non è per il fundraiser, ma viene generata per i donatori. Si tratta di creare uno spazio o un’opportunità che qualcun altro può cogliere, come dare il proprio nome a un edificio, risolvere un problema o semplicemente partecipare attivamente a un evento della comunità.

Se il fundraiser vuole fuggire dalla tensione limita la crescita dell’organizzazione, se è l’organizzazione nonprofit stessa che vuole evitare di creare questa tensione, se fugge da questo compito, è improbabile che possa crescere.

Comprendere i bisogni emotivi veri del donatore

Seth Godin ci ha aiutato, in quattro passaggi, a smontare la presunzione di molte organizzazioni nonprofit secondo cui “il nostro valore è evidente, la gente deve solo saperlo e donare”. Eccoli:

Opera Senza Titolo 65

Il concetto di altruismo efficace:

Godin introduce il principio dell’altruismo efficace, che si chiede quale sia il modo più efficiente in assoluto per un filantropo di usare il proprio denaro.

Opera Senza Titolo 66

L’esempio imbattibile:

Godin fa un esempio per spiegare il concetto di altruismo efficace. Esiste una nonprofit che con soli 3 dollari americani, impedisce a una persona di contrarre la cecità fluviale, salvaguardando la sua vista per i successivi 50 anni. E prosegue…

Opera Senza Titolo 67

La sconfitta sul piano dell’utilità:

A questo punto, pone una domanda retorica alla platea di fundraiser: “Qualcuno in questa stanza può offrire più utilità di così?”. La risposta è quasi certamente no. Pertanto, ogni organizzazione che si presenta dicendo “posso dimostrare di avere la causa migliore” è ingenua, perché ha già perso la battaglia sul piano della pura efficacia.

Opera Senza Titolo 68

La vera offerta del fundraiser:

Se non si può vincere sul campo della massima utilità, cosa sta offrendo realmente un fundraiser? Godin conclude che non si offre la soluzione a un problema oggettivamente più importante di altri, ma si offre a una persona specifica, nel suo mondo e nella sua cerchia, qualcosa di diverso: status, affiliazione, un senso di moralità e libertà dalla paura che altrimenti non avrebbe.

In sintesi, l’esempio serve a dimostrare che il fundraising non è una gara a chi ha la causa “migliore” in assoluto, ma un’attività basata sulla comprensione dei bisogni emotivi e sociali del singolo donatore che sono la chiave per rendere effettive strategie di fundraising innovative.

E se i fundraiser dovessero cambiare la narrazione per essere pagati di più?

Anche qui Godin ci ha provocati dicendo che se la narrazione dei fundraiser, usata per ottenere più fondi, continua ad essere quella che se doni allora tutto andrà a favore del progetto, si continua a stimolare l’idea nel donatore che non serve pagare un fundraiser, non serve avere un project manager, una persona che segue l’amministrazione e così via.

Il lavoro nel fundraising e nel nonprofit è un lavoro definito da tutti come “emotivo, creativo e rischioso” e secondo Godin l’ottenere stipendi migliori, risiede nella capacità dei professionisti del settore di unirsi, professionalizzare il proprio lavoro e dimostrare di fare cose che un’intelligenza artificiale (IA) non potrebbe mai fare. Questo crea la leva per ottenere un compenso più giusto , cambiando la narrazione culturale dall’interno verso l’esterno e promuovendo strategie di fundraising innovative e professionali.

Rispetto all’IA Godin lancia un avvertimento chiaro: “sarà un cambiamento grande quanto l’elettricità”. Il suo consiglio è di usarla ogni giorno, per almeno un’ora, non per sostituire il proprio lavoro umano, ma per provocare, fare brainstorming, fare una semplice revisione. L’alternativa è netta: o l’IA lavorerà per te, o tu lavorerai per l’IA.

I fundraiser, ci ha detto Godin, possono migliorare e migliorarsi anche ascoltando le critiche. l feedback servono per lavorare meglio, è un regalo che ci viene fatto anche da chi ci critica. Se un potenziale donatore a cui vi siete rivolti per chiedere fondi vi critica, vuol dire che non gli interessi. Le critiche provengono dalle paure delle persone, spesso legate al denaro. Le critiche alle nonprofit vengono fatte perchè non gli interessa la tua proposta e vogliono che te ne vada. Ma questo va preso dalle nonprofit ringraziando così comprendi che non devi rivolgerti ad un certo pubblico, a quel pubblico. Le critiche ti aiutano a centrare l’audience per il tuo messaggio.

La strategia è il duro lavoro che si fa prima di iniziare

Spesso le organizzazioni sono piene di tattiche (mandare email, organizzare cene), ma non hanno una vera strategia di fundraising innovativa. La strategia è l’ombrello sotto cui stanno tutte le tue tattiche, la strategia cambia poche volte mentre le tattiche possono cambiare spesso.

La strategia non è uno slogan da ascensore, ma “una filosofia del divenire” che si deve porre sempre la domanda “dove saremmo se le nostre tattiche non funzioneranno?”. Una strategia di cui parla Godin riguarda il fondatore di Charity Water che ha sempre avuto come idea strategica quella di essere una moderna organizzazione nonprofit che porti innovazione nella modalità di raccolta fondi. Una volta definita la strategia, si possono inventare infinite tattiche per realizzarla e così Charity Water ha fatto, con successo.

Una di queste tattiche deve puntare a essere “notevole”, ovvero degna di essere raccontata, come nel libro “La mucca viola” dello stesso Godin. Seth racconta di una organizzazione nonprofit che, in un aeroporto, costruì una cella (come quella delle prigioni) e vi chiuse dentro un fundraiser. Il fundraiser doveva telefonare ai suoi contatti per raccogliere i soldi della “cauzione” e finanziare l’organizzazione. L’iniziativa era notevole perché:

  • Aumentava lo status del manager, abbastanza importante da essere scelto per questa iniziativa pubblica.

  • Rafforzava la sua affiliazione, chiamando amici e colleghi con fiducia.

  • I suoi amici erano felici di donare, perché questo riaffermava la loro amicizia e il loro status.

Le chiavi del successo per il fundraiser moderno: meno è meglio, la fiducia è tutto

Seth Godin conclude il suo intervento con una serie di provocazioni e consigli diretti ai fundraiser, esortandoli a ridefinire il loro approccio e il loro ruolo. Al centro della sua visione c’è l’idea che il fundraising sia intrinsecamente una forma di marketing, ma un marketing che si distingue per la sua profondità e il suo impatto.

Il primo, e forse più controintuitivo, suggerimento è dimezzare la lista dei donatori. Questo non è un invito a ridurre l’impegno, ma a focalizzarsi sulla qualità delle relazioni piuttosto che sulla quantità. L’obiettivo è eliminare lo “spam” – quei messaggi indifferenziati che non raggiungono né toccano i destinatari – per fare spazio a comunicazioni rilevanti e personalizzate. Solo così si può costruire quella fiducia che Godin pone alla base di ogni interazione di successo.

Il fundraising, nella sua essenza, inizia con la fiducia e si conclude con la gratitudine. Questo è il ciclo virtuoso che ogni fundraiser dovrebbe ambire a creare. Non si tratta solo di chiedere denaro, ma di costruire un rapporto duraturo basato sulla comprensione reciproca e sull’apprezzamento.

Godin sottolinea la natura unica del lavoro del fundraiser. È una professione in cui “tutti hanno bisogno di te”: dai beneficiari dei fondi raccolti, che dipendono da quel supporto per realizzare la loro missione, al donatore stesso, che attraverso la donazione trova un modo per esprimere i propri valori e sentirsi parte di qualcosa di più grande. Questa centralità posiziona i fundraiser in un ruolo di ponte essenziale, unendo bisogni e generosità.

Infine, un monito ai fundraiser: smettere di fare compiti noiosi che gli vengono assegnati dai propri dirigenti. Questa è una chiara spinta a riappropriarsi del proprio ruolo strategico, a liberarsi dalle catene della burocrazia inutile per concentrarsi su ciò che realmente conta: costruire relazioni autentiche e generare impatto significativo.

In sintesi, Godin invita i fundraiser a essere strateghi, costruttori di relazioni e architetti della fiducia, piuttosto che semplici esecutori di direttive. Il futuro del fundraising, secondo Godin, risiede nella capacità di creare valore reale e percepito, non solo per la causa, ma soprattutto per il donatore.

Le parole di Seth Godin ci spingono a essere più coraggiosi, a smettere di raccontarci bugie e a definire una vera strategia prima delle tattiche. Se sei pronto a ridefinire il tuo ruolo di fundraiser, a dimezzare la lista dei donatori per costruire reale fiducia e a dimostrare il valore unico del tuo lavoro in un’era dominata dall’IA, questo video è per te. È il momento di passare dalla lettura all’azione. Guarda subito l’intervento completo di Seth Godin e inizia a implementare queste strategie di fundraising innovative.

Il fundraising visto dall’occhio del marketing