C’è una domanda che ogni fundraiser impegnato sul tema dei lasciti testamentari dovrebbe porsi con regolarità:
quante persone, negli ultimi dodici mesi, hanno pensato di inserire la mia organizzazione nel loro testamento ma non hanno fatto nulla?
Nessun passo avanti, nessuna telefonata, nessuna richiesta di informazioni. Solo un pensiero. Subito accantonato.
Perché succede? Perché se c’è uno strumento di raccolta fondi dove manca un vero e proprio ponte, una concreta sollecitazione, uno spunto, una cosiddetta “call to action” tra il pensiero e l’azione, questo è il lascito.
E quel ponte, oggi, può essere costruito attraverso due alleanze fondamentali:

che intercettano, ascoltano, accompagnano;

che orientano, rassicurano, rendono possibile e formale quel gesto.
Ma attenzione: non si tratta solo di “formare i volontari” o “coinvolgere un notaio di fiducia”.
Si tratta di creare un sistema in cui ogni attore — umano e professionale — sa qual è il proprio ruolo e come può contribuire a far crescere una cultura del dono testato e consapevole.
Tabella dei Contenuti
I volontari: il volto umano del lascito
In altri post ho avuto modo di ricordare quanto siano cruciali i volontari.
Sicuramente non devono diventare esperti di diritto successorio, ma testimoni credibili della possibilità di un dono che va oltre la vita. Il loro vantaggio competitivo è semplice: le relazioni.
Formarli significa aiutarli a:

Frasi come “mi piacerebbe lasciare qualcosa…”, “non ho eredi diretti”, “vorrei che quello che ho servisse a qualcosa…” sono occasioni da non perdere; la confidenzialità che spesso un volontario può esercitare è la chiave giusta per condurre ad approfondire questo passaggio;

Senza fretta né forzature. L’accompagnamento è più efficace della persuasione; la conversazione non deve assolutamente e sempre essere focalizzata sul tema del testamento, ma deve tenere in sottofondo l’urgenza di compiere un passaggio che – se rimandato – comporta la mancata realizzazione delle nostre volontà quando non ci saremo più.

Tra il potenziale testatore e l’organizzazione, indirizzandolo a chi può approfondire l’argomento. I volontari, per molte delle campagne di fundraising delle organizzazioni, sono il vero motore. I lasciti testamentari non fanno eccezione.

Se un volontario affronta con naturalezza il tema del “dono nel tempo”, anche il donatore sarà più incline a parlarne apertamente. Spesso il volontario è letto come “uno di noi”, come una persona che, pur integrata nell’organizzazione, conserva un ruolo intermedio, una posizione da tramite che facilita e completa il rapporto.
Un volontario ben formato è un facilitatore di conversazioni.
È lì, presente, quando i pensieri si affacciano. E può trasformare un’intenzione vaga in un primo passo concreto.
I professionisti: il lato tecnico della fiducia
Accanto ai volontari, servono figure che possano dare forma legale, patrimoniale e
fiscale al desiderio di donare. Parliamo soprattutto di notai, consulenti patrimoniali,
private banker e family officer.
Queste figure non sono solo “tecnici” ma custodi della fiducia dei donatori. E la fiducia,
come ben sappiamo, è la vera moneta del fundraising da lasciti testamentari.
Perché coinvolgere i professionisti?
Perché in molti casi il potenziale testatore:
ha già un consulente di fiducia, con cui valuta ogni decisione importante;
teme le implicazioni legali o fiscali del fare testamento a favore di un ente;
ha bisogno di rassicurazioni concrete, non solo valoriali, ma tecniche: Come posso destinare un bene? Qual è l’impatto sulle imposte? Cosa succede se ho degli eredi?
Se l’organizzazione riesce a costruire un dialogo strutturato con questi professionisti, il risultato è duplice:

i donatori trovano un percorso semplice e tutelato per fare un lascito;

i professionisti diventano alleati stabili, capaci di segnalare opportunità, validare proposte, sostenere la causa anche nel tempo.
Come costruire l’alleanza con i professionisti
Qui serve metodo. Il coinvolgimento di notai e consulenti non può essere lasciato all’improvvisazione o al singolo evento pubblico.
Ecco alcune buone pratiche operative per costruire collaborazioni efficaci:

Creare un piccolo network fiduciario
Non serve avere 100 professionisti in lista. Bastano 3 – 5 nomi realmente coinvolti, informati sulla missione dell’ente e disponibili a collaborare.
Sceglili con cura. Valuta:
coerenza valoriale;
esperienza in ambito successorio e filantropico;
disponibilità a dedicare tempo e a partecipare a momenti formativi o pubblici.

Formarli e coinvolgerli
Organizza momenti di scambio con i fundraiser e i volontari.
Non per “insegnare”, ma per costruire un linguaggio comune. Spiega loro come comunicate il tema del lascito, qual è il vostro approccio.
Allo stesso tempo, ascoltate le loro esperienze: come parlano i clienti? Quali dubbi pongono? Cosa li trattiene?
Occorre anche profilare i professionisti secondo le loro peculiarità professionali: qualcuno è tecnicamente più preparato ma soprattutto comunica in maniera semplice ed efficace questioni altrimenti complicate e noiose. Qualcuno è più esperto perché ha trattato la pratica di diverse tipologie e quindi conosce risvolti diversi della materia e sa orientare al meglio. Qualcun altro conosce meglio noi e la nostra organizzazione quindi, oltre a fornire il supporto tecnico, implicitamente orienta verso cause e progetti che conosce, sostiene ed incentiva lui stesso.

Offrire uno sportello consulenziale dedicato
Non tutti i potenziali donatori vogliono andare dal proprio notaio di fiducia.
Molti cercano un primo contatto “protetto”, discreto, che non li vincoli subito.
Una soluzione molto efficace è offrire uno sportello gratuito (anche solo telefonico o online) con un consulente convenzionato.
Questo servizio:
abbassa le barriere all’ingresso;
trasmette cura e attenzione;
permette all’organizzazione di monitorare le richieste in modo riservato ma tracciabile.
Inutile dire che anche una presenza sul web di queste particolari tematiche aiuta il potenziale donatore a sentirsi protetto, a non esporsi pubblicamente in una fase in cui sta ancora riflettendo ma a trovare quelle prime informazioni che lo spingeranno sicuramente ad approfondire attraverso un contatto diretto. Trovare lì, nel sito internet dell’organizzazione, una preparazione, un’attenzione e una autorevolezza particolare, lo spingerà sicuramente ad una riflessione ulteriore e più approfondita.

Costruire contenuti congiunti
Coinvolgi i professionisti anche nella creazione di materiali informativi: guide, FAQ, video, webinar.
Non per fare “pubblicità”, ma per validare il messaggio, renderlo solido e rassicurante.
Quando un potenziale donatore legge che “il contenuto è stato supervisionato da uno studio notarile”, si sente in mani sicure.
In questa direzione, la richiesta del patrocinio da parte del Consiglio Nazionale del Notariato (CNN), gioca un ruolo chiave. Presentando loro i materiali predisposti per la nostra campagna lasciti e delineando attraverso un vero e proprio progetto di sviluppo come intendiamo promuoverla, fa sì che il CNN possa affidarci il proprio patrocinio e un vero e proprio bollino da applicare ai nostri materiali. Segno che la nostra campagna gode non solo della loro validazione, ma anche della necessaria autorevolezza per essere credibile agli occhi dei nostri potenziali donatori.
L’approccio sistemico: un triangolo che funziona
A questo punto possiamo immaginare un ecosistema a tre vertici:

In mezzo, al centro, c’è il potenziale testatore, che ha bisogno di fiducia, chiarezza e
concretezza.
Se ognuno dei tre attori agisce in coerenza e in sinergia, il percorso si attiva in modo
naturale e rispettoso.
Il pensiero si trasforma in azione. E l’azione in lascito.

cultura del dono, non solo consulenze
Chi fa un lascito non cerca una prestazione, ma una relazione. Non cerca risposte
tecniche, ma una visione del futuro in cui riconoscersi.

I volontari aiutano a coltivare quel desiderio.

I professionisti lo rendono possibile.

I fundraiser lo curano nel tempo.
Investire su queste due alleanze — volontari e professionisti — non è un lusso, ma una
scelta strategica.
Perché il fundraising da lasciti non cresce con i moduli o con le frasi giuste. Cresce
quando un’organizzazione è percepita come affidabile, competente e capace di
accompagnare.
Questo richiede alleanze vere. Con le persone che ci credono, con i professionisti che le
realizzano e con le nostre organizzazioni che le mantengono