Fundraising E Scrittura
Tecniche di Fundraising

Fundraising e scrittura – Ripensare le parole per ripensare la relazione con i donatori

Il compito di un fundraiser è raccogliere donazioni e per assolverlo deve costruire e coltivare relazioni con persone, donatori, volontari, consiglieri ecc.
Bazzico il mondo del fundraising da un discreto numero di anni e ogni volta che mi imbatto nella parola scrittura questa è invece sempre associata a quella bandi. Come mai? 

In questo articolo ripensiamo alcune occasioni in cui facciamo delle scelte, attraverso le parole e la scrittura, a volte senza nemmeno accorgercene.
E proviamo a farci qualche domanda, per capire se il modo in cui scriviamo traduce davvero quello che pensiamo.

Cosa troverai in questo articolo

A cosa serve la scrittura?

Ogni buon fundraiser utilizza alcuni strumenti.
Giornale associativo, direct mailing, lettere di ringraziamento, sito web, blog, landing page, bilancio di missione, DEM, newsletter, social network, annunci su Google Ads più tutta una serie di strumenti offline come guide, controguide, brochurine e altri materiali stampati sempre in grande quantità e poi sepolti in umide e remotissime cantine dentro appositi scatoloni insieme alle poesie del fondatore.

Non è una lista onnicomprensiva, ma questi strumenti hanno tutti in comune una cosa: la scrittura. A partire dal nome di un’organizzazione, fino alle parole che si usano per comunicare con i donatori, la scrittura è essenziale. Il Nome di un’organizzazione è già scrittura

La scelta del nome: una manciata di lettere per una visione di mondo

Action Aid, Progetto Arca, Amici del Casaletto. Grandi o più piccole che siano, tutte le organizzazioni sono prima di tutto dei nomi, quindi degli atti di scrittura, così come quelle che nasceranno nel futuro verranno alla luce nello stesso modo: una manciata di lettere per dare vita ad una missione.

Scrivendo comunichiamo delle informazioni ma soprattutto costruiamo senso, prendiamo posizione, attraiamo degli stakeholder e ne escludiamo altri. Attraverso la scrittura possiamo costruire delle comunità.

Se scelgo di dire immigrato, clandestino o rifugiato sto tirando una riga.

Se do del tu o del voi al mio pubblico rivelo anche qualcosa di me.

Se ho una call to action nel nome come nel caso di Save the Children comunico urgenza, chiarisco sin da subito chi sono i miei beneficiari.
Un nome come World Vision invece è più indefinito ma maggiormente evocativo. Sono solo esempi.

Ti invito però a ripensare al nome della tua organizzazione anche in questa ottica.

Scrivere per costruire relazioni

Oggi comunicare valore, trasmetterlo con autenticità, coinvolgere il pubblico intorno ad una visione di mondo sta diventando la vera posta in gioco. Per fare queste cose occorre non solo saper scrivere e declinare la scrittura su ogni canale di comunicazione ma ripensare la propria identità come identità narrativa. È quello che stanno facendo le grandi multinazionali.

E noi?

Abbiamo più o meno tutti dimestichezza con i manuali di identità visiva, sarà oggi forse il caso di iniziare a parlare di identità narrativa? La mia è ovviamente una provocazione, tanto più che anche le parole – lo sanno bene ux writer e web designer – hanno anche un impatto visivo.

Il punto è che la scrittura può diventare un vero asset della tua organizzazione e nessun fundraiser, né chi delega la fase creativa alle agenzie di comunicazione, né tantomeno colui che deve fare tutto in casa, può permettersi di essere digiuno dei concetti base di copywriting.

Se sei un fundraiser mettiti in testa che scriverai moltissimo.
E i tuoi sostenitori, ti scrivono mai? Le relazioni per funzionare non possono essere unidirezionali.

Dove c’è relazione c’è scrittura

Per qualche motivo il fundraising ha rimosso il fatto di essere una pratica essenzialmente scritta.
E no, non parlo solo dei miei cari individual donors. Anche il rapporto con major donors è mediato dalla scrittura.
Sì, gli telefoniamo spesso. Sì, li invitiamo a eventi e aperitivi, ma poi loro tornano a casa e vanno sul sito. E si leggono il bilancio. E si leggono le news e poi leggono anche i vostri post sui social e interagiscono con le vostre sponsorizzazioni pensate per far sganciare 0,82 centesimi al giorno a qualche studentello che decide di rinunciare a un caffè. Quindi, ancora una volta non è possibile pensare di fare fundraising senza scrittura.

La buonanotte della cara mamma

Diciamoci la verità, se anche avessimo un solo donatore da coltivare non potremmo fare a meno della scrittura.

È la nostra stessa vita che ce lo insegna. Apri whatsapp, noterai che anche con le persone più care mantieni una viva corrispondenza. E non si tratta solo di scambi di carattere operativo tipo passo-da-te-alle-7–fatti-trovare-sotto. Al contrario, e forse soprattutto, per le questioni più sceme, nel tono, nel lessico, nei non detti di questi messaggi si nasconde il senso del rapporto con le persone che amiamo.
Io ho ad esempio questa chat con mia madre (classe 1945) composta da centinaia di scambi della buonanotte. All’inizio ero riluttante ad assecondarla, ma poi ho capito che per lei questi messaggi erano importanti. Era importante vederli, era importante che fossero tangibili, era importante la ritualità di questi scambi e sì, quella sullo sfondo è la mia gatta che come notate mia madre usa come immagine di profillo.

Buonanotte Scrittura
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Se scrivo buonanotte a mia madre le comunico che nonostante la distanza io sono lì per lei. Non è il solo modo di dare valore alla nostra relazione, ma è uno di questi e occorre presidiarlo. Però il buongiorno no. Il buongiorno lei sa che non deve scrivermelo. Perché c’è un limite a tutto.