Professione Fundraiser

Intervista a Enrico Periti

Alberto Cuttica e Simona Biancu, di ENGAGEDin, hanno pensato di raccogliere le testimonianze di chi quotidianamente opera nel Terzo Settore (o si confronta con esso) per offrirci un importante contributo alla riflessione sui temi trattati da fundraising.it.

Alberto e Simona hanno, quindi, intervistato il Dott. Enrico Periti, Presidente della Conferenza dei Direttori delle Università italiane, nonché Direttore Generale dell’Università degli Studi di Brescia, per avere il suo punto di vista sull’importanza del terzo settore e sulle sue opportunità di crescita ed evoluzione.

Alberto e Simona: Dal suo osservatorio, di Direttore Generale di Ateneo e Presidente della Conferenza che raccoglie i massimi vertici del management accademico, ci proponga una sua fotografia del ruolo del nonprofit e delle soluzioni per uscire dal perenne stato di emergenza. 

Enrico Periti: Ritengo che proprio in questo momento storico così delicato non debba essere sottovalutato il ruolo del terzo settore. Quelle nonprofit, proprio perché aziende che perseguono il bene della collettività, pur non dovendo prescindere dalle logiche dell’efficienza e della sostenibilità economica, rivestono particolare importanza per diversi ambienti accademici sia nel progettare nuovi percorsi formativi sia nello sviluppare ambiti di ricerca. In questo senso la strada da perseguire è quella di un’interazione costante e stimolante.

Alberto e Simona: Se le dico fundraising, cosa mi risponde?

Enrico Periti: Il fundraising è molto più che la sola attività destinata al reperimento di fondi: implica la condivisione di obiettivi comuni, il rafforzamento delle relazioni sociali, l’individuazione di progetti specifici e condivisi, la creazione di valore aggiunto a favore dell’intera società. La forza del fundraising sta a mio avviso nelle relazioni di partnership, anche di micro partnership, come è il rapporto tra tante persone singole e l’organizzazione che beneficia delle loro donazione.

Alberto e Simona: Nel nostro Paese la cultura della raccolta fondi, quella non solo legata a bandi di finanziamento e a erogazioni da parte del pubblico, è ancora decisamente immatura rispetto ad altre realtà, in particolare di matrice anglosassone. Perché, secondo lei?

Enrico Periti: Credo si tratti di un problema culturale: una scarsa conoscenza delle potenzialità del sistema universitario per il bene comune si collega ad una scarsa attenzione da parte dei giovani all’università. Non è un caso che nel nostro paese ancora una bassa percentuale di giovani si laurea, non scommettendo così sul valore cultura per la sua vita, per la sua professione.

Alberto e Simona: Il rapporto fra nonprofit e profit è spesso caratterizzato da una costante difficoltà. Mondi così lontani?

Enrico Periti: Partono da logiche differenti, a volte lontane. Negli ultimi anni però mi pare che la distanza si stia accorciando. Il mondo profit sta assumendo logiche tipiche del non profit, per esempio il consolidarsi delle logiche di rendicontazione sociale e del valore della trasparenza nelle scelte vanno nella logica di una valorizzazione delle relazione sociali.

Alberto e Simona: Un pregio, un punto forte dell’università su cui puntare per valorizzare il non profit?

Enrico Periti: L’Università è la sede “naturale” della didattica e della ricerca, il luogo deputato allo sviluppo della cultura e del benessere collettivo. Nell’ultimo decennio, a dire di molti, si è avuta una diminuzione della reputazione delle università, dovuta anche alla difficoltà di mantenere aperto un dialogo attivo con la società e di dotarsi di canali comunicativi arricchenti per entrambi. Con la riforma Gelmini, che ha portato ad una governance non così autoreferenziale come in passato, ci sono le condizioni perché anche le relazioni con le iniziative non profit e profit possano essere rilanciate.

Alberto e Simona: In 10 parole, un suo sogno per la società di domani.

Enrico Periti: Un’Italia responsabile, in cui cultura, ricerca e formazione siano alla base del futuro dei nostri figli.