Professione Fundraiser

Intervista a Simona Ricci

Alberto Cuttica e Simona Biancu, di ENGAGEDin, hanno pensato di raccogliere le testimonianze di chi quotidianamente opera nel Terzo Settore (o si confronta con esso) per offrirci un importante contributo alla riflessione sui temi trattati da fundraising.it.

Questo mese Alberto e Simona hanno intervistato la Dott.ssa Simona Ricci, Responsabile Organizzazione e Sviluppo progetti di Torino Città capitale europea, l’associazione che gestisce per conto dei soci fondatori (Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino, Fondazione Crt) diverse attività in campo culturale e della valorizzazione territoriale.

Alberto e Simona: Lei opera in un settore delicato come quello culturale, spesso considerato una “cenerentola”, ritenuto meno strategico di altri, soprattutto in tempi di ristrettezza. Ci vuole dare una sua fotografia del ruolo del nonprofit e delle soluzioni per uscire dal perenne stato di emergenza? 

Simona Ricci: La nostra realtà unisce due componenti: quella del terzo settore, data la natura di associazione, e quella del settore pubblico, data la natura dei soggetti fondatori. Entrambe le realtà vivono ormai da anni una fase in cui non è più possibile ragionare come un tempo. E’ non solo importante, ma ormai fondamentale, una attitudine alla programmazione e alla gestione più proattiva. E’ necessario se – come deve essere – il settore vuole mantenere standard di servizi adeguati alle esigenze della società. E la cultura fa parte dei “bisogni” sociali, per i quali non deve esistere una classifica di importanza.

Alberto e Simona: Se le dico fundraising, cosa mi risponde?

Simona Ricci: La capacità di reperimento di risorse è e sarà una componente strategica dell’approccio proattivo a cui mi riferivo. Data la nostra natura e le nostre finalità abbiamo il “dovere” di utilizzare il fundraising per raggiungere il nostro scopo, che è occuparci dell’offerta culturale dal lato non del “produttore” di cultura, ma del “consumatore”, che per noi è il cittadino residente sul territorio. Per dare un esempio del nostro percorso sul fundraising cito l’esperienza del progetto “Abbonamento Musei”: si tratta di un’iniziativa, la più significativa in Italia di questo tipo, che riunisce sotto un solo brand il patrimonio artistico e l’offerta espositiva del territorio regionale. Ebbene, per poter garantire quello che per noi è il cosiddetto “welfare culturale”, cioè l’offerta di un servizio di sostegno alla domanda di cultura (una tessera che consente l’accesso libero ad oltre 200 sedi museali/artistiche) a prezzo accessibile ed invariato, abbiamo imparato ad autofinanziarci: ad oggi solo il 25% dei fondi proviene dai soci fondatori. La nostra sfida è conciliare cultura di alto livello con l’allargamento della fruizione e del pubblico.

Alberto e Simona: Nel nostro Paese la cultura della raccolta fondi, quella non solo legata a bandi di finanziamento e a erogazioni da parte del pubblico, è ancora decisamente immatura rispetto ad altre realtà, in particolare di matrice anglosassone. Perché, secondo lei?

Simona Ricci: Dobbiamo crescere culturalmente. Ritengo che la crescita riguardi i due soggetti coinvolti: chi fa fundraising e il donatore. Il primo deve sicuramente imparare a valorizzare la relazione con i donatori, anche quelli già esistenti. Per quanto riguarda i donatori siamo ancora lontani da una cultura del “give back” di matrice anglosassone. Lo abbiamo sperimentato anche noi con la progettazione di un sistema di “membership” fra i nostri 90.000 abbonati, i cui risultati sono ancora decisamente migliorabili.

Alberto e Simona: Il rapporto fra nonprofit e profit è spesso caratterizzato da una costante difficoltà. Mondi così lontani?

Simona Ricci: Non sono necessariamente lontani; probabilmente faticano a comunicare, da entrambi i lati. Dal punto di vista del nonprofit è sicuramente auspicabile uno scatto in avanti per il superamento di un approccio che tende a vedere il profit con una troppo frequente diffidenza.

Alberto e Simona: Un pregio, un punto forte del suo settore su cui puntare per valorizzare il non profit?

Simona Ricci: Un punto di pregio è sicuramente il fatto di avere tra le mani arte e bellezza. Le attività culturali possono riempire di contenuti e diventare compagne del tempo libero di ciascuno di noi, possono aiutare a costruire un futuro migliore, con l’opportunità straordinaria di fruirne direttamente.

Alberto e Simona: In 10 parole, un suo sogno per la società di domani.

Simona Ricci: Non dover mettere in competizione il welfare culturale con quello sociale.