Per il successo di una campagna di raccolta fondi bisogna conoscere anche gli aspetti legali e fiscali: scopri le nozioni di base necessarie per il fundraiser!
Prima di avviare qualsiasi attività di fundraising, è importante avere una conoscenza approfondita anche degli aspetti legali e fiscali, sia nell’interesse dell’ente, che deve adempiere ad obblighi di trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori, sia per il donatore, che può sentirsi più incentivato a donare se gli vengono illustrati eventuali benefici fiscali e lo si rassicura sulla corretta procedura da eseguire.
Per gestire al meglio questi aspetti, è bene quindi avvalersi della consulenza di professionisti del settore, ovvero avvocati e commercialisti esperti nella materia, ma è altresì importante che anche il fundraiser abbia nel suo “bagaglio” alcune nozioni di base di natura legale e fiscale in modo da meglio interfacciarsi con l’ente ed i suoi professionisti e, non da ultimo, con il donatore per meglio orientarlo nelle sue scelte.
In questo articolo, senza pretesa di esaustività perché le tematiche sono davvero tante e complesse, passiamo in rassegna alcuni dei capisaldi che anche il fundraiser non può non conoscere, per districarsi tra leggi, norme e buon senso!
Tabella dei Contenuti
Gli enti nonprofit
Una breve premessa, sotto il profilo soggettivo, sugli Enti Non Profit e gli Enti del Terzo Settore, ovvero quelli iscritti nel RUNTS (Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore): troviamo la definizione generale all’art. 1 della L. 106/2016, che li definisce “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione dei principi di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.
Il Codice del Terzo Settore ha cercato di riunire tali Enti ed il RUNTS è finalmente operativo, ma la Riforma è in parte ancora inattuata, sotto il profilo fiscale, e molti Enti continueranno ad operare come Enti Non Profit (ENP) e non come Enti del Terzo Settore (ETS), senza cioè entrare nel RUNTS, il quale è diviso in diverse sezioni dedicate alle varie tipologie giuridiche degli Enti.
Il RUNTS (art. 46 Codice del Terzo Settore) si compone delle seguenti Sezioni:
• Organizzazioni di volontariato
• Associazioni di promozione sociale
• Enti Filantropici
• Imprese Sociali, incluse le Cooperative Sociali
• Reti associative
• Società di mutuo soccorso
• Altri Enti del Terzo Settore
Ricordiamo che gli Enti possono distinguersi tra commerciali e non commerciali e questa è una qualifica di carattere fiscale che si basa sul tipo di entrata, a prescindere dalla natura giuridica dell’Ente. Un Ente diventa commerciale quando i ricavi delle attività commerciali superano i proventi delle attività non commerciali.
Un’altra distinzione è quella tra Enti “riconosciuti” o “con personalità giuridica” ed Enti “non riconosciuti”: il riconoscimento può essere attribuito da Regione, Prefettura o RUNTS e, tra gli aspetti più rilevanti, bisogna ricordare che per gli Enti non riconosciuti vi è responsabilità patrimoniale in capo al legale rappresentante, mentre per quelli riconosciuti l’Ente risponde delle sue obbligazioni solo con il proprio patrimonio.
Fatta questa breve premessa di carattere soggettivo, entriamo, sotto il profilo oggettivo, nel vivo della raccolta fondi, concentrandoci, in particolare, sulle attività “non corrispettive”.
Cos'è la Raccolta Fondi?
Partiamo dalla definizione del Codice del Terzo Settore, che all’art. 7 la definisce quale “il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un Ente del Terzo Settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva”.
Le raccolte fondi presuppongono:
• la stima del fabbisogno necessario per mantenere l’organizzazione e raggiungerne gli obiettivi
• la ricerca dei donatori (che possono essere individui, aziende, fondazioni ed enti pubblici)
• la scelta della tecnica idonea alla raccolta, distinguendo strumenti di carattere “non corrispettivo” (tutte le tipologie di attività ed iniziative che non si traducono in un “sinallagma”) e strumenti di carattere “corrispettivo” (tutte le tipologie di attività ed iniziative che si traducono in un “sinallagma”, il c.d. “do ut des”)
Le liberalità in denaro propriamente dette
Si tratta di entrate da attività “non corrispettive”: l’importo erogato, cioè, non costituisce il prezzo di una controprestazione in termini di cessione di beni o servizi, bensì è fatto per puro spirito di liberalità.
Questa definizione è importante, poiché per gli Enti non commerciali le attività di raccolta fondi senza scambio di beni e servizi (assenza del vincolo di sinallagmaticità) non sono rilevanti ai fini delle imposte dirette ed indirette; l’Ente che riceve tali erogazioni liberali, cioè, non ci paga le tasse! L’incasso di una liberalità non rileva mai, infatti, ai fini dell’IVA.
Diritti e Obblighi di chi dona e di chi riceve
Chi compie una erogazione liberale in denaro non ha alcun obbligo e non stipula alcun contratto; può interrompere liberamente il proprio contributo anche qualora si fosse originariamente impegnato a sostenere un progetto in modo continuativo (ad esempio con il “sostegno a distanza”); non ha diritto alla restituzione di quanto erogato e non deve necessariamente versare in modo tracciabile, salvo che voglia avvalersi del diritto alla deduzione o detrazione fiscale.
Chi riceve una erogazione liberale non assume, dal canto suo, alcun obbligo di controprestazione verso il soggetto erogante; ha però l’obbligo di utilizzare le somme raccolte per il perseguimento dei fini statutari e questo è molto importante non solo perchè la tutela della fede pubblica è un interesse protetto dalla legge, ma perchè impatta sulla credibilità stessa e sulla reputazione dell’Ente.
L’Ente che riceve l’erogazione liberale non è nemmeno tenuto ad emettere la ricevuta ai fin della deduzione in capo al soggetto erogante, tuttavia è opportuno farla perchè risponde ad un generale principio di trasparenza.
La raccolta pubblica di fondi
Anche la raccolta pubblica di fondi rientra nelle attività “non corrispettive”; l’art. 7, sopra menzionato, del Codice del Terzo Settore, infatti, afferma che “gli Enti del Terzo Settore possono realizzare attività di raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”.
In questi casi è importante la qualificazione soggettiva dell’Ente ricevente come Ente “non commerciale” per poter qualificare gli introiti che ne derivano come entrate non rilevanti dal punto di vista fiscale e, in ogni caso, è necessario che l’eventuale erogazione di beni e servizi sia di modico valore ed effettuata occasionalmente, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.
Un esempio per chiarirci le idee:
se un Ente promuove il c.d. “regali solidali”, si ha raccolta pubblica di fondi?
La risposta è sì, se lo fa in modo occasionale e con beni di modico valore.
Se l’attività è continuativa e ci sono dei prezzi stabiliti, siamo nell’ambito del merchandising!
L’Ente che organizza una attività di raccolta pubblica di fondi deve obbligatoriamente, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, redigere un separato rendiconto da tenere e conservare a norma di legge e, per alcune tipologie di Enti che hanno ricevuto nell’anno oltre € 220.000 di proventi, essi devono comunicare entro il 16 marzo di ogni anno le erogazioni liberali in denaro avvenute con modalità tracciabili effettuate da persone fisiche di cui si conosca il codice fiscale (sempre che il soggetto erogante non si sia opposto).
Le agevolazioni fiscali
In caso di erogazioni liberali in denaro ad ETS non commerciali e commerciali, comprese le cooperative sociali, ma escluse le imprese sociali costituite in forma di società, sono previste, per chi eroga, diverse agevolazioni, a seconda che l’erogazione avvenga da parte di persone fisiche o da parte di persone giuridiche.
Per gli individui, è prevista la detrazione (ai fini IRPEF) dalle imposte per un importo pari al 30% (35% per le ODV) della erogazione, fino a 30.000 euro di erogazione liberale o, in alternativa, è possibile la deduzione dal reddito complessivo netto della persona fisica, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato.
Per le società e gli enti, è prevista la deduzione (ai fini IRES) dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nei limiti del 10% del reddito complessivo dichiarato.
Le liberalità in denaro devono necessariamente avvenire con modalità tracciabile, se si vuole usufruire di queste agevolazioni, e le erogazioni ricevute devono essere utilizzate dall’Ente ricevente esclusivamente per lo svolgimento delle attività statutarie e per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Se il soggetto ricevente non è un ETS, sarà necessario valutare caso per caso, con l’aiuto di un consulente esperto in materia, essendo prevista la possibilità di detrazione, per le persone fisiche, che va dal 19% al 26% a seconda dell’importo donato e/o della natura giuridica e dell’ambito di attività del soggetto ricevente (ex art. 15 dpr 917/1986). E’ altresì prevista, per gli individui, la possibilità di deduzione dei contributi a favore delle organizzazioni non governative per un importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato (ex art. 10 dpr 917/1986).
Lo stesso vale anche per le erogazioni da parte di persone giuridiche, per le quali si deve valutare caso per caso, ricordando che non si parla di detrazione, ma di deduzioni (ex art. 100 co. 2 dpr 917/1986).
Altre entrate da “attività non corrispettive”
– Le quote associative possono rappresentare un importante strumento di autofinanziamento e, per regola generale, non costituiscono entrata fiscalmente rilevante; nello stesso tempo, però, non sono un onere deducibile per l’associato.
Attenzione perchè “non è tutto oro quello che luccica”! Bisogna ricordare che più soci si hanno e maggiori saranno i problemi relativi alla loro gestione, ovvero quelli organizzativi con il relativo costo. Questa è la ragione per cui la c.d. “campagna associativa” ha un senso solo se si presume una partecipazione attiva dei soci.
– L’autofinanziamento di soci e/o di fondatori, inteso come versamento di liberalità in senso proprio e non quota associativa o prestito (che, in questo caso non è liberalità e non è deducibile per il disponente), e senza che ciò costituisca l’”obolo” per la partecipazione agli organi sociali di una fondazione, è pienamente deducibile.
– Il 5×1000 dell’IRPEF è un istituto introdotto come misura atta a fornire agli Enti privati operanti in vari settori sociali un sostegno economico per lo svolgimento delle proprie attività. Dal 2022 possono accedere al 5×1000:
. Enti del Terzo Settore iscritti nel RUNTS
. Enti di ricerca scientifica e dell’Università
. Enti di ricerca sanitaria
. Sostegno delle attività sociali svolte dai Comuni
. Associazioni Sportive Dilettantistiche
Per il 2024, possono ancora accedervi le ONLUS, anche se non ancora iscritte nel RUNTS.
A regime, la possibilità di beneficiare dei 5X1000 sarà uno dei parametri utili per la valutazione di convenienza circa l’iscrizione o meno nel RUNTS.
In merito al 5X1000 vi è, per tutti gli Enti che ne beneficiano, un obbligo di redazione del rendiconto e della relazione illustrativa entro 12 mesi dalla data di percezione del contributo, con obbligo, altresì, di conservazione decennale del rendiconto e dei documenti sottostanti. Dal 2022 vige, inoltre, per gli Enti che abbiano ricevuto oltre € 20.000, l’obbligo della compilazione direttamente su piattaforma informatica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La modulistica relativa alla rendicontazione è resa disponibile sulla piattaforma informatica 5X1000 sul portale “servizi.lavoro.gov.it“.
– Le liberalità in natura o in-kind giving (DM 28.11.2019): gli Enti del Terzo Settore possono ricevere beni in natura e chi dona può accedere alle stesse agevolazioni fiscali per le liberalità in denaro se si dona ad ETS non commerciali, comprese le cooperative sociali, ma escluse le imprese sociali costituite in forma di società, e sempre a condizione che le erogazioni ricevute siano utilizzate esclusivamente per lo svolgimento delle attività statutarie e per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Nel periodo transitorio di passaggio al RUNTS, le agevolazioni fiscali per chi dona sono applicabili anche a favore delle Onlus iscritte all’anagrafe delle Onlus.
I beni donati possono essere di proprietà di privati o di società e imprese e possono essere strumentali, patrimoniali (beni investimento) o merce (beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa) e l’ammontare della detrazione o della deduzione è quantificato sulla base del valore normale del bene donato.
Per valore normale si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali (art. 9 del TUIR).
Nel caso di beni strumentali, l’ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al residuo valore fiscale all’atto del trasferimento, mentre nel caso di beni merce, si fa riferimento al minor valore tra quello normale e quello attribuito alle rimanenze.
Se il valore della cessione supera i 30.000 euro e nel caso in cui non sia possibile definire il valore con criteri oggettivi, il donatore dovrà dotarsi di una perizia giurata che ne attesti il valore, recante data non antecedente a novanta giorni prima del trasferimento del bene.
L’erogazione liberale in natura deve risultare da atto scritto contenente la dichiarazione scritta del donatore recante la descrizione analitica dei beni donati, con l’indicazione dei relativi valori, nonché la dichiarazione scritta del destinatario contenente l’impegno ad utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento dell’attività statutaria e per l’esclusivo perseguimento di finalità civiche , solidaristiche e di utilità sociale.
– Lo shop solidale si colloca più propriamente nell’ambito delle attività “corrispettive”, tuttavia se riveste carattere “occasionale” ed è, quindi, associato e concomitante a celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione, esso può rientrare nelle “raccolte fondi occasionali contro beni di modico valore”. Se, invece, come già accennato nell’esempio di cui sopra, diventa abituale e continuativo, a rigore dovrebbe rientrare nel novero delle “attività economiche di scambio”propriamente dette (con obbligo, per l’Ente, di aprire la partita iva, in contabilità separata).
Al termine di questo viaggio, appare evidente che il fundraiser deve spesso affrontare tematiche fiscali e legali che possono non appartenere al suo bagaglio formativo e bisogna trovare le coordinate corrette per districarsi nella legislazione alquanto complessa del non profit italiano molto legata all’argomento tributario. Partendo dalle diverse tipologie di enti e dalle novità della riforma del Terzo Settore, anche il fundraiser potrà trovare le modalità di realizzazione delle campagne di fundraising per incrementare la raccolta fondi nel rispetto delle norme e delle prassi.
Autrice
Federica Triboldi – Studentessa del Master in Fundraising 2024