Major Donor Fundraising
Startup fundraising

Major Donor Fundraising – dalla strategia alla personalizzazione

Major Donor Fundraising: un mondo affascinante e al tempo stesso molto concreto. Nei paesi anglosassoni è una pratica comune, ma in Italia è una condizione più rara e spesso noi fundraiser arriviamo a lavorare nell’area Major Donor quasi per caso.

Chiara Blasi, Responsabile dell’area Grandi Donatori di AIRC e Giulia Dalloni, fundraiser presso Fondazione Oncologia Niguarda Onlus e studentessa del Master in Fundraising, ci accompagnano in un viaggio attraverso il mondo dei Major Donor. 
In questo articolo troveremo tutte le basi per capire come individuare i grandi donatori e come gestirli.

Inoltre vedremo come impostare una strategia che sia al tempo stesso individuale su ogni donatore, ma integrata in un piano strutturato per l’organizzazione.

L’articolo è scritto a 4 mani da Chiara, docente del corso Mario Donor Fundraising e da Giulia che, dopo la lezione, si è incaricata di scrivere un’accurata sintesi per chi volesse muovere i primi passi nel mondo dei Major Donor. O anche per chi volesse fare un bel ripasso delle basi!

Cosa troverai in questo articolo

Major Donor Strategia

Donazioni o relazioni?

Per un piano major Donor di successo è fondamentale darsi un obiettivo. Anzi due.

Ottenere una donazione,
costruire una relazione.

Il lavoro di un MD fundraiser infatti, non è solo voler ottenere una grande donazione. Saper costruire relazioni personali positive e solide che trasformino i prospect in Grandi Donatori affezionati e soddisfatti è essenziale in un piano di MD fundraising.

Per ottenere questo risultato, il fundraiser deve lavorare in prospettiva: non vogliamo semplicemente collezionare grandi donazioni, ma far crescere, nei potenziali Grandi Donatori, il desiderio di essere parte della nostra organizzazione e di sostenerla in misura sempre più determinante.

 

Il nostro lavoro consiste nel riconoscere ai donatori il ruolo centrale che meritano all’interno dell'organizzazione che sostengono.

Cos’è una grande donazione

Per raggiungere il primo obiettivo, però, è fondamentale spiegare cosa si intende con “grande donazione”.

Purtroppo non esiste una formula per chiarirlo in modo inequivocabile, in quanto è un riferimento relativo. Per capire meglio proviamo a guardare la grande donazione con gli occhi della onp, del donatore e del fundraiser.

Per l’organizzazione

L’organizzazione solitamente definisce le donazioni in base all’importo.
Saranno considerate “grandi” quelle uguali o maggiori ad una certa cifra X, che solitamente in Italia è più bassa rispetto al mondo anglosassone dove spesso si associa ai 10.000€ o 10.000$.

Non c’è comunque una cifra universale per definire i Major Donor, molto dipende dalla storia dell’organizzazione, dal tipo di donatori che la sostengono e dalle risorse che si possono dedicare alle attività di fundraising.

Per il donatore

Per il donatore, invece, la grande donazione è determinata da una decisione profondamente personale, con cui cerca di lasciare un segno di sè, dimostrando fiducia all’organizzazione che sostiene e legandosi a quella onp in modo ancora più profondo e duraturo.

La grande donazione è qualcosa che realizza aspirazioni e soddisfa bisogni profondi del donatore “riempiendolo di gioia e passione”, come riporta Laura Fredricks nel libro “Major Gifts – Turning small donors in big Contributors”.

Per il fundraiser

Per il fundraiser, diciamolo chiaramente, la grande donazione è una enorme soddisfazione derivante da duro lavoro, seguendo lo schema preciso dell’identificazione, qualificazione, coltivazione, sollecitazione del donatore e stewardship!

Perchè investire sui Major Donor

Quello nella raccolta fondi da grandi donatori è un investimento intelligente per diversi motivi.

1- è poco costoso

Non servono spazi pubblicitari, l’invio di migliaia di lettere, contratti con agenzie ecc, bensì la costruzione di relazioni personali con qualche decina o centinaia di prospect.

2- è sicuro nel tempo

Infatti punta alla costruzione di rapporti solidi che vedono realizzare il loro potenziale nel medio e lungo termine.

3- è duraturo nel tempo

Non dimentichiamo che il Grande Donatore, a differenza di un’azienda, deve rendere conto soltanto alla propria coscienza (nella maggioranza dei casi neanche alla propria famiglia) e spesso, in momenti di crisi, saprà essere fedele e vicino all’organizzazione, non facendo mancare il proprio sostegno (e a volte aumentandolo addirittura!).

Un’organizzazione deve lanciarsi in questo investimento quando è pronta internamente. Ma non dimentichiamo che in Italia la raccolta fondi da Grandi Donatori è ancora poco sviluppata e quindi potrebbe essere molto fruttuoso affacciarsi a un mercato in cui la competizione è ancora contenuta.

Come far crescere il programma Major Donor

Per avviare il programma MD è fondamentale proporre ai donatori:

  • progetti ben descritti,
  • rendicontabili con precisione,
  • con budget modulabili
  • che possano essere visti da vicino, sia dal fundraiser sia dal donatore.

Il fundraiser deve trasmettere la passione per i progetti e la mission dell’ organizzazione pere essere il “tramite” tra onor e donatore.

Tutto questo però non sarà mai abbastanza se non ci sarà il sostegno della governance dell’organizzazione e uno spazio adeguato sui canali di comunicazione istituzionali.

Il ciclo di sviluppo del donatore

Il MD fundraiser ha il compito di attivare il ciclo di sviluppo attraverso cui condurre un prospect a sviluppare il potenziale in termini di interesse, coinvolgimento e attaccamento alla buona causa.

Il termine “condurre” è inteso in modo molto naturale, seguendo tempi e inclinazioni del prospect ed evitando in tutti i modi di farlo sentire sotto pressione o, peggio ancora, dandogli l’impressione di essere “studiato” come una cavia da laboratorio.

Quello per lo sviluppo del donatore è infatti un processo non lineare, ma circolare e infinito: con regolarità infallibile ci ritroveremo a ripercorrere ciclicamente le stesse fasi con ciascun prospect.

Identificare i prospect

Identificare i potenziali Grandi Donatori e creare l’elenco dei prospect: sembra un’operazione impossibile, ma non lo è.

La fase iniziale consiste nella ricerca dei nostri potenziali grandi donatori.
E dove cercarli, se non nel nostro stesso database? Identificare un buon potenziale in un donatore della nostra organizzazione facilita molto il lavoro del md fundraiser, perchè ci permette di individuare donatori già sensibili e che ci hanno già scelto.

Per costruire un vero e proprio elenco di prospect, bisogna fare una ricerca nel database basandosi sulla storia di donazione alla nostra organizzazione.
Una volta determinato il valore X che costituisce la grande donazione, bisogna estrarre dal database i nominativi che:

  • durante l’ultimo anno hanno donato X
  • in anni precedenti hanno donato X
  • nell’arco degli ultimi cinque anni hanno fatto donazioni che sommate equivalgono a X
  • hanno donato poco meno di X ma hanno contatti con CDA, partecipato a eventi speciali o manifestato il desiderio di impegnarsi in attività di volontariato

Una volta estratto l’elenco, bisogna qualificare il più possibile i prospect.
Un buon modo per farlo è cercare di valutare collegamenti, interessi e abilità (CIA).
Per definire queste caratteristiche, saranno di aiuto le informazioni già in nostro possesso (perchè inserite nel database o patrimonio dell’ONP), le informazioni a disposizione di tutti in quanto di pubblico dominio (reperibili su internet e media) e le informazioni dirette, ossia quelle che ci verranno date direttamente dal prospect durante la fase di sviluppo della relazione.

Qualificare i prospect: il donor profile

Per riunire tutto ciò che sappiamo sul prospect dobbiamo creare il Donor Profile.

Vi inseriremo:

  • dati anagrafici,
  • informazioni di collegamento,
  • interessi e abilità,
  • informazioni sul backround familiare,
  • informazioni sulla storia del prospect con la nostra organizzazione
  • potenziale economico

Insomma, tutte quelle informazioni che potrebbero aiutarci a comporre un profilo sempre più completo.

Nel donor profile non deve mai mancare la fotografia del prospect, nonchè le fonti di tutte le informazioni raccolte e una introduzione che riassuma in poche righe i dati salienti.

Il donor profile deve essere archiviato, aggiornato regolarmente ed eventualmente condiviso con quanti, non addetti alla raccolta fondi, intendiamo coinvolgere nella gestione del prospect: perché possano inquadrare rapidamente il profilo, la storia e il potenziale del grande donatore.

Major Donor Fundraising Personalizzare

Coltivare i donatori: da middle a major

Da ora in avanti il fundraiser ha una sola missione: coltivare il prospect in modo personalizzato e individuale.

Il termine “coltivare” va inteso in senso letterale: come si curano le piante affinchè diano frutti, così bisognerà dedicare cura e attenzione alla costruzione di una relazione personale col prospect, per creare le condizioni ideali affinchè si innamori della nostra buona causa e si senta profondamente coinvolto.

Strategia personalizzata

Come per le storie d’amore o le amicizie, è indispensabile vi sia una certa affinità tra prospect e fundraiser. Nessuno potrà mai essere il match ideale per ogni prospect e proprio per questo è fondamentale il lavoro di squadra: è molto utile inserire altre persone della nostra organizzazione nella strategia di coltivazione. Dovrà però essere sempre il fundraiser a coordinare e dirigere il lavoro di tutti.

Dobbiamo anche ricordarci di mantenere un “low profile”: i grandi donatori apprezzano sempre la riservatezza.

Affinchè il ciclo di coltivazione possa essere veramente personalizzato, non bisogna dimenticare di escludere il prospect dal ciclo massivo di comunicazione e sollecitazione.

E ora come bisogna procedere? Bisogna pianificare, gestire e registrare una serie di “mosse” nei confronti del prospect.

Moves Management

Questo metodo di lavoro viene definito “Moves management” e consiste in un processo personalizzato per far progredire il prospect nella relazione con l’organizzazione.

Il termine “mossa” deriva dal gioco degli scacchi. Questo metodo di lavoro non deve però essere inteso in senso manipolatorio, ma come modalità che favorisca un approccio strategico per il raggiungimento di risultati in cui non vi sono nè vinti nè vincitori.

Le mosse –  che possono consistere ad esempio in telefonate, lettere, incontri, inviti a eventi, visite ai progetti – devono sempre avere un obiettivo preciso. Definendo il piano di contatti e sollecitazioni per ciascun prospect darà importante definire sempre non solo “cosa” fare, ma anche “con quale scopo”.

È importante inoltre mantenere una visione di insieme costantemente aggiornata di tutte le mosse (per non perdere di vista nulla e ottimizzare il lavoro pur considerando ciascun prospect sempre un caso a sé) con documenti schematici (come excel) oppure software ad hoc che ci permettano di archiviare le informazioni raccolte e i dettagli delle azioni intraprese.

La prima mossa

La mossa più importante è certamente la prima, perchè ha l’obiettivo di “farsi aprire la porta”.

Solitamente la prima mossa consiste in una lettera, a meno che non vi sia già una relazione esistente col prospect che permetta di fare una telefonata, in cui:

    • ci presentiamo,
    • ringraziamo il prospect per il sostegno che in passato ha dato all’organizzazione
    • inseriamo qualche considerazione “veramente personale”
    • anticipiamo che entro pochi giorni riceverà una nostra telefonata, così non verrà colto alla sprovvista.

Durante la prima telefonata potremmo renderci conto che non ha ricevuto (o letto) la nostra lettera, quindi si deve essere pronti a riassumerla. Sempre mantenendo un atteggiamento positivo ed energico, tenendo sottomano il donor profile e l’agenda per fissare insieme un incontro di persona.

Una volta ottenuto il primo appuntamento… niente panico!

Prepararsi al primo incontro

Per prepararsi al primo incontro, per prima cosa è essenziale concentrarsi sui pensieri positivi.
Poi è importante distinguere il prima, durante e dopo l’incontro:

Prima dell’incontro

La preparazione dell’incontro è indispensabile, fissandosi un obiettivo preciso e i risultati attesi; dopodichè si devono preparare i materiali e valutare se coinvolgere altre persone della onp vicine al prospect o la cui presenza potrebbe essere utile per il raggiungimento dello specifico obiettivo.

Durante l’incontro

Durante l’incontro è importante mantenere sempre un ascolto attivo e concentrarsi su pensieri positivi.
Il md fundraiser deve trasmettere sensazioni positive perchè è un facilitatore: grazie al suo lavoro e all’entusiasmo che riuscirà a trasmettere il donatore potrà essere parte di qualcosa di più grande e che lo renderà felice. Bisogna essere energici e pronti a “riprogrammarsi” velocemente in base agli elementi che emergeranno durante l’incontro stesso. Energici, elastici e positivi senza dimenticare però che, per quanto potremo lavorare bene, alla fine la decisione di donare sarà solo ed esclusivamente del donatore!

Dopo l’incontro

Una volta salutato il prospect, dobbiamo inviargli subito un’email o un biglietto di ringraziamento per il tempo che ci ha dedicato e per eventualmente correggere il tiro nel caso fosse necessario. Inoltre è molto importante compilare un contact report in cui riportare tutti i dettagli dell’incontro. Non sempre la memoria è infallibile e con il passare dei mesi e degli anni rischieremmo di perdere elementi utili per future valutazioni.

Non avere paura di chiedere

Quando l’incontro è volto alla richiesta di donazione, bisogna sempre tenere a mente le cinque fasi fondamentali da affrontare:

Il caso: raccontiamo la storia del progetto comunicando il senso di urgenza.

Perché proprio lui: ricordiamogli quanto è già stato fatto insieme e quanto potrebbe fare con la nostra onp, nel rispetto di ideali condivisi.

L’intervento specifico: non chiediamo una donazione generica, ma chiediamogli di sostenere uno specifico intervento o progetto o programma.

L’impatto che genererà: raccontiamogli una storia positiva spiegando cosa potrà accadere grazie al suo aiuto, non solo con numeri e grafici, ma trasmettendo un’emozione.

La richiesta: impegniamoci a formulare una richiesta concreta; la cifra deve essere l’ultima parola detta, poi bisogna fare silenzio e attendere.

Scegliamo parole che ricordino a noi e al prospect che non chiediamo nulla per noio per l’organizzazione, ma per persone che hanno bisogno di aiuto. Proponiamo al prospect una collaborazione che gli permetterà di migliorare la vita di queste persone.

Il prospect, a questo punto della relazione, si fida del fundraiser, condivide gli stessi ideali dell’onp e deve sentire che la sua donazione è in buone mani.

L’importanza del silenzio

“Un bel tacer non fu mai scritto”. Dopo la richiesta, diamo il tempo al donatore di riflettere e non cadiamo in tentazione di aggiungere qualcos’altro!

Se la risposta è positiva, possiamo gioirne apertamente (ma senza esagerare con l’entusiasmo!).
Dobbiamo ribadire l’importanza della donazione, chiedere autorizzazione a renderla nota (potrebbe diventare un futuro testimonial), definire i dettagli, ricapitolare i passi successivi e soprattutto ringraziare per la scelta fatta.

E se dice di no? 

Nel caso, invece, la risposta fosse negativa, non bisogna mostrare disappunto o delusione (il prospect non deve sentirsi sbagliato o giudicato), la risposta va accolta e compresa, anche perchè potrebbe trattarsi di un no momentaneo.

Il no va qualificato

A volte verrà spiegato direttamente dal prospect, altre volte saremo noi a dover fare le domande giuste per capire meglio.
E’ compito del fundraiser accogliere il diniego, ribadire l’importanza del progetto, ma mettere il prospect a suo agio rispetto all’obiezione e farlo sentire compreso “perché è già successo ad altri donatori”.

Proporre un’alternativa

E infine, proporre una soluzione o un’alternativa che magari è stata apprezzata da altri donatori nella sua stessa situazione.
E’ importante ricordargli perché lo abbiamo scelto: per la sua fedeltà, generosità, interesse, ecc.

Potrebbe comunque essere un ottimo risultato ottenere una promessa per il futuro: se l’ostacolo alla donazione è temporaneo ma il prospect desidera comunque accogliere la nostra proposta, si può prevedere una lettera d’intenti che tuteli l’impegno sia del donatore sia della onp.

Gestire al meglio le obiezioni dei prospect non solo aumenta le nostre possibilità di ottenere in futuro la grande donazione, ma può contribuire in modo importante a aumentare la fiducia che il prospect nutre in noi e nella nostra onp.

L’importanza della stewardship

Dal momento del sì, come nel migliore dei matrimoni, avremo il compito di prenderci cura del donatore e della sua donazione: la fiducia non può mai essere tradita.

Una stewardship di qualità è il miglior strumento per coltivare i nostri Grandi Donatori.
Consiste, da un lato, nell’assicurare che i fondi donati siano utilizzati come concordato (gift stewardship) e, dall’altro, nel rendere il Grade Donatore sempre più consapevole (donor stewardship). La stewardship comprende, inoltre, la gestione amministrativa e accettazione della donazione, il ringraziamento, l’inserimento di riconoscimenti (a cui raramente i donatori italiani sono interessati) e la costante attività di aggiornamento e reporting.

Conclusioni

Donare ci fa sentire bene e anche il Grande Donatore si sentirà soddisfatto, utile, solidale col resto del mondo e il MD fundraiser sarà stato l’orgoglioso “tramite” per quella felicità!

Ma allora, che super-poteri dovrebbe avere un md fundraiser per fare il suo lavoro? sicuramente, alla luce di queste riflessioni, possiamo dire che la credibilità, la capacità di relazionarsi facilmente e di ascoltare attentamente, nonchè l’elasticità, l’entusiasmo, la capacità di pianificazione e tantissima passione siano le caratteristiche ideali di un buon md fundraiser.

Il requisito fondamentale, però, è quello che non trova sconti o scorciatoie: il fundraiser deve essere una brava, bravissima persona, capace di custodire e proteggere con profonda attenzione la fiducia dei donatori.

Giulia Dalloni

Giulia
Dalloni

Studentessa Master in Fundraising 2021