Deborah Ugolini
Storie di nonprofit

Deborah Ugolini, che lingua parlano i video?

Il video al giorno d’oggi è uno dei mezzi di comunicazione più diffusi. Non solo, anche realizzarli diventa sempre più semplice, i nostri cellulari hanno tutti gli strumenti per realizzare dei montaggi in modo semplice e immediato.

Perciò, diciamoci la verità, chi non hai mai realizzato -o almeno pensato di realizzare- un video per la sua organizzazione?
Eppure, ci siamo mai chiesti che lingua parlano i video

Qual è il giusto linguaggio del mezzo audiovisivo?
Quali sono le basi da conoscere per realizzare dei video davvero efficaci e coinvolgenti?

Deborah Ugolini, videoteller, brand journalist, formatrice e consulente per la comunicazione, ci ha dato qualche anticipazione, in attesa di parlarne nel dettaglio al prossimo Nonprofitday che si svolgerà online il 26, 27 e 28 ottobre 2021.

Cosa troverai in questo articolo

Dal video al podcast, passando per la radio

Partiamo dalla tua storia, ci descrivi il tuo percorso professionale? Da dove sei partita e dove sei ora?

Quando penso al mio percorso mi viene in mente il detto “nella vita tutto fa brodo”. La mia professionalità è fatta anche di esperienze che apparentemente sembrano lontane dalla comunicazione.

Ad esempio, tra le cose che ho fatto prima e durante l’università c’è l’animatrice turistica e l’addetta di vendite telefoniche. Insomma, due lavori lontani dall’ambito della comunicazione. Ma ti assicuro che quando impari a comunicare con le persone in quei contesti, per molti versi difficili, impari tantissimo in generale.

Mi sono laureata in Scienze della Comunicazione a Padova. Avrei voluto fare carriera accademica, invece ho iniziato a fare la videoreporter e a lavorare in radio.

La passione per il video è qualcosa che mi accompagna da sempre. Mi ricordo che la prima telecamera l’ho comprata con una borsa di studio. Da lì la passione per il montaggio continuata a crescere insieme all’esperienza pratica. E continua ancora adesso, nella comunicazione non sei mai arrivato, bisogna continuare a studiare, a formarsi.

Poi ho avuto l’opportunità di aprire la mia azienda Windriser, dove lavoro con il mio compagno. Lui si occupa di grafica e web design ed è musicista. Portiamo avanti le nostre passioni, come la realizzazione di video e podcast.

Complimenti, una carriera davvero poliedrica. Quali sono state le più grandi soddisfazioni che hai ottenuto?

L’apertura della P.Iva per me è stato un momento molto soddisfacente. Sono una persona entusiasta, do il 100% in tutto quello che faccio, mi piace fare così. Perciò, in un mondo del lavoro un po’ incerto, mi da soddisfazione essere io l’artefice del mio percorso e destino professionale.
Se le cose vanno bene o male dipende da me. Per me questa è una grande libertà.

Un altro momento importante è stato quando ho parlato per la prima volta in pubblico al Freelance camp. Ero agitatissima, ma ho visto ho che ce la potevo fare e la formazione è diventato un ambito lavorativo che mi piace molto. Ad esempio l’anno scorso ho fatto tanti corsi per Donne Digitali, un progetto della regione Emilia Romagna per la digitalizzazione femminile. È stata una bellissima esperienza, ho avuto delle classi stupende con donne fantastiche.

Un altro progetto che mi ha dato e mi sta dando molte soddisfazioni è “Amiche a tradimento”, un podcast che sto realizzando assieme a un’amica e collega. Sta funzionando bene, abbiamo feedback positivi e mi ha riportato al primo amore scoperto in radio, il mezzo vocale.

E le difficoltà principali?

I momenti negativi per me sono quelli in cui l’insicurezza e l’inquietudine prendono il sopravvento e mi portano a mettere in discussione tutto quello che sto facendo a livello professionale. Sono momenti di crisi. Ma allo stesso tempo, una volta superati, sono generativi e mi portano spesso cambiamenti utili.

Il video e il suo linguaggio

Quale tema affronterai al Nonprofit Day: ci condividi qualche curiosità in anteprima?

Il succo del mio speech parte da una domanda che mi hanno fatto un paio di giorni fa. “Quali sono le tendenze del video di questo periodo?”.
La mia risposta è “Dipende!”.

Infatti, quello che vorrei far passare è che il video non è un mezzo, ma un linguaggio.
Per parlare bene in una lingua, bisogna conoscerne le regole, la sintassi, la grammatica, le declinazioni la fonetica ecc. Per il video è la stessa identica cosa.

Chi viene a seguire il mio speech deve partire da quest’ottica. Se noi consideriamo il video come una lingua che dobbiamo imparare, allora possiamo raccontare quello che vogliamo.
Se lo consideriamo solo un mezzo, uno strumento, da usare senza cognizione di causa, sarà difficile avere dei buoni risultati.

In che modo il tuo speech può essere utile ai partecipanti del nonprofit day? Sarà un intervento con molti spunti pratici?

Sì, vorrei dare degli spunti operativi su cosa vuol dire “il linguaggio del video”. Faremo emergere le differenze tra una scelta tecniche e un’altra e di come di conseguenza queste scelte ricadano sul messaggio.

Ad esempio, se cambi l’inquadratura, se riprendi frontalmente, dall’alto verso il basso ecc, cambia il messaggio che mandi. Non si tratta solo di scelte estetiche, come spesso si tende a immaginare. Ci sono delle regole di base che bisogna conoscere.
Poi le regole si possono disattendere, ma va fatto con cognizione di causa.
Insomma, possiamo fare un bel video anche senza per forza essere dei professionisti, io per prima ho imparato da autodidatta. Ma non essere professionisti non vuol dire essere improvvisati, il linguaggio che sta alla base della costruzione di un video va conosciuto.

Cosa pensi dell’uso dei video nel nonprofit? Spesso si pensa che senza un certi budget non si possa fare qualcosa di significativo, secondo te?

Il punto non è avere dei grandi budget.
Il problema è che a volte ci dimentichiamo cosa vogliamo dire con il nostro video.
Quando facciamo un video, dobbiamo chiederci le stesse cose che ci chiediamo quando facciamo uno slogan, un articolo, una campagna ecc.
Dobbiamo sapere chi è il pubblico, quale storia può coinvolgerlo e ovviamente dobbiamo raccontarla in modo interessante.

Il nonprofit dovrebbe fare come il profit, comunicare con i giusti pubblici di riferimento cercando di individuare che cosa gli interessa in base al mio obiettivo. Il budget viene dopo.

In generale, secondo me, se c’è un budget ridotto da investire in un video, è meglio investirlo in una buona copy piuttosto che in un cameraman.
Credo che avere un bel testo, piuttosto che delle belle riprese, sia essenziale. Perché se le immagini bellissime, ma non c’è la storia, non raccontiamo niente.

E per i video di raccolta fondi? Vale la stessa logica,  il contenuto prima di tutto?

Per i video di raccolta fondi, così come per tutte le altre tipologie di video e più in generale per tutte le altre comunicazioni verso l’esterno, vale sempre la stessa cosa. Invece di parlare sempre di “IO IO IO”, bisognerebbe chiedersi chi è il TU.
Non si deve partire da cosa spinge me a chiederti dei soldi, ma che cosa spinge te a donare. La gente, anche quando gli stai chiedendo dei soldi attraverso un video, vuole sentir parlare di se stessa, non dell’organizzazione.

Come nasce un video?

Può nascere in diversi modi, secondo me ce ne sono principalmente due.

Se il video è legato a qualcosa che sta accadendo nel momento, non puoi programmare prima le riprese.
Facciamo une esempio, un operatore o un volontario parte per un viaggio in uno dei progetti di una ONG. Non si può sapere in anticipo che cosa incontrerà, perciò riprenderà diverse situazioni. In questo caso, nel momento di montaggio ci si ritrova con una montagna di materiale e si decide che tipo di video e di racconto fare, sulla base delle immagini che ci sono. In genere però è sempre meglio avere un canovaccio, uno storyboard dei punti immancabili del mio racconto, altrimenti il montaggio diventa sempre complesso.

Oppure, se si ha già in mente la storia da raccontare, si cera prima un testo e in un secondo momento ci si fa un’idea delle immagini che servono.
Dal punto di vista delle riprese è sicuramente la via più economica perché fai degli interventi mirati. Ma in questo caso è essenziale avere prima un bel copy per costruire il video attorno al messaggio, in modo che arrivi in modo chiaro.

Un libro che ti ha lasciato tanto o ti ha insegnato qualcosa e che vorresti consigliare?

“Flatlandia Racconto fantastico a più dimensioni” di Edwin Abbott Abbott. L’autore è un matematico e il testo parla di geometria. È un racconto breve, ma che riesce immediatamente a far capire quanto influisce sulla realtà il proprio punto di vista percepito. 

Ci lasci una citazione che rappresenti il tuo lavoro e ci dici il perché?

“Si alza il vento, bisogna cercare di vivere”.
La citazione è di Paul Valery, ma è ripresa in un lungometraggio di Miyazaki. Io l’ho ripresa dal film.

È una citazione che metto anche nei miei biglietti da visita, perchè il concetto che ci sta dietro ha ispirato il nome dell’agenzia, Windriser.  Perché la comunicazione è come il vento, non è possibile fermarla, ma possiamo controllarla e decidere dove direzionarla in modo che arrivi a chi vogliamo farla arrivare.

Anteprima Nonprofit Day

L’accessibilità e la disponibilità di tecnologia, oggi, fa sì che tutti possano realizzare video impeccabili dal punto di vista tecnico.
Questo però non basta a comunicare in modo ottimale le diverse realtà e i diversi messaggi.
Per raggiungere i pubblici attraverso il linguaggio audiovisivo, infatti, è necessario padroneggiarne le regole interne e la grammatica, così come per qualsiasi altro linguaggio. Ascolta Deborah e impara a raccontare a tua nonprofit in modo coinvolgente, attraverso i video! Ecco cosa di cosa parlerà nella sua sessione:

  • Tecniche, strumenti e strategie per imparare le regole base del linguaggio video;
  • Prima di metterti all’opera: le cose che devi (assolutamente!) sapere;
  • Content is king! Copywriting, storytelling e videotelling.