Fundraiser Emozioni
Chi dona e perché donaTecniche di Fundraising

Il fundraiser: un narratore di emozioni

I fundraiser devono riconoscere le emozioni. Le neuroscienze e il neuromarketing ci aiutano a capire perché. Infatti, i donatori sono (prevedibilmente) irrazionali, pieni di emozioni, ricordi e sensazioni capaci di andare ben oltre la razionalità; la maggior parte delle scelte viene infatti presa sulla base di percezioni e sul nostro modo di vedere la realtà, che non sempre è una scelta logica basata sul calcolo costi-benefici.

Cosa spinge allora una persona a donare?

Le emozioni, spontanee ed immediate. Solo in un secondo momento interviene la razionalità a giustificare le nostre azioni.

Il donatore deve essere emozionato, deve entrare nella storia che gli state raccontando, deve sentirsi partecipe a tal punto da voler fare qualcosa e rispondere alla vostra call to action. Se l’emozione spinge a donare, compito del fundraiser, attraverso una storia,  è accompagnare il donatore in un percorso emozionale suddiviso in tre fasi:

1. bisogno iniziale

2. soluzione

3. call to action

Ma quali sono le principali emozioni che un fundraiser deve sapere riconoscere?

Dan Hill (sulla base delle principali scoperte delle neuroscienze e del lavoro di Paul Ekman) è riuscito a sintetizzare le sei emozioni chiave che intervengono nelle nostre scelte e nelle nostre azioni: Felicità, Sorprese, Rabbia, Disgusto, Tristezza e Paura.

Paura e Tristezza

Le emozioni negative, più delle altre emozioni, riescono a catturare la nostra attenzione, ad attivare i nostri sensi e a instaurare una relazione di empatia. La maggior parte delle donazioni viene effettuata dopo aver provato paura e tristezza;  molti test hanno dimostrato che  le campagne di raccolta fondi che usano immagini tristi ricevono più donazioni rispetto a quelle che usano volti sorridenti.

Queste prime due emozioni vengono solitamente utilizzate all’inizio del racconto per presentare il bisogno o una situazione difficile che si vuole cambiare.

Rabbia e disgusto

La rabbia ed il disgusto suscitano una reazione immediata come quando si vuole tirare un calcio a una porta o dare un pugno sul tavolo. Si tratta di emozioni molto forti che spingono i donatori a donare o a firmare una petizione. Un’associazione che ha fatto della rabbia la sua emozione principale è Amnesty International:

“Se sei arrabbiato, trattieni la tua rabbia. Perché la tua rabbia può trasformarsi in qualcosa di positivo tramite Amnesty Intenational”. Pensate che una coppia su Facebook e’ riuscita  a raccogliere piu’ di 25 milioni di dollari in pochi giorni usando la rabbia delle persone per la deportazione dei bimbi immigrati al confine messicano.

Sorpresa

Volete che il vostro messaggio sia memorabile? Dovete sorprendere il donatore. Deve riuscire a creare l’effetto WOW, solo così si ricorderà di voi. Avete presente la campagna Greenpeace per fermare l’uso dell’olio di palma da parte delle multinazionali che mostra un impiegato fare una pausa con un Kit Kat, ma che al posto della  classica barretta di cioccolato addenta un dito di un orangotango? Ecco questo sì che genera un effetto sorpresa. Impossibile dimenticarlo! Infatti Amnesty grazie alla mobilitazione ha costretto Nestle’ a bandire l’uso dell’olio di palma dall’Indonesia.

Felicità

Le emozioni negative riescono a generare un maggior numero di donazioni, ma chi non vorrebbe un happy ending? Mostrare come la donazione possa risolvere il problema e rispondere al bisogno iniziale aumenta il numero di donazioni.

Charity:water ad esempio crede che la motivazione a sostenere una causa debba essere l’opportunità di fare la differenza.

 

Queste le indicazioni date sulle emozioni ai giovani fundraiser da Francesco Ambrogetti – UN Capital Development Fund (UNCDF) – alla lezione di Emotionraising al Master in Fundraising. “Gli  ultimi due premi nobel per l’economia (Kahneman e Thaler) – dice Francesco Ambrogetti –  hanno dimostrato come le emozioni guidano le scelte di acquisto e possono influenzare le donazioni. Questo significa che il fundraiser moderno, per avere successo, deve sapere scientificamente creare e misurare  le emozioni”