Sono stato recentemente ad una festa in un piccolo paese nella provincia di Bologna: c’era un gran profumo di caldarroste nell’aria, misto anche ad un odore di funghi, salumi, formaggi…una tipica festa in cui si respirava il clima natalizio.
Ho partecipato a questa festa da osservatore perché accompagnavo mia figlia che aveva un suo stand dove vendeva alcuni suoi oggetti fatti a mano.
Ogni tanto, mentre mi prendevo una pausa dallo stand, mi sono soffermato tra gli espositori che partecipavano alla festa: da bravo appassionato di fundraising ho notato anche i banchetti di due organizzazioni nonprofit. C’era una nota organizzazione locale impegnata nell’erogazione di servizi a favore dei malati terminali e c’era anche dei dialogatori di una grande ong internazionale.
Io mi sarei aspettato anche altre organizzazioni del territorio: piccole organizzazioni nonprofit locali? Si certamente. Altre ONG che hanno sede a Bologna? Certamente anche queste mi sarei aspettato, specialmente in un momento dove ci sono emergenze umanitarie in corso.
Perché le altre organizzazioni non c’erano? Perché non hanno fatto un primo passo verso un potenziale pubblico di donatori?
Mancano forse dei dialogatori? Erano impegnate in altre manifestazioni analoghe quei fine settimana? Si possono sempre formare dei dialogatori, anche se non sono professionisti ma volontari con un minimo di formazione possono far vedere quanto di buono fa l’organizzazione e fare una richiesta di donazione.
Mi verrà detto che era una piccola festa di paese e dunque poco interessante come pubblico di potenziali donatori? E vi risponderei con una domanda: e allora perché una grande ONG internazinonale era presente e la tua organizzazione non era presente? Perché questa ONG ha contattato una pro-loco di un piccolo paese della provincia di Bologna per fare un banchetto coi dialogatori?
Ho fatto due conti: la festa si svolgeva su due giorni con un ristorante aperto a pranzo e cena con almeno 200 posti a sedere, inoltre il luogo dove si svolgeva la festa è di fatto parte di un giardino pubblico aperto a tutti per cui ad occhio e croce saranno passate tra le 1000 – 1500 persone in ognuno dei due giorni della festa.
Perché dunque perdere queste occasioni? Forse perché crediamo che il fundraising sia solo delle “grandi organizzazioni”?
Io credo che il fundraising sia fatto di occasioni che bisogna sapere cogliere: non importa se sei una grande organizzazione o una piccola organizzazione.
Guardati intorno, magari proprio vicino a casa potresti avere l’occasione per iniziare a trovare nuovi donatori e non stai ponendo la giusta attenzione.
Perché il fundraising alla fine è veramente per tutti: non è una scienza o un’arte per pochi. Ma lo è solamente quando ci crediamo e ci impegniamo veramente.
Non hai più scuse!
Il fundraising è davvero per tutti, non hai più scuse per dire che non è possibile fare fundraising nella tua organizzazione.
Vent’anni fa il mondo del fundraising italiano era fatto di pochi consulenti e altrettanto poche società di consulenza, i libri su cui iniziare ad imparare si contavano sulle dita di una mano. Non c’erano conferenze, incontri, master, ma pochi corsi rarefatti.
Ma formarsi costa, ci dirai come ulteriore scusa.
La formazione al fundraising non può essere una scusante rispetto al “non fare fundraising” o farlo poco o male.
Il fundraiser non deve vivere isolato
I fundraiser spesso conducono vite professionali isolate, specialmente in quelle organizzazioni dove sono gli unici fundraiser. Quindi trovarsi con colleghi di altre organizzazioni e imparare nuovi approcci è fondamentale.
Negli Stati Uniti d’America il 90 percento dei bilanci delle organizzazioni nonprofit si attesta sotto i $500,000 e le conferenze sul fundraising sono costose, di solito si avvicinano ai $3,000, comprensivi di tasse di iscrizione, viaggio e alloggio. Gli organizzatori delle conferenze presumono che le organizzazioni nonprofit abbiano almeno un responsabile dello sviluppo e indirizzano la programmazione verso grandi organizzazioni con budget di raccolta fondi consistenti, personale e tempo a disposizione.
Queste barriere economiche permettono alle organizzazioni non profit più ricche di apprendere i metodi più recenti, mentre le organizzazioni più piccole si accontentano di poche sovvenzioni, qualche finanziamento governativo e forse una campagna di raccolta fondi una volta all’anno.
Fortunatamente in Italia, quando fu avviato il Festival del Fundraising, l’obiettivo è sempre stato quello che imparare a fare fundraising non dovrebbe perpetuare le disuguaglianze che molte delle nostre organizzazioni stanno cercando di cancellare, riconoscendo che i fundraiser di molte organizzazioni nonprofit italiane indossano tipicamente diversi “cappelli” e raramente hanno tempo per la formazione.
Per questo, fin dall’inizio, il Festival è stato progettato sia cercando di calmierare le quote di iscrizione, sia includendo argomenti base fino ad argomenti più complessi e specifici, validi anche per grandi organizzazioni nonprofit.
Negli USA i fundraiser hanno una permanenza media nel loro lavoro di 16 mesi: una ragione è che spesso vengono privati di opportunità di sviluppo professionale e hanno poche occasioni di crescita.
I donatori, anche in Italia, devono riconoscere che convincere le persone a donare non dipende da trucchi, mode, app e siti web. Dipende dalla raccolta fondi guidata e progettata da fundraiser professionisti.
Ma a causa di un cronico e storico sottoinvestimento nei programmi di sviluppo e di una mancanza di formazione in metodi efficaci di raccolta fondi, poche organizzazioni sono state in grado di espandere i propri servizi in modi significativi e duraturi.
I leader delle organizzazioni nonprofit devono dare priorità al finanziamento dell’infrastruttura delle organizzazioni non profit, incluso la formazione sulla raccolta fondi. Devono riconoscere che queste organizzazioni diventeranno forti e resilienti solo se hanno la capacità di raccogliere fondi da una vasta gamma di donatori. Un elemento importante di questo sostegno dovrebbe essere aiutare le organizzazioni non profit di piccole e medie dimensioni a partecipare alle conferenze che da tempo hanno contribuito alla crescita dei gruppi più grandi.
Se vogliamo che più persone donino – se l’equità e la giustizia nella filantropia sono un obiettivo genuino – è tempo di esaminare da vicino le pratiche consolidate e cambiare lo status quo. È tempo di aprire opportunità di sviluppo professionale a tutti nel settore.