Da anni osserviamo nei social un copia e incolla spaventoso di contenuti che genera solamente rumore, con notizie e informazioni poco approfondite e molto simili l’una all’altra.
Cosa ci troverà di eccezionale in questi contenuti il tuo pubblico? I tuoi donatori? Poco, molto poco.
Se saremo certi che l’AI non sarà un produttore di contenuti clone allora potrà essere utile al lavoro del fundraising, altrimenti dovrai continuare a lavorare sodo per produrre contenuti “diversi, straordinari e affidabili” (e qui cito la newsletter di Skande che nel 2023 sarà con noi al Festival del Fundraising).
Vorrei concludere questo articolo sull’intelligenza artificiale e il fundraising con le parole di un grande cantante, Nick Cave: alcuni suoi fan gli hanno inviato dei testi di canzoni creati grazie a ChatGpt. Nick non ha apprezzato molto il testo in quanto, seppur ne vede una certa ispirazione, sottolinea come il testo di una canzone viene fuori dalla sofferenza, dalla complessità umana, stati emozionali che un algoritmo non sente. Scrivere richiede la personale umana di ognuno di noi.
Scrive Nick sul suo sito: “Songs arise out of suffering, by which I mean they are predicated upon the complex, internal human struggle of creation and, well, as far as I know, algorithms don’t feel. Data doesn’t suffer.
It requires my humanness.”
Cambierà tutto dunque o non cambierà niente? L’importante è che come fundraiser non perdiamo la nostra parte più umana, vera e sensibile nel fare marketing e promozione a scapito del rapporto con il donatore.