Ma Che Cosa Fa Un Fundraiser
Professione Fundraiser

Ma che cosa fa, in pratica, un fundraiser?

Che cosa fa un fundraiser? I fundraiser sono ormai per la maggioranza specializzati in una o più sfaccettature della loro professione. Ma una cosa non cambia mai, ed è il vero cuore del lavoro del fundraiser: costruire relazioni. Bisogna fare attenzione che le incombenze quotidiane e le esigenze dell’organizzazione non allontanino il fundraiser dalle relazioni con i donatori.

Ognuno sfaccettatura del lavoro del fundraiser è stata ampiamente trattata attraverso libri, convegni, seminari, software e siti web. Questo orientamento su incarichi specifici deriva principalmente dalle modalità pratiche in cui si articola la professione di fundraiser.

Gli incarichi del fundraiser

Il lavoro quotidiano

È possibile schematizzare tali incarichi secondo il seguente elenco.

  • Preparazione dell’organizzazione nonprofit al fundraising, con un piano strategico, uno studio di fattibilità, risorse umane sufficienti, un budget adeguato, una leadership di qualità e capacità di realizzare un piano di marketing e di comunicazioni.
  • Individuazione delle fonti di donazioni o creazione di aspettative fondate sulle donazioni ottenibili da parte dei consiglieri di amministrazione, dei donatori effettivi e dei potenziali donatori (imprese profit, fondazioni e persone fisiche).
  • Valutazione delle tecniche più adeguate per raccogliere fondi mediante: ricerca di grandi donazioni, raccolta annuale per mezzo di mailing, telemarketing e via Internet, donazioni pianificate, donazioni e grant erogati da fondazioni e imprese profit e donazioni ottenute dai “venture philanthropist”.
  • Gestione del processo di fundraising, tra cui redazione di relazioni, amministrazione etica, controllo della spesa, motivazione e valutazione delle prestazioni del personale.
  • Analisi dei risultati del fundraising (quali tecniche hanno prodotto i migliori risultati economici nel minore periodo di tempo nel rispetto del budget) in relazione al soddisfacimento degli obiettivi strategici prefissati.
  • E poi….ripetizione dell’intero processo.

La realizzazione di questi incarichi costituisce il lavoro quotidiano dei fundraiser.

Questi incarichi concorrono al bagaglio di conoscenze che tutti i fundraiser devono avere per rivelarsi produttivi. Rappresentano le fondamenta su cui costruire una carriera, sia come fundraiser “generico”, sia come specialista. Va notato infatti che anche gli specialisti devono conoscere il processo nel suo insieme.

Tuttavia, la concentrazione di questi incarichi può oscurare la motivazione per cui la maggioranza dei fundraiser svolge questa professione.

L’incarico principale: costruire relazioni

La responsabilità di questo offuscamento è da imputare principalmente ai supervisori dell’operato dei fundraiser, in particolar modo al segretario generale. Queste figure  dovrebbero sapere che i fundraiser più efficaci concentrano i propri sforzi sulla costruzione di relazioni con i potenziali donatori nel corso del tempo, talora per periodi molto lunghi.

I fundraiser di successo comprendono che le persone non donano perché lo vedono scritto in un documento che descrive una buona causa (bella e costosa). Le persone donano perché vogliono donare. E perché il fundraiser le aiuta a realizzare ciò che desiderano.

E questo vale sia per Fondazioni o imprese, sia per persone fisiche.  Le fondazioni o le imprese profit offrono addirittura utili linee guida per chiarire i loro interessi in materia di donazioni. Lo stesso vale per le persone fisiche che, pur non mettendo per iscritto delle linee guida, forniscono al fundraiser delle indicazioni per comprendere i propri desideri.

In sintesi: il fundraiser dovrebbe concentrarsi maggiormente sull’offerta (ossia sul donatore), piuttosto che sulla domanda (ossia le esigenze dell’organizzazione nonprofit).

Stringere relazioni per legare i donatori alla causa

Tra i ferri del mestiere del fundraiser non devono mai mancare le tecniche provate e collaudate per intrecciare relazioni interpersonali con i donatori, in risposta alle loro esigenze emotive e ai loro interessi intellettuali.

I donatori vivono in un mondo sempre più ricco di informazioni in cui si instaurano relazioni diverse, e forse più paritarie con le organizzazioni nonprofit.

Le distanze sono state praticamente eliminate dal punto di vista informativo. In passato il fundraising si è affermato attraverso uno spirito comunitario (aiutare chi è vicino a me). Oggi il fundraising sta acquisendo una dimensione sempre più globale, cambiando il concetto stesso di comunità. Al giorno d’oggi, i reperti archeologici sepolti sotto il deserto egiziano, gli aiuti alle vittime dell’uragano in Belize o l’istruzione dei bambini dell’Angola, meritano lo stesso sostegno rispetto alle situazioni geograficamente più vicine a noi.

I donatori sono quindi chiamati a compiere delle scelte. Le scelte solitamente sono determinate da valutazioni e paragoni di ordine razionale che si propongono di rispondere alla domanda: “Qual è, per me come donatore, la strategia che risolverà meglio questo dato problema?”.