Si è parlato molto di raccolta fondi in relazione al Covid-19. Ma qual è il modo per far valere la propria donazione ed essere certi che abbia il massimo impatto possibile?
Far gestire le raccolte fondi a fundraiser professionisti, competenti e preparati. Smettiamo di accusare chi lavora nel nonprofit di fare business e tuteliamo la professionalità del settore.
Mai come ora si parla di raccogliere fondi per il Covid-19
Si parla di dare un contributo in questo momento di emergenza sanitaria: è importante che chi raccoglie fondi sia etico e affidabile.
Quello che emerge dalle tantissime campagne nate in queste settimane è la vitale necessità che a gestirle siano professionisti, con un chiaro obiettivo, sia sulla raccolta che sull’uso che verrà fatto delle donazioni.
La generosità e la fiducia con cui gli italiani stanno rispondendo ai tanti appelli, vanno trattate con rispetto, ricambiate con la massima trasparenza.
Difficile poterlo garantire se chi coordina le operazioni, anche se animato dalle migliori intenzioni, non ha esperienza e competenze in tema di fundraising. Ed è per questo che occorre fare attenzione e non dare il messaggio sbagliato: il nonprofit ha bisogno di professionalità come tutti gli altri settori, proprio per evitare che le raccolte fondi non siano efficaci o, peggio ancora, si rivelino poco trasparenti.
Valerio Melandri, esperto di fundraising, docente universitario e direttore del Master in Fundraising dell’Università di Bologna non ha dubbi:
“È un problema di cultura, dobbiamo capire quanto sia importante affidarsi a dei professionisti. Faccio un esempio molto pratico. Se abbiamo bisogno di un medico, di un avvocato o di un commercialista, a chi preferiamo rivolgerci? All’amico, al vicino, che ha tanta buona volontà e che desidera davvero darci una mano, ma non ha una qualifica e una reale competenza, o a un professionista che sappia muoversi sul campo con esperienza e senza incertezze? Ecco, lo stesso ragionamento dovremmo farlo ogni volta che decidiamo di donare. E smettiamo di accusare chi lavora nel nonprofit di voler fare business o di arricchirsi sulle disgrazie altrui”.
Ben vengano le iniziative di raccolta fondi spontanee: la coesione sociale che si genera davanti a momenti come quello che stiamo vivendo, va incoraggiata e sostenuta. Il desiderio di essere utili che diventa slancio per raccogliere, donare, fare volontariato è sacro. Dobbiamo nutrirlo e difenderlo.
Il bisogno di professionalità e trasparenza
Non si può dimenticare, tuttavia, che chi fa raccolta fondi deve garantire professionalità e trasparenza, soprattutto nelle campagne raccolta fondi Covid-19, come afferma la mission che da 20 anni anima l’attività del Master in Fundraising e dell’Associazione Festival del Fundraising. La scelta è nelle mani dei donatori, quello che devono sempre pretendere sono etica, impatto e affidabilità.
E poi c’è un altro importante tema. Quando pensiamo alla raccolta fondi abbiamo in mente le associazioni e le organizzazioni nonprofit. Ma queste non sono le uniche realtà ad averne bisogno. Pensiamo alla protezione civile e alla sanità che in questo momento sono al centro di campagne di fundraising legate all’emergenza.
Sicuramente sarebbe più opportuna una gestione di raccolta fondi programmata e non basata sull’urgenza, per assicurare a realtà così fondamentali per la nostra società civile di svolgere al meglio il proprio lavoro.