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Donare al nonprofit
La crescita del nonprofit
Nel 2011 l’ISTAT ha fatto il secondo censimento delle istituzioni nonprofit italiane. Ne è risultato che in Italia lavorano più di 300.000 nonprofit -considerando solo quelle attive-. Non solo, in Italia ci sono quasi 5 milioni di volontari e circa 1 milione tra dipendenti e collaboratori. Numeri tutti in crescita – circa del 30% – rispetto all’ultimo censimento del 2001.
Il profilo del donatore
Quanti sono gli italiani che donano? È difficile avere un dato oggettivo, infatti non esistono solo vie ufficiali e tracciabili. Ad esempio, quanto raccolgono le parrocchie con le offerte della domenica? O alle cene solidali, pagate in contanti, delle piccole donazioni?
Una ricerca effettuata da Doxa con Paypal Italia e Rete del Dono, condotta nel 2019, ci dà qualche dato interessante. Il primo è che l’82% degli italiani afferma di avere fatto almeno una donazione nel 2019.
Chi dona continua a preferire il contante (40%) rispetto a altre forme di pagamento. Le donazioni online sono in crescita (22%). Crescono rispetto al 2018 anche i donatori “saltuari” che scelgono di effettuare una donazione in occasioni particolari.
La generosità degli italiani premia le associazioni delle categorie “salute e ricerca” ed “emergenza e protezione civile”
La ricerca ha dedicato anche un focus ai giovani, con interviste rivolte a un pool di donatori e prospect under 40. I giovani donatori non si limitano al dono, ma sono alla ricerca di una relazione più profonda con l’organizzazione selezionata. Donano solo se trovano spazio per dialogo, trasparenza e chiarezza. Ciò conferma che lavorare in un’ottica di fidelizzazione fa la differenza. Chi dona vuole entrare nel merito ed essere coinvolto in prima persona.
Il donatore al centro
E soprattutto non bisogna dimenticarsi chi è al centro del lavoro del fundraiser. Il donatore. Se è vero che i fundraiser devono conoscere i loro donatori, è vero anche il contrario. Anche chi dona può informarsi su come si evolve la cultura del dono attorno a lui. E non solo per le proprie organizzazioni. Conoscere storie virtuose, buone pratiche può essere di ispirazione a molti donatori.
In Italia la cultura del fundraising deve ancora affermarsi. Molto lavoro dipende dai fundraiser e dalla loro capacità di comunicare l’importanza del dono. Ma altrettanto importante (se non forse ancora di più!) è la volontà dei donatori di raccontarsi. In Italia viviamo ancora con il pregiudizio che “la carità si fa in silenzio”. Niente di più sbagliato! Abbiamo bisogno delle testimonianze di chi dona. Possono essere da esempio, aiutare a costruire fiducia sui progetti dell’organizzazione, far capire l’importanza del dono e stimolare altre persone a donare.
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In questo ultimo anno abbiamo vissuto, più o meno tutti, la nuova esperienza dello smartworking. La casa si è trasformata in ufficio, i confini tra pubblico e privato sono diventati ancora più sottili.Anche il modo di fare fundraising è cambiato. Oggi le videocall sono all’ordine del giorno. Non solo con
“Fare sentire bene i donatori”… ecco cosa fa un fundraiser!
Gli studi sull’economia comportamentale (Behavioural Economics) sono ormai sdoganati da anni. A differenza dell’economia tradizionale, che si limita ad analizzare le scelte di acquisto delle persone solo in funzione dell’utilità attesa che ne può derivare, l’economia comportamentale cerca di comprendere i meccanismi (più intimi) che spingono le persone a fare
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Coinvolgere i colleghi
Quando entrate in una nuova ONP il vostro compito è quello di costruire delle relazioni con gli altri vostri colleghi. Se state avviando una start-up fundraising è essenziale che incontriate personalmente, a uno a uno, i colleghi dei vari uffici. Spiegate il vostro ruolo, dite che siete a servizio della ONP, Solo se capiranno la necessità di fare fundraising saranno coinvolti. E per voi è essenziale che lo siano, perché sono gli unici che possono fornirvi le informazioni di cui avete bisogno per impostare la vostra strategia.
Dovere lavorare a stretto contatto con chi si occupa di budget e con l’amministrazione. Quanti soldi servono per realizzare i progetti? E per cosa verranno spesi? Cosa dobbiamo chiedere ai nostri donatori?
E ancora, se chi si occupa di amministrazione non vi informa tempestivamente (quindi giornalmente) sulle donazioni ricevute, come potete organizzare i ringraziamenti in modo tempestivo?
Dovete lavorare con chi realizza i progetti. Che cosa possiamo raccontare ai donatori. Servono storie, testimonianze, esperienze, immagini…quante più informazioni possibile da chi lavora sul campo.
Coinvolgere i volontari
Ricordate che spesso i volontari, dal momento che prestano il loro tempo gratuitamente, sono percepiti da molti potenziali donatori, come fonti autorevoli per parlare dell’organizzazione che rappresentano. Per cui non dimenticate di formarli bene su come presentare i vostri progetti.
Il fundraiser al centro dell’organizzazione
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Paolo Iabichino e la pubblicità per il nonprofit
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Il network
Professione fundraiser
Nonostante il lavoro di coinvolgimento di tutta l’organizzazione continuate a sentirvi soli – e non è così impossibile, dato che il fardello di portare a casa i soldi è sulle vostre spalle- ? Ricordatevi che fate parte di una community che ogni anno si fa sempre più grande. In Italia è ancora grande l’imbarazzo quando in una conversazione dite che fate i fundraiser. “ i Fund…chè?” E fa sorridere che sia più cercata la parola fOUndraising, rispetto al suo corretto Fundraising. Ma ogni anno i fundraiser diventano sempre di più, e più formati, specializzati. Un censimento di un paio di anni fa ci mostra che
dati sul censimento 2018
Per cui coraggio, un passo alla volta stiamo diventando una categoria sempre più compatta.
La formazione
Vi capita a volte di sentirvi persi? La fiscalità cambia di continuo, il confronto con il board sembra sempre tornare al punto di partenza, non fai tempo a pensare a una strategia digitale, che già le carte in tavola sono cambiate. Ogni estate, mentre boccheggi per il caldo, il Natale incombe minaccioso. Sono sensazioni che chiunque lavori nella raccolta fondi ha provato almeno una volta. Per questo la formazione costante e il confronto continuo con i colleghi sono parte interante del nostro lavoro.
Per fortuna oggi i momenti di confronto e formazione sono tanti e i dati su cui basare le analisi delle nostre campagne di fundraising sono ormai una bibliografia consistente e strutturata.
Non ci sono più scuse per rimanere indietro. C’è il master di Forlì, la scuola di Fundraising di Roma, quella per gli enti religiosi. Ogni anno 3 giorni di confronto al festival del fundraising. Assif. I gruppi territoriali. Community online sempre più numerose. Fundraising.it… e per i momenti più disperati c’è anche wineraising!
Fundraiser, non siete soli!
Dimenticati il don Chisciotte solitario, e anche il povero alpinista che parte all’alba con corde e chiodi. Avete un ruolo riconosciuto nella tua organizzazione. Fate parte di una community che si sta allargando. Restate sintonizzato.