Capitolo
01

Fare fundraising

Costruisci (dalle basi) e pianifica la tua strategia di fundraising di successo per la tua organizzazione.

La chiave è una “piramide di conversione”, una campagna strutturata che conduce i tuoi sostenitori a fare una o più azioni da te desiderate, permettendoti inoltre di creare fiducia e fidelizzare la tua community di donatori.

Ci sono tre, e soltanto tre, modi di far crescere il fundraising:

1. Ricercare nuovi donatori;

2. Aumentare la donazione media;

3. Aumentare la frequenza delle donazioni

Ma vediamoli uno per volta.

 

1. Ricercare nuovi donatori

Un nuovo donatore è colui che elargisce per la prima volta un contributo liberale alla tua organizzazione nonprofit. Magari non conosceva la tua organizzazione, ma non appena ne ha sentito parlare di voi, è rimasto immediatamente coinvolto e ha deciso di donare. Oppure era nel database della tua organizzazione nonprofit da 15 anni, ma non aveva mai fatto una donazione.

È del tutto ovvio che occorre trovare più donatori possibili per fare fundraising.

Ma trovare nuovi donatori ha un costo molto elevato ed è quasi sempre un’attività in perdita. Infatti, non tutte le persone che contatterai faranno una donazione, e la probabilità che qualcuno che non lo ha mai fatto prima decida di donare è molto bassa, e se anche decidesse di farlo, quanto raccoglierai difficilmente coprirà i costi che la tua organizzazione ha sostenuto per la ricerca e la richiesta di questo tipo di donazioni.

 

2. Alzare la donazione media

Il secondo modo per raccogliere più fondi è quello di far alzare la donazione media. Che cosa vuol dire? Occorre fare in modo che il donatore che hai acquisito elargisca importi sempre maggiori alla tua organizzazione.

Alzare la donazione media significa fare di tutto perché il donatore sia maggiormente coinvolto con la tua organizzazione e decida di impegnarsi sempre di più per la sua Causa

Dal punto di vista dei costi non è nemmeno paragonabile il costo sostenuto fra chiedere a un NON donatore di donare (ricerca di nuovi donatori) e chiedere a chi HA GIÀ DONATO di donare una seconda volta un po’ di più.

Chiedere una seconda donazione ad un donatore che ha già donato, cioè ad un donatore acquisito, è molto più vantaggioso che cercare nuovi donatori.

Certo, non riuscirai a far alzare l’importo della donazione media a tutti i tuoi donatori. Ma il costo per sollecitarli è decisamente più basso rispetto a quello sostenuto per aumentare il numero di donatori, perché ti rivolgi ad un gruppo ristretto e selezionato. Ecco perché è comunque una operazione più conveniente.

 

3. Alzare la frequenza di dono

Il terzo e ultimo modo per ottenere più fondi è fare di tutto perché il donatore doni più frequentemente.

Questa è la fase che la maggior parte delle organizzazioni nonprofit dimentica. Peccato! Perché questa è una delle fasi di potenziale maggior guadagno. Infatti, i donatori sono meno numerosi e sostieni un costo inferiore per la loro sollecitazione, ma la loro probabilità di dono è più alta nella maggior parte dei casi.

Ricorda: quando i donatori ripetono la donazione con maggiore regolarità sono anche più disposti ad aumentarla.

In sintesi fare fundraising significa aumentare il numero dei donatori, alzare la donazione media di coloro che sono già donatori e prendersi cura di ogni donatore, riuscendo a ottenere che doni con maggiore frequenza.

La crescita del fundraising è esponenziale

La crescita del fundraising è determinata da una formula geometrica, formata da 3 potenti funzioni che riprendono i “3 modi di fare fundraising”.

La formula:

Formula Capitolo1

Non esiste nessun altro modo per crescere e far prosperare il tuo fundraising! Vuoi un esempio? Mettiamo che: 

  • i tuoi donatori attivi (chi ha fatto almeno una donazione negli ultimi 12 mesi) siano 1.500
  • la loro donazione media sia di 30 euro
  • la frequenza media delle donazioni per ciascuno di essi sia 2 (ovvero che donano in media due volte all’anno)

Questa situazione equivale a una raccolta fondi annuale di 90.000 euro (1.500 donatori x 30 euro x 2 volte ogni donatore in media all’anno). Ora se incrementiamo ciascuno dei fattori soltanto del 10%, avremo un ricavo di 119.000 euro (1.650 donatori x 33 euro × 2,2 frequenza), con un aumento complessivo del 33% circa della raccolta annuale! Con solo il 10% di impegno in più su ognuno di questi fattori, si raccolgono quasi 30.000 euro in più! Ma, nella realtà dei fatti, si devono tener presenti altri due fattori molto importanti.

1. La ricerca di nuovi donatori ha un costo relativamente superiore al costo di mantenimento o alla richiesta di un aumento nell’importo donato. Quindi se si aumenta il numero dei donatori, di conseguenza ci si fa carico di maggiori costi di ricerca e di gestione. Diverso sarebbe se si tenesse invariato il numero dei donatori e si contattassero solo i donatori già acquisiti (in parole molto semplici, se ti prendessi cura dei donatori che hai già nel tuo database) chiedendo loro di ripetere e aumentare la donazione. In questo caso, avrai un margine molto più alto perché sosterrai solamente i costi per contattarli.

2. La durata del donatore all’interno di un’organizzazione nel lungo periodo, ovvero l’Attrition Rate o Tasso di Abbandono. Mettitelo subito in testa… i donatori non resteranno con te per sempre! Per qualche motivo alcuni smetteranno di donare. Sta a te fare in modo che il tasso di abbandono sia il più basso possibile, curandoli e tenendoli coinvolti. Ma da dove si inizia per mettere in pratica questa semplice formula? Come ci si può riuscire? Innanzitutto, capendo che:

Fare fundraising non significa solo chiedere soldi, ma riuscire a costruire una relazione con il proprio donatore e coinvolgerlo il più possibile con l’organizzazione!

 

La piramide del donatore

La piramide del donatore mostra in modo chiaro queste dinamiche del fundraising. Rappresenta il coinvolgimento con i tuoi donatori. Nel caso seguente utilizziamo la piramide in riferimento ai tre modi di fare fundraising: trovare nuovi donatori, aumentare la donazione media e aumentare la frequenza di dono.

3modi Fare Fundraising

1° LIVELLO: Nella piramide, il 1° livello (ovvero la base) rappresenta il primo “modo” di chiedere. Al primo livello infatti, con la ricerca di nuovi donatori si cerca di allargare la base della piramide il più possibile. Sia la probabilità, che l’ammontare della donazione (cioè quanto il donatore è disposto a donare), sono in genere molto bassi. I donatori sono poco coinvolti e la donazione è del tipo one- off, cioè “una donazione fatta una volta sola”, e di solito senza continuità.

2° LIVELLO: Al secondo livello trovi le donazioni con un importo più alto. Vuol dire che hai lavorato bene e sei riuscito a coinvolgere di più i donatori alla base della piramide, portandoli ad un livello superiore. Tuttavia, a questa richiesta non tutti i donatori della base hanno risposto. Hai quindi meno donatori, ma quelli che ci sono, sono disponibili a donare di più. Sempre al secondo livello trovi anche i donatori che donano con maggiore frequenza. Non sono molti, ma sono i donatori maggiormente coinvolti con la tua organizzazione. E lo sono grazie al tuo lavoro (quello del fundraiser), che dalla base li ha portati sino al vertice.

Come? Costruendo una relazione stabile e duratura con il donatore.

Perché il fundraising è la creazione di relazioni tra la tua organizzazione e ciascun donatore.

Ti stai chiedendo se “tutti i donatori saliranno fino al vertice?”. Ovviamente no. Scaleranno la piramide solo quelli profondamente coinvolti con la tua organizzazione nonprofit che, benché siano pochi, sono quelli che hanno possibilità e probabilità di dono più alta, ed è quindi ragionevole chiedere loro importi più alti. Ma fai attenzione. Non dimenticare che salendo nella piramide cambia il rapporto con il donatore. Diventa più intenso, più “intimo”. Il donatore diventa parte attiva della tua organizzazione.

Un consiglio? Evita di fare l’errore che purtroppo fanno quasi tutte le organizzazioni, ossia di concentrarti solo sulla base della piramide, la parte più difficile e più inefficiente, in cui ci sono tanti nuovi donatori sì, ma con maggiori costi di gestione. Tienilo bene a mente: alla base, si possono chiedere soltanto importi relativamente bassi, perché al primo contatto è difficile chiedere un importo consistente (sarebbe come chiedere di sposarsi al primo appuntamento… un po’ frettoloso no?!) In questa fascia, la probabilità di dono è molto bassa perché non sai niente dei tuoi contatti che per te al momento sono solo numeri e lettere: non sai chi sono, se hanno già donato ad altre organizzazioni e se hanno disponibilità economiche.

Quindi: poniti come obiettivo quello di scalare la piramide.
Non fermarti alla base.

 

Comunicare non significa fare fundraising

Farsi conoscere, comunicare, non è necessariamente fare fundraising. Quando in un’organizzazione l’intero budget è destinato ad azioni di comunicazione, all’ufficio stampa e al marketing, i risultati di raccolta fondi sono nella maggior parte dei casi molto scadenti.

Perché per raccogliere fondi, bisogna chiederli, non semplicemente comunicare. Non otterrai una donazione solamente perché fai conoscere la tua mission o la comunichi con il marchio più “bello”, ma bensì perché la chiedi.

Se la strategia di comunicazione della tua organizzazione ha lo scopo di fare conoscere meglio l’organizzazione finché la richiesta di fundraising avvenga in un ambiente più pronto, va bene. Ma di certo, il problema della raccolta fondi non è solo legato alla comunicazione del marchio.

Venti anni fa chi si faceva conoscere di più otteneva più donazioni. Oggi chi conosce meglio il proprio donatore ottiene più donazioni.

A volte, per la verità, queste due attività si muovono di pari passo. E quando ciò avviene l’azione comunicativa deve essere intelligente e di supporto al fundraising.

Attento: tappezzare la città di manifesti con la giustificazione che “così i donatori ci conoscono, ci daranno i loro soldi” è uno sbaglio!
Anzi, fai un doppio errore: fare pubblicità per farsi conoscere e pensare di ottenere una donazione in forza della mera comunicazione.
Non funziona così.
Certamente, nella vita di un’organizzazione ci possono essere dei momenti in cui, per una strategia di visibilità, si sceglie di fare più comunicazione. Ma deve essere chiaro che l’ufficio stampa e la promozione del marchio, devono essere pensati in funzione dei “tre modi di fare fundraising” cioè: aumentare il numero di donatori, alzare la donazione media, ottenere donazioni più frequenti.

Le persone non doneranno alla tua organizzazione nonprofit perché ha un alto rating di accountability che certifica che è una buona organizzazione, o perché ha quello o quell’altro bollino blu. Sono elementi che probabilmente hanno una certa utilità, ma decisamente residuale, e talmente fragile che basteranno un paio di commenti negativi su Facebook per spazzare via l’effetto positivo di queste certificazioni. Piuttosto che spendere tempo per ottenere una certificazione in più, fai sì che le persone parlino bene della tua organizzazione. Impegnati a fondo in questa attività, perché il marchio è importante, ma è anche fondamentale che il donatore si fidi di te, della tua organizzazione.

Se vuoi che aumenti la fiducia nella tua organizzazione nonprofit, scrivilo nelle comunicazioni di fundraising. Ricordalo spesso. Fai dire dai tuoi donatori che ci si può fidare della tua organizzazione. Fallo continuamente. Funziona.

E diffida da chi vorrebbe farti credere che il fundraising è un processo composto da due fasi. Nella prima, fai conoscere l’organizzazione nonprofit al donatore, poi, nella seconda, gli chiedi una donazione.

Il fundraising fatto in questa maniera è una colossale perdita di soldi.

Non fai altro che raddoppiare i costi senza ottenere nulla in cambio. La realtà è che le campagne per aumentare la visibilità della tua organizzazione, non portano un aumento misurabile nella raccolta fondi.

Basta pensarci. Una delle cose illogiche del fundraising è che le persone in realtà spesso non hanno mai sentito parlare della tua organizzazione nonprofit prima di rispondere a una richiesta di donazione, eppure se sai chiedere nel modo giusto, donano lo stesso.

Ripetiamolo: aumentare la notorietà è un’operazione in perdita.

La notorietà è un approccio alla raccolta fondi di tipo passivo. Chi non si occupa di fundraising adora questo approccio. Le persone pigre lo amano. I membri del consiglio di amministrazione delle nonprofit che vogliono in qualche modo rimandare i loro doveri di fundraiser lo adorano.

Ma il vero fundraising è proattivo.

In altre parole:

“Mettiti al lavoro. Vai fuori e chiedi!”

 

Il fundraising è un’attività che non si può improvvisare

Il fundraising è un’attività che non si improvvisa. Il punto è che molti pensano che il fundraising sia semplicemente la richiesta esplicita di soldi. Nel grafico che segue proviamo a identificare la differenza di tempo dedicata a ciascuna operazione da una raccolta fondi preparata e da una raccolta fondi improvvisata.

Il Lavoro Del Fundraiser
Prima di tutto il lavoro del fundraiser è suddiviso in tre fasi:
  1. Prima della richiesta: 1° FASE
  2. Durante la richiesta: 2° FASE
  3. Dopo la richiesta: 3° FASE
Nella 1° FASE, quella PRIMA della richiesta, sono incluse le azioni di:
  • progettazione
  • pianificazione
  • ricerca delle opportunità
  • analisi interna dell’organizzazione
  • sviluppo della buona causa
  • analisi del mercato
  • creazione di un network
  • e tanta tanta tanta formazione e preparazione!
Per esempio, in questa fase puoi occuparti di trovare il messaggio giusto da scrivere in una lettera, oppure della segmentazione dei potenziali donatori da sollecitare. È una fase di riflessione, di pianificazione della strategia da seguire, di ricerca delle opportunità, analisi interna dell’organizzazione nonprofit, sviluppo della buona causa, analisi del mercato, creazione di un network. Generalmente richiede molto tempo, a volte anche diversi mesi di lavoro, ma è una fase necessaria. Poi finalmente arriva il momento della sollecitazione. La 2° FASE, quella della RICHIESTA, è spesso breve e intensa. Molte volte lo spazio di pochi minuti. Pensa ad esempio al tuo ultimo evento. Sei mesi o anche un anno di lavoro di preparazione per fare una cena di gala, e poi tutto si compie in due ore! Questa fase comprende ad esempio la lettera, il copy, la richiesta esplicita di donazione, la telefonata, l’evento, i colloqui di persona. Infine, la 3° FASE, quella DOPO la richiesta. Il dopo aver richiesto la donazione, il dopo aver fatto la telefonata, il dopo evento. Molti pensano che a questo punto non rimanga altro da fare che mettersi a sedere ad aspettare che arrivino le donazioni, ma non è così! La raccolta fondi è trovare nuovi donatori, ma è soprattutto coltivare con cura quelli che hai già. In questa fase abbiamo:
  • l’assistenza alla donazione
  • l’allineamento bancario affinché tutto proceda al meglio
  • i ringraziamenti
  • la risistemazione del database
  • la fornitura di informazioni trasparenti a chi ha donato
  • il coinvolgimento
  • l’ideazione di nuovi possibili modi di interagire con il donatore
  • la personalizzazione delle prossime comunicazioni
Il “fundraiser improvvisato” dedica il maggior numero di ore alla parte centrale del lavoro, quella destinata alla mera richiesta di fondi. Pensa che alzandosi presto la mattina e spedendo il maggior numero di lettere possibile, porterà più donazioni all’organizzazione. Ma in questo modo commette due errori basilari. Prima di tutto non progetta e non elabora una strategia. In secondo luogo, non si preoccupa di ringraziare, e non si prende cura del donatore. Il “fundraiser competente” invece cosa fa? È consapevole che la riuscita del suo lavoro non sarà determinata solo dall’esecuzione del materiale, dalla mera richiesta di una donazione, da quella che possiamo considerare la fase centrale del lavoro, perché sa che il successo dipenderà principalmente dalle fasi che precedono e seguiranno la realizzazione della richiesta. Chi pensa che il fundraising sia solo una questione di soldi, e non di relazioni, fa un pessimo servizio al fundraising. Ma anche chi pensa che il problema sia solo quello di creare relazioni senza mai arrivare alla richiesta esplicita di contributo economico (“perché tanto prima o poi doneranno”), non ha ben chiaro cosa è il fundraising.
Fare fundraising non significa SOLO cercare soldi, e nemmeno SOLO costruire delle relazioni.
Il compito del fundraiser (il tuo compito!) è quello di coinvolgere sempre più il donatore nella propria organizzazione e farlo salire sempre più in alto nella piramide, portandolo a donare sempre di più e con maggiore frequenza. Ma c’è un modo per far sì che il donatore scali la piramide? Sì assolutamente!
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Guida Fundraising Capitolo 2

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