Le 38 Scuse Più Comuni Del Nonprofit
Trend del Terzo Settore

Le 38 scuse più comuni del nonprofit

Quali sono le scuse che tutti i giorni senti rimuginare nella tua organizzazione? Noi ne abbiamo raccolte 38. TRENTOTTO, mitiche scuse. Qualcuna è più ricorrente, qualcuna meno, ma tutte condividono uno stesso destino: rallentare o addirittura impedire la crescita di un’organizzazione. Magari proprio della tua organizzazione. 
E tu? Sei pronto a lasciar perdere le scuse

Cambiamento vs comfort zone

Si parla tanto di cambiamento, apertura al cambiamento, propensione al cambiamento, innovazione, transizione ecc. Ma siamo sinceri, il cambiamento ci mette alla prova, ci fa paura. Nella nostra comfort zone siamo protetti, sicuri. Per uscirne ci vuole una certa dose di coraggio e forza di volontà. 

Pensa a quando sei tranquillo, nel tepore della tua comfort zone, in relax con copertina e tisana e bussano alla porta. “Chi sarà a quest’ora? Di sicuro quel rompiscatole del Cambiamento.” Ed ecco che sbuca il manuale delle scuse. Ne abbiamo una pronta per ogni occasione, per rimandare il momento in cui dovremo lasciare la comfort zone.

Seguendo questo ragionamento, il mondo del nonprofit non fa eccezione, anzi. Il mettersi in discussione e uscire da schemi e idee ormai vetuste, dovrebbe essere un’esigenza quasi fisiologica, soprattutto per il fundraising. Purtroppo però il manuale di scuse è sempre pronto.

Abbiamo raccolto le 38 scuse più comuni del nonprofit. Sicuramente ti ci sarai trovato faccia a faccia anche tu! Molte di queste le avrai già sentite e risentite. Quali sono quelle più ricorrenti? I mantra della tua organizzazione? Il mondo che ci aspetta sarà sempre più instabile e tante cose non torneranno come prima. C’è bisogno di cambiare le cose e dare una scossa al nonprofit. Paura o opportunità? Dipenderà solo da noi!

Scuse Più Comuni Nel Nonprofit

Una scossa al nonprofit: basta con le scuse

E tu? Ti vuoi limitare a fare quello che hai sempre fatto o vuoi stravolgere il tuo modo di agire?
Partiamo dai nostri leader, persone illuminate a capo delle organizzazioni nonprofit.
Partiamo da noi fundraiser, da come immaginiamo il nostro ruolo.
Partiamo dai nostri consiglieri di amministrazione, persone appassionate che dicano tempo e risorse per una causa in cui credono. Sappiamo aprire le loro menti?

Un nuovo modo di lavorare

Lavorare nel nonprofit è bello, ma quanto potrebbe essere più bello se…

  • Non ci fosse discriminazione di stipendi con il profit;
  • si potesse investire per avere i migliori talenti sul mercato e per incentivarli a fare al meglio il loro lavoro;
  • si potessero misurare i risultati nel lungo termine. E non “se dopo  6 mesi non ho risultati stratosferici, allora interrompo”, per ottenere un risultato, occorre guardare al futuro, ai prossimi 2/3 anni;
  • se fosse contemplata la possibilità di rischiare. Magari sbagliare, fallire, ma provare a fare qualcosa di diverso dal ‘si è sempre fatto così’;
  • se la digital trasformation non fosse solo una questione di tecnologia (2 pc ultima generazione, l’essere sui social) ma soprattutto di pensiero, di visione;
  • se ci si potesse raccontare diversamente. Se fosse pensabile una nuova narrazione, della propria causa. Senza termini complicati, burocratici, incomprensibili ai non addetti ai lavori;
  • se si potesse incentivare chi raggiunge al meglio i suoi obiettivi, chi porta un miglior risultato finale. Che poi ricordiamoci, gli obiettivi finali di una organizzazione nonprofit sono risolvere più problemi del mondo, alleviare maggiori sofferenze e in modo più efficace.
Tempo scaduto! Non hai più scuse!
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