Tecniche di Fundraising

Come una nonprofit cambia il suo logo – Il caso CBM

Roberto Vignola è il protagonista dell’intervista odierna e ci aiuta nel comprendere meglio il processo di aggiornamento e cambiamento di un logo di una organizzazione nonprofit.

Africanista per passione e formazione universitaria, laureato in Scienze Politiche presso “L’Orientale” di Napoli, ha cominciato a occuparmi di raccolta fondi e comunicazione nel 1999 con l’ONG N:EA (Napoli Europa Africa). Dopo un Master in Management delle Aziende non Profit presso la SDA Bocconi, lavora all’Ufficio Comunicazione e Raccolta Fondi di cbm Italia dal 2004. Attualmente è Responsabile Web Marketing and Legacies di Cbm Italiaed è membro di un team of competence di Cbm International per lo sviluppo del Fundraising on line.

Francesco: Perchè un nuovo logo?

Roberto: L’occasione per procedere a un rebranding di cbm Italia e cbm International, in generale, è stato il centenario delle attività nella lotta alla cecità evitabile e alla disabilità nei Paesi in via di Sviluppo del network internazionale di cbm ( ex Christian Blind Mission). Questa organizzazione è nata nel 1908 per opera di un pastore protestante, padre Jacob Christoffel, che ha fondato la prima casa di assistenza per persone non vedenti in Turchia. Nel corso degli anni, cbm si è strutturata ed è cresciuta notevolmente portando la propria professionalità in oltre 110 Paesi del Sud del mondo.

L’esperienza maturata sul campo ha portato cbm ad aiutare non solo le persone affette da handicap visivi, ma anche persone affette da altri tipi di disabilità. Spesso, infatti, le persone affette da disabilità fisiche o mentali hanno, anche seri problemi alla vista e cbm era l’unica organizzazione medica presente nell’arco di centinaia di km. In pratica negli anni la mission originaria, con un focus unico sulla cecità, si è allargata ad altri tipi di disabilità. Lo split dell’acronimo CBM – Christian Blind Mission (Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo) non era più completamente aderente alla mission. Sebbene l’attività della nostra organizzazione sia ancora concentrata in prevalenza sulla disabilità visiva, continuare a chiamarci Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo non ci sembrava trasparente nei confronti dei nostri donatori e degli stakeholder in generale. Per questo abbiamo scelto di chiamarci semplicemente cbm, rendendo centrale il nome dell’associazione e onorando la storia centenaria del nostro padre fondatore.

Francesco: Come CBM è arrivata alla fase di aggiornamento del proprio logo (immagino sia stato a livello internazionale)?

Roberto: Il centenario, come dicevo, è stata l’occasione per procedere a un rebranding. Prima del lancio, abbiamo fatto dei focus group con i donatori delle nostre 10 sedi nazionali. Abbiamo vagliato diverse ipotesi. L’obiettivo era mantenere la nostra connotazione di organizzazione di ispirazione cristiana, laica nell’operare quotidiano, proiettata verso il futuro e verso le nuove generazioni.

Francesco: Cosa comunica di diverso il nuovo logo ai donatori?

Roberto: Abbiamo cercato un modo per sottolineare l’unità della famiglia internazionale, la nostra fiducia nei partner, nelle organizzazioni con cui collaboriamo, il riconoscimento dei nostri sostenitori come parte essenziale della nostra famiglia, senza la quale la nostra opera non potrebbe andare avanti. Non potevamo che scegliere una frase nuova che racchiudesse tutto ciò: “insieme per fare di più”. Insieme per fare di più sottolinea la voglia e la necessità di cbm di fare sempre di più e meglio per combattere qualsiasi forma di disabilità.

Il nuovo logo cambia anche colore: abbandona il tradizionale verde adottando il rosso ed il giallo. Colori che sottolineano la necessità di intervenire tempestivamente nelle emergenze e nei luoghi più lontani del pianeta, ma anche colori che trasmettono la speranza di debellare le forme di disabilità prevenibili e curabili.

Francesco: quanto è importante il logo per una organizzazione nonprofit? Comunica solamente una immagine o anche dei valori?

Roberto: Il logo è importante per le organizzazioni non profit quanto lo è per qualsiasi altra azienda. Basta pensare alla E di Emergency e alla riconoscibilità di questo brand che è arrivato a far moda e tendenza con i gadget per i più e i meno giovani.

Una forte brand awareness e una buona penetrazione del marchio creano accountability e facilitano qualsiasi attività di raccolta fondi, siano esse rivolte ai privati (dal Direct al web Marketing passando per il face to face) o alle aziende (corporate fundraising).

Sicuramente un brand non profit deve contenere dei valori, evocare immediatamente la mission dell’organizzazione, provocare una forte richiamo ad agire (call to action).

Nel caso del nuovo brand di cbm Italia, abbiamo puntato su un restyling del vecchio occhio senza abbandonare la croce in esso contenuta, proiettando questi simboli verso il futuro. Il centenario sarà l’anno giusto per lavorare su campagne di diffusione del nuovo brand.

Francesco: Ci sono state reazioni dei donatori all’aggiornamento del logo? Gli è stato comunicato?

Roberto: Le reazioni dei donatori a cui è stato comunicato l’aggiornamento del logo a partire da ottobre 2007 sono state positive, oltre ogni nostra timorosa aspettativa. Manterremo il vecchio logo in affiancamento al nuovo per tutto il 2008, stressando sempre il concetto del rebranding nelle nostre comunicazioni e legandolo a tutte le attività del centenario. Da fundraiser, devo dire che le reazioni sul fronte degli strumenti di raccolta fondi più moderni come il web e il viral marketing sono estremamente positive e il logo nuovo ha dato nuova forza e impulso a tali attività.