Francesco – Da quanti anni lavori nel fundraising?
Livia – Per la Fondazione Teatro delle Muse da circa due anni, ma ho cominciato con i primi corsi nel 2002, a Bertinoro.
Francesco – Perchè sei entrata in questa professione?
Livia – La verità? E’ originale e mi richiede di essere versatile e sempre curiosa. Inoltre, rappresenta la quadratura del cerchio: coniuga il forte desiderio di sentirmi utile con la creatività, la strategia, l’empatia e la comunicazione a tutti i livelli.
Francesco – Secondo te quale è stato il più grande cambiamento nella professione di fundraiser da quanto hai iniziato la tua carriera?
Livia – Ho cominciato davvero da poco tempo, ma qualche considerazione potrei già farla. Vedo oggi una maggiore auto-consapevolezza dei fundraiser, come figure professionali ben definite. Annoto con grandissima gioia l’aumento del personale e dei volontari coinvolti nelle attività di raccolta fondi e soprattutto delle occasioni in cui si sente parlare di fund raising. Quando ho cominiciato a studiarlo, quasi nessuno – in Italia – l’aveva praticamente sentito pronunciare! Adesso, mentre scrivo queste risposte, il treno mi sta portando al primo Festival del Fund Raising, a Castrocaro! MeravigliosoÂ…
Ciò non toglie che la strada verso la diffusione effettiva della cosiddetta cultura del fund raising sia ancora molto lunga, soprattutto nel nostro Paese.
Francesco – Qual è la tua preoccupazione riguardo la professione di fundraiser?
Livia – Come persona, prima ancora che come fundraiser, mi preoccupa la diffusione di questo senso d’insicurezza e di paura nel tessuto sociale, accompagnato da un forte individualismo e dal riaffermarsi della violenza.
Semplicemente mi chiedo se tali presupposti non possano erodere un po’ alla volta il senso di solidarietà sociale e il desiderio genuino di aprirsi all’altro: due caratteristiche che secondo me sono il terreno fertile del fund raising.
Bisognerà darsi da fare!
Come professionista (“in erba”, lo ripeto), temo invece che la confusione che ancora circonda l’ambito e la definizione stessa di raccolta fondi, possa agevolare la diffusione di figure scarsamente preparate, che gettino un’ombra sull’operato silenzioso, incredibilmente trasparente e corretto di molti veri professionisti.
Francesco – Secondo te i donatori sono differenti oggi rispetto a quando hai iniziato la tua professione?
Livia – Sono più “poveri” e di conseguenza più oculati nella gestione della donazione, anche quando si tratta di piccoli importi. Un numero sempre maggiore di donatori sa, ad esempio, di dover pretendere la trasparenza dall’onp. Un bell’incentivo a migliorarsi per tutti!
Francesco – Cosa vorresti fare meglio di quello che fai ora?
Livia – Avrei voglia di rispondere “tutto!”. Sento di dover crescere ancora molto.
Vorrei trovare soprattutto il tempo di continuare l’aggiornamento in modo costante, di dedicarmi allo studio vero e proprio.
Vorrei inoltre dare più spazio all’analisi strategica, piuttosto che perdermi in mille aspetti pratici.
Iniziative formative e allo stesso tempo volte all’ampliamento della nostra rete di relazioni sociali e professionali, come quella del Festival del FR, sicuramente aiutano in questo senso !
Francesco – Qual è stato il commento più strano o sorprendente che ti ha fatto un donatore?
Livia – Questo teatro (il Teatro delle Muse di Ancona) bisogna amarlo e sostenerlo, con le parole e con i fatti, signorina! Senza cultura non abbiamo identità e non abbiamo futuro.
Francesco – Qual è il tuo motto?
Livia – Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce.
Francesco – Che cosa avresti voluto sapere quanto eri agli inizia della tua carriera e ti sarebbe servito?
Livia – Sono agli inizi della carriera e posso riportare soltanto il punto di vista di un fundraiser interno all’onp.
Avrei voluto capire molto prima che, senza il coinvolgimento dei vertici, del C.d.A. e degli amministratori di un’associazione, l’efficacia di ogni attività intrapresa per il reperimento fondi viene estremamente ridotta, quando non del tutto annullata.
La preparazione, l’aggiornamento costante, la motivazione e la passione del professionista non possono bastare se tutta l’onp non crede nelle proprie potenzialità e soprattutto nel fund raising; se non applica determinati principi in tutto il proprio operato (ma proprio tutto!).
Francesco – Qual è la tua qualità migliore e come ti ha aiutato nella carriera?
Livia – La versatilità e la rapidità con cui riesco a passare da un’attività all’altra, ma anche la facilità con cui riesco ad intessere una relazione aperta e sincera con gli altri, con gli sconosciuti.
A volte, ho dovuto ricorrere anche alla mia “incoscienza”: come dire “adesso basta, spegni il cervello e buttati”.
Francesco – Se tu potessi ricominciare la tua carriera, che cosa faresti di differente?
Livia – Se avessi potuto, mi sarei immediatamente iscritta al Master in Fund Raising di Forlì (ma non è escluso che non lo faccia). Poi avrei effettuato diversi stage o collaborazioni in realtà diverse da quella in cui opero, giusto per appagare la mia sete di curiosità. Tuttavia, avrei sempre voluto approdare al Teatro, questa grande passioneÂ…
Francesco – Che cosa desideri fare in futuro nella tua professione che non hai ancora fatto?
Livia – Be’, riallacciandomi alla domanda precedente, direi più stage e collaborazioni in altre realtà che operano anche nel sociale, oltre che nella cultura, e – di certo – un periodo di lavoro all’estero.
Francesco – Chi o che cosa ti ha influenzato di più nella tua vita?
Livia – I miei genitori e i miei nonni: onesti lavoratori, instancabili, sempre col sorriso sulle labbra, sempre ottimisti e fiduciosi nel genere umano.
Francesco – Che cosa ti fa stare sveglio la notte?
Livia – Mi scervello per individuare nuove modalità per attirare o fidelizzare le aziende e per comunicare meglio ciò che faccio all’interno dell’onp, oltre che all’esterno.
Francesco – Qual è la tua figura storica preferita?
Livia – Il Mahatma Gandhi. La potenza del suo messaggio e la novità rappresentata dal suo metodo completamente pacifico non sono ancora stati eguagliate.
Francesco – Descrivi il tuo giorno perfetto o preferito
Livia – So di rispondere con una banalità, ma il mio giorno perfetto è quello in cui mi sento veramente utile a qualcuno/qualcosa.
Potrebbe bastare aiutare mia madre a preparare una torta o chiacchierare dalla finestra con la mia vicina di casa, anziana e spesso sola.
Se poi quel giorno si concretizza anche una sponsorizzazione importante e la sera va in scena un’opera liricaÂ… allora sono proprio in paradiso!!