Professione Fundraiser

Intervista a Paolo Ferrara

intervista_Paolo Ferrara

Questo mese abbiamo deciso di dedicare la rubrica “Intervista a un fundraiser” a Paolo Ferrara, Responsabile fundraising e comunicazione di Terre des Hommes (http://www.terredeshommes.it/)

Simona: Da quanti anni lavori nel fundraising?

Paolo: Dal 1998

Simona: Qual è il tuo ruolo e di cosa ti occupi esattamente?

Paolo: Oggi sono il responsabile raccolta fondi e comunicazione di Terre des Hommes. Mi occupo delle strategie, della pianificazione, del coordinamento delle risorse e, ovviamente visto che siamo una media organizzazione, di seguire in prima persona l’ideazione e implementazione di alcune campagne di comunicazione e raccolta fondi.

Simona: Cosa ti ha spinto a svolgere questa professione?

Paolo: Da studente universitario ho avvicinato il mondo del volontariato, specialmente quello legato all’aiuto ai paesi in via di sviluppo. Dopo la laurea e iniziata la carriera universitaria (e arrivate le prime offerte di lavoro nel profit), mi sono reso conto che mi sarebbe piaciuto dedicarmi a quel mondo (che allora in pochi chiamavano non-profit o terzo settore). E’ a quel punto che ho avuto l’opportunità di frequentare il Master in economia e gestione del non-profit della Bocconi e, da quel momento, con una brevissima parentesi in un’agenzia di comunicazione e un passaggio nel mondo dell’arte contemporanea (ma comunque non-profit), questo è sempre stato il mio mondo.

Simona: Due aggettivi che descrivono la situazione attuale del fundraising in Italia.

Paolo: Sospesa e mobile, nel senso che secondo me stiamo attraversando degli anni di transizione dove, a parte alcune eccezioni, sono pochi i modelli vincenti che emergono. Però ci sono tantissime cose che si muovono sotto la cenere e di qui a qualche anno credo (e spero) che il settore subirà cambiamenti importanti (anche se oggi sono poco visibili).

Simona: Di cosa si occupa la tua organizzazione?

Paolo: Ci occupiamo della difesa e promozione dei diritti dei bambini. Ho quasi sempre lavorato per organizzazioni o su campagne che mettevano al centro i bambini e negli anni credo di essere diventato un professionista del marketing e della comunicazione con una buona conoscenza dei temi e dei bisogni legati all’infanzia.

Simona: Parlaci di una campagna o di un progetto a cui stai lavorando in questo momento.

Paolo: In questo momento stiamo lavorando davvero a tantissime cose e sarebbe difficile focalizzarmi su un solo progetto. Ti dirò solo che stiamo operando diversi cambiamenti: dalla strategia di contatto con le aziende, alla nostra presenza sul web, all’organizzazione degli eventi fino all’affinamento del posizionamento di brand e di prodotto. Ovviamente tutto questo è il frutto del lavoro di squadra e in questo momento credo di avere una squadra fantastica, competente, motivata e curiosaÂ… oltre che molto molto paziente.

Simona: Quali sono i principali ostacoli che affronti quotidianamente nell’attività di fundraising?

Paolo: Di sicuro in Italia ci sono alcuni fattori esogeni che condizionano le attività di fundraising e, direi, quelle dell’intero terzo settore. Per formazione personale però preferisco pensare a quello su cui io, la mia squadra e la mia organizzazione possono migliorare. E credo che su questo dobbiamo fare ancora molto lavoro per diventare una “macchina da fundraising”, un processo che deve coinvolgere tutti i livelli dell’organizzazione, tutti i suoi dipartimenti e tutta la cultura organizzativa per essere davvero vincente.

Simona: Se avessi una bacchetta magica cosa cambieresti nel tuo lavoro? E nel nonprofit?

Paolo: Troppo facile con la bacchetta magica! Provo a cambiare anche senza, è più impegnativo ma anche più divertenteÂ… In ogni caso credo che il nostro lavoro debba conquistarsi una legittimazione strategica, permeando a tutti i livelli le organizzazioni. Fundraising non può significare solo mera raccolta fondi, ma sempre di più deve significare sostenibilità, efficienza, visione strategica, governance, ma anche cultura del rispetto del beneficiario, dei volontari e dei donatori.

Simona: Cosa avresti voluto sapere agli inizi della carriera che oggi ti sarebbe servito?

Paolo: Avrei voluto avere a disposizione il Festival del fundraising di Castrocaro e avrei voluto capire prima l’importanza della relazione con i colleghi: è dallo scambio con gli altri che si impara di più e, soprattutto, per tutta la vita.

Simona: Qual è la tua qualità migliore e come ti ha aiutato nella carriera?

Paolo: Domanda come sempre difficile e imbarazzante, ma dovendo rispondere direi la tenacia. Anche nei momenti in cui avrei volentieri mandato a quel paese l’intero settore non ho mai smesso di studiare, curiosare, discutere, confrontarmi e, se necessario, ripartire rimettendomi in gioco.

Simona: Chi o che cosa ti ha influenzato di più nella vita?

Paolo: Qui mi sfidi a duello e sarei tentato di rispondere con un breve romanzo autobiograficoÂ… ma fortunatamente ho anche un innato senso del pudore e mi limito alla sfera meramente professionale: la lettura di un libro, di Ken Burnett. Ha qualche anno, ma rimane sempre l’approccio vincente alla raccolta fondi.

Simona: Descrivici il tuo giorno “perfetto”.

Paolo: Il mio giorno “perfetto” oggi è un giorno con mio figlio e la mia compagna, in vacanza in mezzo al verde a due passi da un fiume, un lago o dal mio amato mare con nello zaino almeno un libro da leggere, e degli amici con cui passare la serata in allegriaÂ… (magari dimenticando per qualche ora ipad, iphone, ipod e icosi vari).