La tua organizzazione ogni giorno riceve e fa telefonate. Ma chi deve rispondere al telefono? Personale interno alla tua organizzazione o esterno?
Sta a te deciderlo, in base anche alle risorse della tua organizzazione, se effettuare l’attività di telemarketing in proprio o in outsourcing, ossia mediante l’affidamento del servizio ad un contact center. Ognuna delle due opzioni presenta vantaggi e svantaggi.
Fare telemarketing in proprio
Il telemarketing interno è quello effettuato dal personale della tua organizzazione nonprofit, sia esso retribuito che volontario. Presenta sia vantaggi che svantaggi. Vediamoli brevemente.
Vantaggi:
- l’organizzazione ha il controllo diretto dell’attività;
- l’organizzazione ha una stretta relazione con i donatori;
- è maggiormente garantita l’esclusività del patrimonio informativo relativo ai donatori;
- il flusso di dati informativi avviene con tempestività;
l’identificazione degli operatori con l’azienda/causa è facilitata; - è più facile motivare gli operatori e creare lo spirito di squadra;
- i responsabili del team o del servizio possono intervenire rapidamente per risolvere problematiche sorte con i donatori;
- l’azienda si crea e/o perfeziona un suo specifico know how;
- è possibile attuare con tempestività eventuali interventi correttivi.
Svantaggi:
- l’organizzazione deve costituire una struttura apposita che comporta dei costi iniziali;
- è necessario reclutare, selezionare e formare gli operatori;
- la gestione dell’attività comporta dei costi fissi;
- la struttura in proprio è poco flessibile al variare dell’intensità dell’attività;
- spesso mancano degli strumenti hardware e software ad hoc per l’attività.
Lavorando in proprio hai l’opportunità di far entrare il donatore, con l’abbraccio della tua voce, nel tuo ufficio e nella tua quotidianità di aiuto ai beneficiari, puoi cioè essere un ponte, tramite i tuoi racconti e aggiornamenti, tra donatore e beneficiario.
Puoi dirgli il tuo nome e cognome e integrare una presentazione telefonica dell’organizzazione con un’email che gli invii subito dopo dal tuo indirizzo preciso (con nome e cognome appunto), trasmettendo trasparenza e affidabilità.
Ci sono anche quei donatori o potenziali tali che successivamente ti cercheranno sui social.
Inoltre, difficilmente gli operatori di un’agenzia esterna, che per definizione devono “macinare” contatti e contatti utili, possono soffermarsi sulla relazione pura con la persona che sta dietro il donatore: lo si può notare spesso quando si fa affiancamento, ascoltando alcune chiamate.
Per forza di cose gli operatori vanno dritti all’obiettivo (la raccolta), mentre tu dal tuo ufficio puoi ascoltare più approfonditamente, ad esempio, il donatore ultraottantenne che racconta della sua vita emozionante, seguirlo e apprezzarlo per quel che ti dice, come può fare per la signora sessantenne, pensionata, con figli già grandi e impegnati e sempre a casa perché con limiti fisici, cui puoi regalare quell’ascolto e considerazione che poi a volte si traduce, naturalmente e spontaneamente, nel bonifico di 100 euro o più.
Soffermarsi sulla persona e su quello che vi può raccontare allena inoltre la tua capacità di ascolto e di interazione con i donatori.
Telemarketing in outsourcing
L’alternativa all’utilizzo del proprio personale interno è quella di dare in appalto l’attività di telemarketing ad una agenzia esterna. Anche in questo caso ci sono sia vantaggi che svantaggi che vanno valutati attentamente in base ai risultati che vuoi ottenere e al budget disponibile.
Vantaggi:
- nessun costo di investimento iniziale;
i costi di gestione sono variabili (sicuro che sia un vantaggio?); - i sistemi hardware e software solitamente sono evoluti e testati;
- il know how nel telemarketing è consolidato;
- flessibilità al variare dell’intensità dell’attività.
Svantaggi:
- viene meno il controllo diretto dell’attività e il contatto diretto con i donatori;
- la motivazione e l’identificazione degli operatori con l’organizzazione/causa è minore;
- è necessario prevedere un’attività di controllo;
- il flusso dei dati informativi di solito non è immediato;
- occorre maggior tempo per mettere in atto eventuali azioni correttive;
- il donatore può percepire la “spersonalizzazione” del rapporto e reagire in modo negativo.
Quando i numeri delle persone da contattare superano una certa soglia, affidarsi a un’agenzia, possibilmente già attiva nel non profit con altre organizzazioni, può essere utile, a patto però che riesci a far trasmettere, attraverso la formazione con loro, i toni e l’approccio ideali per la tua organizzazione e la tua causa, tenendo però sempre presente il limite a livello di relazione con il donatore.
Su questo limite puoi agire ad esempio intervenendo, con telemarketing in proprio, sui contatti utili più promettenti – ma non ancora donanti – di una tua campagna gestita dall’agenzia, qualche mese dopo il contatto telefonico del donatore o potenziale con l’operatore.
Puoi chiamare per “ringraziarla ancora per l’interesse e per presentarle con ancora più dettagli l’aiuto che diamo a …”.
In questo modo l’outsourcing è servito, oltre che per la raccolta, come filtro per la qualificazione, cui seguirà la coltivazione non solo telefonica.
Quale outsourcing scegliere?
La scelta dipende da come è strutturata la tua organizzazione. Posso darti, però, qualche suggerimento.
Se l’organizzazione durante l’anno usa con continuità questo strumento, forse è opportuno che si doti di una struttura interna. In questo caso darai in outsourcing solo eventuali picchi di lavoro.
Se invece l’ organizzazione svolge campagne periodiche di raccolta fondi che però non coprono tutto l’arco temporale di un anno, può essere più conveniente rivolgersi ad un servizio esterno.
Se decidi di delegare all’esterno questa attività, è necessario che la scelta del contact center sia molto oculata.
Non scegliere solo in base al costo, ma prendi in esame anche questi fattori:
- tecnologia (hardware e software) e risorse umane impiegate nell’attività;
potenzialità operativa; - metodologie di reclutamento, formazione e controllo degli operatori;
- tipo di contratto di lavoro, esistenza o meno di incentivi e relative modalità di calcolo;
- esistenza o meno di programmi di formazione continua o di coaching;
sistema di controllo; - esistenza di un codice deontologico o di disposizioni scritte;
- percentuale di turn over del personale (in alcuni contact center è molto elevata);
- modalità di trasmissione dei dati;
- l’interfaccia con l’organizzazione;
- esperienza nel settore e indici di performance, supportati da referenze significative di altri clienti
Visita la sede del contact center per esaminare l’ambiente di lavoro (affollamento, illuminazione, ergonomia delle postazioni ecc.) e percepite l’atmosfera del lavoro. Infine, non dimenticate di monitorare e controllare con regolarità l’attività del call center per tutto il periodo di attività.
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