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Come un buon feedback può migliorare la tua raccolta fondi

Si può generare profitto strutturando un buon sistema di feedback interno ad un’azienda? E nel nonprofit è utile capire come darsi feedback tra colleghi al fine di perfezionare un’attività di raccolta fondi e renderla una campagna di raccolta fondi di successo?

Alcuni anni fa Edwin Catmull, il co-fondatore della Pixar, azienda nota per produrre film e cartoni animati di enorme successo, scrisse nella sua autobiografia Creativity Inc. che l’attività più difficile da svolgere all’interno di un’azienda è quella che porta dall’idea iniziale al prodotto finale.

Per sviluppare una idea, come un progetto di raccolta fondi non basta il talento e la competenza dei singoli dipendenti coinvolti ma serve un processo che richiede tanto tempo e tanto lavoro al centro del quale va messa la creazione di un processo chiaro e condiviso per darsi feedback tra colleghi.

In molti luoghi di lavoro il feedback è un’attività informale, un esercizio che alcuni colleghi fanno perchè più portati o più formati sull’argomento e che altri non vogliono fare per timidezza o perchè ritengono già sufficiente il loro apporto al lavoro di squadra.

Nel nonprofit e nel fundraising, dove a volte si vive al confine tra dipendente professionalità e volontariato professionale è ancor di più importante creare una modalità condivisa per dare e ricevere feedback al fine di sviluppare al meglio idee e progetti legati alla raccolta fondi.

Ogni idea nasce da una brutta idea

Nei film e nelle storie romanzate che trovi sicuramente anche tu su Linkedin sembra sempre che le grandi idee nascano da ispirazioni sublimi che arrivano a imprenditori geniali: Catmull sostiene invece che le buone idee nascono inizialmente come “ugly baby” dunque come brutte idee, incomplete, criticabili, imbarazzanti.

L’errore sta nel classificare una idea allo stadio embrionale come se fosse di per sè già il prootto finale, sbagliando inoltre nel compararla con progetti già finiti, di successo, magari i migliori del settore.

Quello che bisogna fare è saper riconoscere il potenziale che c’è nell’idea e anche i lati negativi, le carenze su cui lavorare.

Catmull riporta anche degli esempi reali dell’azienda da lui creata, la Pixar: cartoni di enorme successo come Toy story o Nemo non sono nati da idee geniali che contenevano già la storia così come le vediamo sullo schermo: erano idee imperfette che magari i team di lavoro volevano mettere da parte fin dallo stadio iniziale ma che grazie al processo di feedback tra colleghi hanno raggiunto la notorietà che noi tutti oggi gli diamo.

Il lavoro che come fundraiser possiamo fare è di proteggere le idee quando sono nello stadio iniziale, evitando che siano i giudizi ad interrompre troppo presto il processo creativo.
E’ esattamente qui che entra in gioco il potere del feedback.

Il feedback richiede trasparenza, fiducia, empatia

Quando siamo all’interno di un team di lavoro è facile giudicare velocemente l’idea di un altro collega, ci possono essere tantissimi fattori: invidia perchè la sua idea è migliore della tua oppure la ricerca dell’apparire migliore del collega agli occhi del responsabile.

Uno degli aspetti da coltivare di più in un ufficio di raccolta fondi è la capacità di darsi e darci dei feedback onesti sulle idee che vengono fuori dalle riunioni o da scambi di battute con i colleghi.

Questo richiede una fiducia nell’altro: una idea infatti si porta dietro con sè anche la persona che ha sviluppato tale idea. E’ facile durante una riunione stroncare un’idea sul nascere con affermazioni come “non funziona” oppure “non mi piace”..sono feedback che non portano a nulla anzi fermano il processo creativo generando incomprensioni con gli altri colleghi.

I feedback non sono semplici opinioni personali nè devono nascere da obiezioni indirette sulla persona che ha espresso quell’idea.

Il miglior modo per dare dei feedback ai propri colleghi in un ufficio di raccolta fondi è di trattatare ogni idea, anche quella dei colleghi, come fosse la propria idea.

Un progetto creativo può raggiungere il suo massimo potenziale solamente se tutti lavorano per il successo di quella specifica idea. E se stiamo parlando di raccolta fondi sappiamo sicuramente che non è solamente un processo contabile (devo raggiungere quel livello di donazioni) ma è anche un progetto comunicativo, grafico dove la componente creativa si può e si deve esprimere ai massimi livelli.

Cosa fare quando il feedback non funziona

Quando Catmull si dovette occupare di far tornare gli studi Disney ai fasti del passasto si rese conto che il sistema di feedback interno a quell’azienda era totalmente inefficace. Chi dirigeva il proccesso creativo riceveva da ogni componente del team tre suggerimenti che erano però vincolanti e spesso anche in conflitto tra di loro rendendo di fatto impossibile lo sviluppo di idee e progetti di successo.

In pratica era chiaro che il personale non era stato formato adeguatamente a dare un feedback efficace.

Pixar è riuscita a far tornare gli studi Disney ai fasti del passato anche grazie all’introduzione del suo sistema di feedback: quando c’è un nuovo cartone o in film in fase di sviluppo viene creato un gruppo di lavoro composto da registi e produttori ovvero di persone che conoscono molto bene ogni passaggio di realizzazione di un film e che dunque hanno le competenze per dare un consiglio, suggerimento su come sviluppare al meglio le idee.

Ogni input del gruppo di lavoro viene dato sulla base dell’esperienza dei partecipanti e ogni consiglio è e rimane un suggerimento e non un’imposizione di idea. Queste sono le poche regole chiare che hanno fatto di Pixar una casa di produzione di successo.

Il feedback funziona se guarda avanti

Se nel tuo ufficio di raccolta fondi fate riunioni per parlare di nuove idee e ti accorgi che ogni tuo collega crede che siano riunioni per fornire input su idee di altri…bè…sei molto lontano da aver creato un buon processo di feedback.

Un buon processo di feedback lo noti da:

  1. Assenza di una “gara” a chi fornisce più input di altri
  2. Presenza di un obiettivo finale chiaro e condiviso: portare avanti il progetto, farlo progredire, migliorare
  3. Capacità di saper riconoscere quando un’idea non può essere portata avanti: questo deve avvenire al di fuori del processo di feedback in quanto non fa parte delle decisioni di un team che si scambia opinioni ma di scelte che sono chiamati a fare e non a delegare i responsabili
  4. Chiarezza nel team di lavoro su cosa si intende per successo nello sviluppo di una idea: non lo si misura sull’idea avuta (o su chi l’ha avuta) ma su come viene sviluppata questa idea dal team stesso. Un come dove alla fine del processo dovrà essere quasi impossibile per ogni membro del team ricordarsi il motivo per cui hanno “lottato” tanto durante una riunione per quel particolare input su quell’aspetto del progetto. Questo perchè grazie ad un buon processo di feedback l’idea di uno, il suggerimento di uno, diventa patrimonio di tutti e fa progredire il progetto fino al suo naturale compimento.

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