dal testamento al lascito
Professione Fundraiser

Dal testamento al lascito: un percorso ad ostacoli

Oltre il 70% delle onp italiane facenti parte del comitato Testamento Solidale ha registrato, negli ultimi 10 anni, un deciso incremento del trend di raccolta fondi da lasciti. 

Nel resto del mondo abbiamo dati ancora più confortanti: per circa 1 su 10 organizzazioni nonprofit australiane, le donazioni testamentarie rappresentano la più grande fonte di contributi (Madden, Scaife, & McGregor-Lowndes, 2005), come avviene già nel Regno Unito (Pharoah, 2010).

In Australia, le donazioni testamentarie costituiscono il 16% delle donazioni totali, più del doppio delle sovvenzioni totali erogate dalle fondazioni (Australian Association of Philanthropy, 1991). Un’indagine più recente del 2018 sui dati di benchmark delle organizzazioni nonprofit in Australia ha stimato che le donazioni testamentarie erano cresciute al 20% delle donazioni totali (Cameron, 2019).

Nei Paesi Bassi, i lasciti rappresentano il 11,8% del totale delle donazioni da parte degli individui (escludendo le lotterie) (Giving in the Netherlands, 2020).

Negli Stati Uniti, le donazioni testamentarie annuali ammontavano a 32 miliardi di dollari mentre gli individui donavano 265 miliardi di dollari (Giving USA Foundation, 2016).

Le attività che le organizzazioni nonprofit compiono per raccogliere fondi tramite i lasciti testamentari comportano un alto rischio in quanto queste attività potrebbero non generare entrate se non molti anni dopo. 

Un dato che sarebbe utile sviscerare nei contesti del fundraising italiano è la relazione tra le intenzioni di donazioni in vita e l’effettivo lascito dopo il decesso del potenziale donatore.

Come Fundraising.it, al fine di aiutare i fundraiser nell’elaborazione delle migliori strategie di raccolta fondi, siamo andati alla ricerca di qualche studio internazionale che avesse indagato l’argomento.

In Australia è stato realizzata una ricerca che ha verificato le promesse fatte dai donatori in vita relativamente ad eventuali futuri lasciti a favore dell’organizzazione nonprofit e l’effettiva realizzazione di tale promessa al momento del lascito.
Questo studio ha utilizzato i dati di 10 organizzazioni non profit australiane e di 1.471 decessi (avvenuti nel periodo 2014-2017) che avevano segnalato interesse, intenzioni o piani di donazioni testamentarie alle organizzazioni durante la loro vita.
Tra i 700 deceduti che avevano confermato l’esistenza di una donazione testamentaria pianificata a favore dell’organizzazione benefica, il 35% non ha generato alcun lascito al momento della morte del donatore. Questo tasso di perdita è variato dal 17& al 60% tra le diverse organizzazioni.
Il tasso di perdita medio era del 24% quando l’organizzazione benefica aveva avuto almeno una comunicazione con il deceduto entro 2 anni dalla morte, e del 48% se non aveva avuto una comunicazione entro 2 anni dalla morte.
Tra le 264 persone che hanno riferito all’organizzazione benefica di “avere intenzione” o di “considerare di fare” un lascito, ma senza confermarlo, l’89% non ha lasciato alcuna donazione al momento della morte.
Tra le 507 persone che hanno solo chiesto informazioni sulla possibilità di effettuare una donazione testamentaria, il 95% non ha lasciato nulla.
Questi risultati suggeriscono di mantenere le relazioni con il donatore dal momento della “promessa” fino a quello del decesso.
Un dato molto interessante è che il 58% delle 2.682 donazioni testamentarie totali ricevute da queste organizzazioni proveniva da deceduti che non erano donatori in vita di quelle stesse organizzazioni: in questo senso possiamo sostenere che una parte delle azioni di marketing realizzate per fare fundraising tramite lasciti non ha un impatto immediato e diretto, ma posticipato anche di anni e difficilmente prevedibile.

Campione e metodo di raccolta dati campagna “Include a charity”

Include a Charity” è una campagna di cambiamento sociale del Fundraising Institute Australia che mira a incoraggiare più persone ad effettuare, nel testamento, un lascito a favore delle organizzazioni nonprofit. (FIA,2020).
La ricerca è stata svolta sulle organizzazioni nonprofit che aderivano alla campagna e che oltretutto soddisfacevano i seguenti requisiti:

1. Avere ottenuto 15 lasciti testamentari nel periodo 2014-2017

2. Avere nel proprio database informazioni, da almeno 10 anni, rispetto ai donatori che vogliono fare un lascito

Dieci organizzazioni hanno accettato di partecipare. Nove delle 10 organizzazioni erano tra le prime 50 più grandi organizzazioni di raccolta fondi in Australia. Queste organizzazioni rappresentavano cause associate alla sanità, all’istruzione superiore (università), ai soccorsi internazionali e ai servizi sociali.

Nove organizzazioni hanno fornito informazioni in merito a lasciti che i deceduti avevano confermato in vita. Sette organizzazioni hanno fornito informazioni in merito a deceduti che avevano indicato di essere “in procinto o in considerazione” di includere un lascito all’organizzazione, ma che non hanno mai confermato il completamento di tale piano. Sei organizzazioni hanno riportato informazioni in merito a deceduti che avevano solo fatto una richiesta riguardo ai dettagli su come effettuare un lascito.

Inoltre, sei organizzazioni hanno anche riferito se avevano o meno avuto comunicazioni negli ultimi 2 anni di vita da quei donatori che avevano confermato in vita la presenza del lascito. Le organizzazioni hanno condiviso solo i totali riassuntivi per le varie categorie e non hanno riportato informazioni individuali riguardo a nessun donatore specifico (Tabella 1).

Assicurazione

Tra i 264 deceduti che avevano comunicato all’organizzazione nonprofit la loro intenzione o considerazione di includere l’associazione nel proprio piano patrimoniale, l’11,4% ha infine generato un lascito o altra notifica di inclusione nel patrimonio per l’associazione.

Tra i 507 deceduti che avevano chiesto informazioni sui dettagli o sulla procedura per includere l’associazione di beneficenza nel proprio piano patrimoniale, il 5,3% ha infine generato un lascito o altra notifica di inclusione nel patrimonio per l’associazione di beneficenza.

Il dilemma del lascito: come collegare le azioni di oggi ai risultati di domani

Il legame tra le attività di raccolta fondi e l’effettivo verificarsi di un lascito è problematico, in quanto quest’ultimo si verifica molti anni, o addirittura decenni, dopo l’inizio di specifiche attività di fundraising.

Di conseguenza è difficile misurare il valore e l’efficacia del fundraising per i lasciti: questo lo rende uno degli aspetti più impegnativi del marketing non profit e anche tra i più incerti in quanto difficilmente si riesce sempre a collegare una specifica azione di fundraising con l’ottenimento finale del lascito.

Anche se le donazioni testamentarie nonprofit sono importanti per le organizzazioni non profit, la gestione degli sforzi di raccolta fondi mediante lasciti è problematica.

In altri tipi di raccolta fondi, i rendimenti finanziari si realizzano rapidamente: ad esempio se realizzo un mailing, la conoscenza dell’effettivo rendimento la posso ottenere in pochi mesi. Al contrario, per conoscere i rendimenti derivanti dalla raccolta fondi mediante lasciti ci potrebbero volere anni o decenni.. Questo ritardo crea, tra le altre cose, due problemi.

Lasciti e turnover dei fundraiser

In primo luogo, il ritardo nel conoscere il rendimento può creare un problema relativo al personale (Ross, 1973), cioè un disequilibrio tra gli interessi dell’organizzazione e gli interessi di un fundraiser che prevede di rimanere solo per pochi anni. Investimenti nella raccolta fondi mediante lasciti potrebbero essere altamente redditizi per l’organizzazione, ma i rendimenti potrebbero arrivare solo anni dopo che il fundraiser ha lasciato l’organizzazione.

Ciò rende difficile comprendere le strategie messe in atto a suo tempo, specialmente se tra un fundraiser e l’altro non c’è stato un adeguato passaggio di consegne per cui non si conoscono più con certezza le azioni messe in campo a suo tempo per generare quel ritorno finanziario.

Lasciti e valutazione dell’efficacia

In secondo luogo, il ritardo nel conoscere il rendimento crea anche un ritardo nel feedback per identificare approcci di marketing più e meno efficaci. Per la maggior parte degli strumenti di raccolta fondi, un risultato finanziario relativamente rapido consente alle organizzazioni nonprofit di regolare il comportamento per massimizzare i rendimenti. Il ritardo nel conoscere il risultato finanziario per la raccolta fondi mediante lasciti rende tali adattamenti problematici.

Per risolvere questo problema di misurazione le organizzazioni nonprofit si concentrano sul misurare le intenzioni di donazione testamentaria: più donatori porto a segnalare una potenziale donazione al momento del testamento più valuto efficace la mia campagna di raccolta fondi.

È chiaramente comprensibile come tale misurazione sia fallace in quanto non è correlata ad una certezza di un trasferimento futuro a favore dell’organizzazione nonprofit: negli Stati Uniti sono riusciti a favorire la certezza di trasferimento rendendo possibile per i donatori una detrazione fiscale immediata se vengono trasferiti irrevocabilmente i diritti di eredità di una casa o un terreno ad un’organizzazione nonprofit.

Quando si decide di fare un lascito?

I lasciti pianificati possono comunque essere modificati o revocati: misurare la probabilità che un dono pianificato revocabile sia ancora in vigore alla fine della vita è un compito arduo e ancora di più lo è calcolare il costo dell’impegno iniziale (campagna di lasciti testamentari) e quello continuativo (retenzione del donatore una volta che ha fatto un’intenzione di lascito).

I fundraiser spesso presumono che le persone più anziane raramente cambino i loro testamenti: presunzione che risulta però a volte errata, sulla base di alcune ricerche (James III & Baker, 2015) che suggeriscono come le decisioni testamentarie effettive (ovvero quelle a cui farà seguito un trasferimento patrimoniale concreto) vengano prese tardi nella vita.

Nel caso australiano in esame, si è scoperto che i testamenti con una donazione effettiva erano stati firmati, in media, 5,6 anni prima del decesso del donatore (Baker, 2014). Al contrario, i testamenti senza una donazione effettiva erano stati firmati, in media, 10 anni prima della fine della vita (Baker, 2014). Inoltre, più di ¾ dei lasciti provenivano da testamenti firmati a partire dagli 80 anni di età o più anziani (James III & Baker, 2015).

Tali dati ci confermano come nel mondo statunitense è ben presente lo strumento del lascito: quello che ci interessa capire è se, nel corso della vita, vi siano cambiamenti nel piano patrimoniale della persona ovvero se cambia idea su a chi destinare parte del proprio patrimonio.

Si tenga conto che tra coloro che avevano segnalato di avere inserito un lascito ad un’organizzazione nonprofit nel loro piano patrimoniale, solo il 55% di coloro che hanno risposto alla domanda, 10 anni dopo aveva ancora segnalato di averlo confermato. Inoltre la maggior parte dei defunti, che ha effettuato trasferimenti patrimoniali, non aveva previsto alcun lascito ad un ente nonprofit 5 anni prima dalla morte (James III & Baker, 2015).

In altre parole sia l’aggiunta che la rimozione di un lascito ad una nonprofit nel proprio piano patrimoniale sembrano essere relativamente comuni.

Questi dati ci confermano che:

1. C’è una diffusa abitudine, almeno nei paesi anglosassoni, ad effettuare un lascito

2. Il donatore può decidere fino all’ultimo di modificare il suo lascito, inserendo/modificando la persona/e o organizzazione a cui destinare una parte del proprio patrimonio

3. È difficile capire quanto un donatore possa rimanere fedele: il tempo che trascorre tra la promessa di donazione e l’effettiva donazione non facilita il compito del fundraiser.

Perchè si perde un lascito?

Una possibile fonte di apparente perdita di un lascito può derivare dal vincolo testamentario di effettuare il lascito solo alla morte del coniuge superstite. In questi casi, è possibile che non fosse previsto alcun dono alla morte del donatore ma che la donazione sia “nascosta”, in attesa della morte del coniuge.

Purtroppo, la presenza di un coniuge superstite non era nota o non era stata segnalata dalle organizzazioni, ad eccezione di 165 deceduti che avevano confermato durante la loro vita un lascito previsto a favore dell’ente di beneficenza senza porre alcun vincolo relativo alla morte anche del coniuge.

Tra questi 165, il 43% dei 95 deceduti con un coniuge superstite non ha generato alcun lascito, mentre solo il 22% dei 68 senza coniuge superstite non ha generato alcun lascito. Ciò è in linea con la spiegazione che almeno una parte dei lasciti apparentemente persi potrebbe essere solo ritardata se è prevista una donazione alla nonprofit quando avviene anche la morte del coniuge superstite e se tale piano rimane in vigore fino a quel momento.

Naturalmente, questo esito positivo è solo ipotetico in quanto il coniuge superstite può cambiare il beneficiario in qualsiasi momento (a meno che il defunto non abbia preso disposizioni particolari).

Il 35%, dei lasciti confermati in vita, non genera alcun trasferimento post-mortem all’ente di beneficenza: queste perdite potrebbero essere dovute a fattori al di fuori del controllo dell’associazione. Se le differenze nel comportamento delle associazioni non fossero un fattore determinante di tali esperienze di perdita, ci si aspetterebbe tassi di perdita relativamente simili tra le diverse organizzazioni. Tuttavia, tra queste nove associazioni di beneficenza, i tassi di perdita dei lasciti confermati variano dal 17% al 60%: questi risultati suggeriscono che le differenze tra i risultati dei lasciti delle diverse organizzazioni non erano dovute semplicemente al caso.

Come evitare di perdere un lascito

Sembra probabile che gli sforzi comunicativi possano influenzare il tasso di perdita. Le esperienze degli enti di beneficenza che hanno riportato i dati in questo studio sono molto varie, con tassi di perdita dei lasciti confermati che vanno dal 17% al 60%. Inoltre, quando i deceduti avevano ricevuto comunicazioni dall’ente di beneficenza entro 2 anni dalla morte, il tasso di perdita dei lasciti confermati era la metà di quello dei deceduti che non avevano ricevuto tali comunicazioni, 24% contro 48%.

Una possibile spiegazione delle differenze nei risultati delle organizzazioni sta nella diversità delle attività di fundraising. Come semplice indagine su questa possibilità, alle organizzazioni è stato chiesto di riferire se era stata registrata nel database qualche comunicazione, scritta o telefonica, con il deceduto avente un lascito confermato in vita, nei 2 anni precedenti alla morte. Sette organizzazioni hanno fornito queste informazioni in merito a 658 deceduti che avevano confermato un lascito in vita. Di questi, il 76,7% (505) dei deceduti aveva ricevuto delle comunicazioni negli ultimi 2 anni di vita.

Tra coloro che hanno ricevuto tali comunicazioni, il 75,8% (383) ha generato un lascito e il 24,2% (122) non lo ha fatto. Tra i 153 decedenti registrati come non riceventi tali comunicazioni, il 52,3% (80) ha generato un lascito e il 47,7% (73) non lo ha fatto.

Pertanto, il tasso di perdita per i lasciti confermati tra i deceduti che non hanno ricevuto comunicazioni negli ultimi 2 anni di vita è stato circa il doppio di quello di coloro che hanno continuato a ricevere comunicazioni.

Lasciti da donatori sconosciuti

I dati provenienti da 16 grandi enti di beneficenza nel Regno Unito hanno mostrato che il 52% dei lasciti proveniva da persone sconosciute all’associazione (LegacyForesight, 2018). La diffusione di tali donazioni rende particolarmente difficile un marketing efficace, poiché questi potenziali donatori potrebbero essere completamente sconosciuti all’organizzazione.

Nella ricerca sulle organizzazioni nonprofit australiane, 2.682 deceduti hanno lasciato lasciti a queste 10 organizzazioni durante questo periodo: di questi, il 41,9% (1.123) proveniva da deceduti che risultavano aver effettuato una donazione all’organizzazione durante la vita e il 58,1% (1.559) proveniva da coloro che non avevano effettuato alcuna donazione. Questo dato variava notevolmente anche tra le 10 organizzazioni, con i donatori in vita che rappresentavano tra il 16% e il 97% dei deceduti che effettuavano lasciti testamentari, a seconda dell’organizzazione.

Tra i 700 deceduti che dichiaravano di avere in previsione un dono per l’ente non profit durante la loro vita, nel 35% dei casi non si è generato alcun lasciti. Tra i 2.682 deceduti che hanno fatto un lascito ad un ente nonprofit, il 58% non aveva mai fatto un dono all’associazione durante la vita.

Implicazioni pratiche

I risultati suggeriscono anche alcune implicazioni pratiche:

1. Rendi tracciabili nel tuo database i lasciti confermati in vita: nel 65% dei casi presi in esame tali conferme si sono concretizzate in un effettivo dono post-mortem. Quindi, il primo passo è quello di utilizzare questo risultato per misurare il successo di una campagna di raccolta fondi tramite lasciti, tuttavia, è anche importante riconoscere che tali donazioni sono revocabili. La probabilità di generare effettivi trasferimenti post-mortem varia notevolmente tra le organizzazioni e in presenza o assenza di comunicazioni con il donatore quando era in vita.

2. Non dimenticare il rapporto con il donatore: circa una persona su quattro (153 su 658) che aveva confermato la presenza di un lascito all’ente nonprofit durante la propria vita, non ha ricevuto alcuna comunicazione dall’organizzazione nonprofit durante i suoi ultimi 2 anni di vita.

Infografica

3. Incentiva il tuo fundraiser: se le performance del tuo fundraiser vengono valutate sulla base delle conferme di lascito ma non sul mantenere un contatto costante con il donatore, è probabile che i tassi di perdita di tali donazioni pianificate siano più elevati. Ai fundraiser potrebbe essere riconosciuto il merito di aver mantenuto la relazione durante tutto l’arco di tempo che intercorre tra la promessa del lascito alla morte stessa del donatore.

4. Misura la propensione a fare lasciti da parte dei tuoi attuali sostenitori: la frequenza con cui donatori, sconosciuti all’organizzazione, effettuano lasciti suggerisce che l’organizzazione potrebbe misurare periodicamente gli atteggiamenti nei confronti di tali donazioni da parte di campioni rappresentativi di sostenitori (LegacyForesight, 2018).

Fonte: Wishart R, James RN III. The final outcome of charitable bequest gift intentions: Findings and implications for legacy fundraising.J Philanthr Mark. 2021;26:e1703.