I 4 errori più gravi che può fare un corporate fundraiser
Professione Fundraiser

I 4 errori più gravi che può fare un corporate fundraiser

Da settembre faccio parte del team che si occupa di gestire le partnership aziendali per il Festival del Fundraising. Il mio compito come corporate fundraiser è mettere l’Associazione Festival del Fundraising in contatto con il mondo profit, individuando aziende socialmente responsabili che condividano i nostri valori e la nostra missione, per sostenere, insieme, la community dei Fundraiser italiani.

Ma non tutto è stato un successo fin dall’inizio. Anzi…

In questi primi mesi ho commesso alcuni errori, ma da ognuno di essi ho imparato delle lezioni preziose che mi stanno aiutando ad essere un fundraiser migliore.

Le condivido, a beneficio di tutti.

Ecco 4 consigli che, ora, darei all’Andrea di qualche mese fa…

1

Sii preciso e organizzato: NO “Massì, domani mando una mail domani, me lo sono segnato sull’Excel”

Quando si tratta del lavoro di un corporate fundraiser, è facile pensare che sia un ruolo basato principalmente sull’empatia e sull’abilità di ascolto. Sebbene queste qualità siano indubbiamente cruciali, c’è un aspetto del lavoro che spesso passa inosservato: la necessità di essere schematici e precisi.

Ho imparato a valorizzare l’importanza di questa caratteristica nel corso del mio lavoro.

Inizialmente, mi ritrovavo con una miriade di fogli Excel sparsi ovunque, cercando di tener traccia dei passaggi fatti con le aziende. Questo metodo può funzionare quando si lavora con una o due aziende, ma diventa immediatamente inefficiente quando si gestiscono numeri importanti, come nel caso del Festival.

Ecco perché ho scoperto, fin da subito, l’importanza di utilizzare gli strumenti giusti. Per organizzare il lavoro in modo più efficiente ed efficace, ho adottato lo schema Kanban (lo conoscete? Qui un bel libro per saperne di più: Essential Kanban Condensed, di David J Anderson e Andy Carmichael). Questo strumento mi permette di tenere traccia, in maniera chiara e ordinata, di quello che al Festival chiamiamo il “budget delle mosse” fatte con ogni azienda.

Si tratta di delineare le azioni necessarie per ogni fase del processo e pianificare il tempo da dedicarvi. Per chiarire ulteriormente, immaginiamo di giocare una partita a scacchi con il partner ideale, con l’obiettivo finale di ottenere lo “scacco al re”, che nel contesto del corporate fundraising significa consolidare la partnership. 

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario seguire una serie di mosse, una procedura di avvicinamento al re (il partner) che può essere più o meno lunga, a seconda delle circostanze. Nel corporate fundraising, la strategia delle mosse rappresenta un metodo organizzativo che si basa sulla pianificazione, gestione e registrazione di una serie di azioni, da svolgere entro un determinato periodo di tempo, per ciascuna azienda coinvolta.

Esiste una differenza sostanziale rispetto al mondo degli scacchi: alla fine della “partita”, entrambe le parti vincono. Infatti, sia il fundraiser che l’azienda, nel definire una partnership di successo e duratura, mettono a segno un “scacco matto” che porta vantaggi reciproci.

Tornando al modello Kanban, tra l’altro, è uno strumento molto utile anche per fornire al mio team una visione immediata di dove ci troviamo in ogni fase del processo di dialogo con i nostri partner.

Se l’empatia e la capacità di ascolto sono fondamentali nel lavoro di un fundraiser, non possiamo trascurare l’importanza della precisione e dell’organizzazione. Utilizzare gli strumenti giusti, come il Kanban, può fare la differenza nel garantire il successo delle nostre iniziative di fundraising.

2

Parti da quello che hai: NO "Qualcuno ha il numero di Michele Ferrero? E di Bezos? Nemmeno di John Elkann?"

La profilazione di grandi realtà profit che non conoscono la tua organizzazione (che noi, in gergo tecnico, chiamiamo “contatti a freddo”) è un vero e proprio “lavorone”.

La mia attività di ricerca mi ha portato a consultare per ore e ore LinkedIn, i giornali economici come il Sole 24 Ore e a fare svariate ricerche su Google, nel tentativo di creare una lista di grandi aziende potenzialmente interessate a sostenere le nostre iniziative.

Questo processo ha richiesto molto tempo e impegno. È stato uno sforzo che ha dato discreti risultati, considerando la mole straordinaria di fatica e tempo impiegato.

C’è da dire che, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a contattare alcune grandi aziende con una forte attenzione alla responsabilità sociale (che scoprirete alla Giornata della C*SR del 4 e 5 giugno ).

Questo successo, seppur limitato, ha dimostrato che c’era del potenziale nel nostro approccio.

Ma la vera svolta è arrivata quando ho scoperto di avere già a disposizione gran parte della soluzione al problema: il nostro database interno. Utilizzando questo strumento, ho potuto semplificare e migliorare il processo di ricerca e profilazione, rinnovando e consolidando le relazioni esistenti anziché concentrarmi solo sulla ricerca di nuove opportunità.

Ho imparato quanto sia essenziale sfruttare al meglio le risorse interne che abbiamo: la soluzione ai nostri problemi spesso è più vicina di quanto pensiamo.

3

Chiudere, chiudere, chiudere: NO “Aspetto sue”

Forse il mio più grande errore da giovane corporate fundraiser è stato aspettare troppo a lungo prima di ottenere un riscontro (positivo o negativo che sia) con le aziende. Quando si è instaurato un dialogo piacevole su argomenti che interessavano entrambi, ho lasciato che le aziende decidessero, quasi autonomamente, il momento giusto per prendere una decisione finale. Questo approccio ha rallentato il processo e ha compromesso le opportunità di successo.

Ho capito che la rapidità è essenziale nel mondo del fundraising. Le aziende sono abituate a prendere decisioni velocemente e preferiscono muoversi autonomamente anziché essere guidate da terzi.

Una risposta veloce, completa e professionale può fare la differenza nel convincere le aziende a supportare le nostre iniziative. È importante essere pronti a chiudere le trattative non appena si presenta l’opportunità.

Ora ho realmente capito perché, sulla porta del nostro ufficio qui a Forlì, ci sono appiccicate tre parole: feedback, scadenze e buon carattere.

Questi tre termini rappresentano la base del poter lavoro bene in un gruppo, e all’interno dello staff del Festival del Fundraising.

I feedback (da chiunque) all’interno del team sono merce preziosa, soprattutto per chi, come me, si ritrova a lavorare, giorno per giorno, a stretto contatto con colleghe e colleghi di grande esperienza quindi molto specializzate e specializzati.

Le scadenze, per quanto appena espresso sopra ma non solo, sono determinanti. All’interno di una squadra, nessuno può fare da solo; non esiste nessun Maradona. Per questo è di vitale importanza darsi e, successivamente, impegnarsi a rispettare delle scadenze, per fare lavorare bene tutta la squadra.
Quando, ad esempio, si è in fase di chiusura con una realtà decisa a diventare partner e sostenere la tua iniziativa, poi, subentrano numerosi step che vanno messi a terra in gruppo e che devono, obbligatoriamente, avere delle scadenze: l’amministrazione si attiverà per la parte legata al contratto, il marketing per l’attività di comunicazione e promo della presenza della realtà stessa, i community manager per la messa in contatto degli speaker con i vari referenti e così via.

Buon carattere, perché un sorriso, una risposta gentile, un “assist” ad una compagna o ad un compagno predispongono bene le persone a lavorare con te, contribuendo ad alimentare un clima positivo che porta beneficio a tutto lo staff.

4

Scrivi, prendi appunti: NO “Massì, me lo ricordo, figurati…”

Un altro sbaglio è stato quello trascurare i dettagli durante le prime chiamate con i potenziali partner.

Non prendevo mai appunti, anche se mi dimostravo sinceramente interessato ai loro progetti di responsabilità sociale. Tuttavia, non prendere nota non solo degli aspetti cruciali di business (es: policy o indicazioni sui passaggi interni di valutazione di una proposta), ma anche di qualche piccola confidenza personale (es: “sono in vacanza” o “mio figlio sta poco bene, mi assenterò tot giorni”), mi ha portato, delle volte, a dimenticare dettagli importanti durante gli step successivi.

Da quando ho iniziato a prendere appunti delle cose dette (o addirittura registrare lo zoom fatto), ho notato un netto miglioramento nella mia capacità di gestire le relazioni con le aziende. Ora, tengo traccia di ogni dettaglio: dai traguardi economici raggiunti, alle ultime iniziative intraprese con la comunità, fino alle questioni più personali del mio referente in azienda – se e quando le condivide con me. Questo approccio mi ha permesso di comprendere meglio le esigenze dei potenziali partner e di modellare le nostre proposte di partnership in modo più efficace.

Ecco qui qualche spunto tratto dalla mia esperienza personale:

1. Ordine e precisione: un bravo corporate fundraiser dev’essere schematico e molto organizzato.

2. Il database è il tuo tesoro più prezioso: usalo e integralo con nuovi contatti quotidianamente.

3. Rapidità di esecuzione e assertività: chiudi gli accordi ed evita di cacciarti in loop infinti di “le faremo sapere”, senza perdere mai di vista le buone maniere.

4. I dettagli sono fondamentali: annota tutto, ma proprio tutto e non dimenticare nulla!

Spero che questo mio racconto possa essere utile per chi si trova a muovere i primi passi in questo meraviglioso mondo che, a volte, sa essere complesso!