Laura Lugli
Tecniche di Fundraising

Laura Lugli, face to face, marketing e volontariato

Al Nonprofit Storytellng Day, Laura condurrà il dibattito tra Gianluca Diegoli, Alessandro Benedetti e Alice Stefanizzi, sul Face to Face: luci e ombre su uno degli strumenti di storytelling più utilizzati nel fundraising.
Partendo dall’assunto che “non scegliamo di fare un’azione (dono e/o acquisto), solo a seconda dei nostri desideri, ma che le nostre decisioni sono influenzate anche dall’interfaccia che ce lo chiede”, scopriremo i punti di forza e di debolezza del Face to Face.
Il Face to Face funziona?
Quali sono le parole giuste da usare quando incontri per la prima volta un possibile donatore per strada?
Spesso le nonprofit prendono in considerazione i costi e i ricavi di questo modello faccia-a-faccia, ma abbiamo mai provato a calcolare quanti donatori “perdiamo per strada” perché infastiditi dalle nostre richieste?

In attesa della sua sessione al Nonprofit Day, Laura ci ha dato qualche anticipazione, provando a guardare il tema face to face in relazione a uno di quelli che le stanno più a cuore: i volontari.

Cosa troverai in questo articolo

Dal profit al nonprofit, passando per il volontariato

Laura Lugli è un’ appassionata volontaria fin da giovanissima, da sempre impegnata per il sostegno della pace e delle differenze culturali.
Dopo la laurea in Scienze Politiche Relazioni Internazionali il suo entusiasmo e la passione per il mondo non profit la spingono a frequentare il Master in Fundraising dell’Università di Bologna.
Ha lavorato nell’ufficio di raccolta fondi di AIL Bologna e come fundraiser per il Centro Servizi del Volontariato di Modena.
Ora è consulente e formatrice di fundraising e peopleraising per Fundraiserperpassione.
Ha pubblicato “Nuove frontiere del volontariato” (2016) e “Il piano di fundraising” (2018).

La citazione che rappresenta il suo lavoro? “Da soli si va veloce, ma insieme si va lontano!”.
Significa che se andiamo più piano, ad esempio con i volontari, stando meno focalizzati sul risultato e sullo spuntare liste e dedicando tempo ed energia al legame e alla relazione, otteniamo più qualità!

Ci parli del tuo percorso professionale? c’è un momento che per te è stato davvero significativo? Un punto di svolta?

Il punto di svolta più recente è stato quando ho conosciuto Assif e ho avuto la possibilità di fare networking: venivo dal profit (impiegata commerciale in una concessionaria) e avevo fatto il master, ma Assif mi è servito per l’attività di networking che mi ha portato a trovare lavoro, visto che trovarlo poteva essere difficile.

Prima ancora, un punto di svolta significativo è stato quando, dopo una vita di volontariato (iniziato da quando avevo 15 anni), ho deciso di licenziarmi, per approdare proprio in quel mondo DEL volontariato che mi piaceva tanto. Mi ha permesso di essere già competente in materia il fatto di fare volontariato con ruoli di responsabilità, è stata la mia scuola: ero responsabile di persone e ho potuto sviluppare conoscenze e competenze, soprattutto in CISV.

Dialogatori e volontari

Dato che sei esperta di volontari, ti chiedo se secondo te ci sono punti di contatto tra il tema del volontariato e il Face to face?

I volontari per il fundraising di fatto fanno face to face. I punti di contatto sono quelli di essere persone che chiedono ad altre persone e l’azione di sensibilizzazione e diffusione della Causa.

Non dico che uno funzioni di più e l’altro meno, ma dipende da chi sei e da cosa vuoi fare con la tua organizzazione.
Secondo me, come opinione personale, il face to face va un po’ verso la mercificazione della Causa, ma d’altro canto vengono raggiunti dei numeri che i volontari non raggiungono. Dipende da cosa un’organizzazione vuole fare e anche quale momento sta vivendo.

C’è chi dice “Le piccole onp se avessero i soldi lo farebbero”. Secondo me no, non deve essere per forza così. Personalmente sono della scuola di Benedetti e di Meyer: attiverei volontari piuttosto che dialogatori retribuiti, per l’entusiasmo e per la passione che ci mettono!
La potenza sta nei volontari.
Il face to face è marketing mentre i volontari nel fundraising sono promozione del dono e delle relazioni! Il face to face raccoglie di più? Forse, ma crea relazioni meno profonde a mio parere.

Anche il volontario riceve qualcosa in cambio ma si differenzia da chi lo fa pagato. Riceve una restituzione edonistica (e molto più credibile secondo me) di chi lo fa pagato. Crea quindi legami più di fiducia e relazioni più durature.

Anteprima Nonprofit Day

La sessione in cui interverrai al Nonprofit Day è molto particolare, un dibattito sul F2F con pareri anche molto diversi tra di loro. Ci dai qualche anticipazione? Cosa ti aspetti?

Il dibattito sarà tra pareri appunto molto diversi.

Mi aspetto che non esca una risposta semplicistica (es il face to face è male) ma che si generi pensiero critico, per una maggiore consapevolezza degli ascoltatori di chi sono loro come organizzazioni e di come vogliono muoversi con questo strumento.

In che modo questa sessione può essere utile ai partecipanti del Nonprofit Day?

Metterà sul tavolo il tema del face to face in maniera poliedrica. Si vedranno diversi approcci a questo veicolo, perché le piccole onp possano fruire di questo confronto e farsi la loro idea, e acquisire più consapevolezza su chi sono e cosa vogliono fare, che approccio vogliono avere. Così potranno scegliere lo strumento giusto per loro e per il tipo di onp che vogliono essere.

Per salutarci ci consigli un libro che ti ha lasciato tanto o ti ha insegnato qualcosa e che vorresti consigliare?

“Reiventare le organizzazioni” di Frederic Laloux.

E’ un libro che prevede sette stadi di sviluppo di un’organizzazione: dagli stadi che rendono le organizzazioni più rigide, come possono essere lo Stato o l’esercito… a quelli che le rendono più “flat”: lui chiama questo stadio evolutivo delle organizzazioni Teal (verde acqua) e hanno tre caratteristiche: fullness (pienezza, ovvero ciascuno viene messo nelle condizioni di essere la stessa persona sia a a casa che al lavoro), purpose oriented (guidate da un proposito esterno e non personale) e self managed. Quello di Laloux è un modello organizzativo che lavora sulla libertà e sulla fiducia, valori e approcci che tante organizzazioni non profit ancora faticano a praticare, vista la loro impostazione ancora molto tradizionale e non ancora svecchiata.