Pink Ambassador Fundraising
Storie di nonprofit

Le Pink Ambassador, quando il beneficiario diventa fundraiser

Le Pink Ambassador di Fondazione Umberto  Veronesi sono le protagoniste di una storia bellissima di solidarietà, coinvolgimento e raccolta fondi.

Si tratta di donne che hanno combattuto contro il cancro e hanno deciso di mettersi in gioco per realizzare  due grandi grandi obiettivi.
Il primo, promuovere l’importanza della prevenzione.
Il secondo, raccogliere fondi a favore della ricerca scientifica sui tumori femminili.

La loro esperienza rappresenta un caso di personal fundraising riuscito alla grande e un’esperienza di crowdfunding davvero eccezionale. Ferdinando Ricci, responsabile marketing della Fondazione, ci parla di questa esperienza incredibile.

Cosa troverai in questo articolo

la storia delle Pink Ambassador, oltre che a una best practice di personal fundraising e crowdfunding  rappersenta anche una risposta a chi vede nella disintermediazione una minaccia.
Dopo aver seguito la sua sessione al Festival del Fundraising, ne ho riparlato con Ferdinando Ricci, responsabile marketing della Fondazione.

Le Pink Ambassador, chi sono

Ciao Ferdinando, potresti raccontarci in poche parole chi sono le Pink Ambassador di Fondazione Umberto Veronesi?

Sono donne che dopo aver combattuto un tumore tipicamente femminile (seno, utero, ovaio) hanno raccolto una nuova sfida: quella di correre per promuovere la prevenzione e raccogliere fondi a favore della ricerca scientifica sui tumori femminili.
Si tratta di un progetto di Fondazione Umberto Veronesi nato nel 2014 e che è cresciuto costantemente negli anni. L’edizione 2021 ha coinvolto oltre 160 Ambassador in 18 città italiane.

Immagino anche la raccolta fondi sia cresciuta.

Si è vero, siamo passati da 13 mila euro raccolti on line nel primo anno a superare 120 mila euro nel 2020.

Nell’ultima edizione, avvenuta peraltro in modalità virtuale a causa del covid, sono state aperte 135 campagne di raccolta fondi on line che hanno coinvolto 2358 donatori.

Pink Ambassador Chi Sono
Durante la tua sessione al Festival, hai detto che questo progetto non è nato con un’idea chiara di raccolta fondi. Ma che è cresciuto in tal senso nel tempo anche grazie alla volontà delle stesse Ambassador.

Esatto.
Nel 2014 il progetto era un progetto pilota esteso come reclutamento delle Ambassador alla sola città di Milano.
Le attività di raccolta fondi erano ancora poco strutturate. C’è da dire che forse anche la stessa Fondazione non era molto esperta di attività di digital fundraising.

 

Siamo cresciuti insieme alle stesse ambassador, grazie alla loro volontà di legare il loro impegno al raggiungimento di obiettivi di raccolta fondi chiari e tangibili e di forte impatto verso altre donne.

Pink Ambassador 2020

 Ma siamo cresciuti anche grazie alla nostra volontà di metterle nelle condizioni migliori per farlo.

Non a caso, dopo avere utilizzato per diversi anni le piattaforme di crowdfunding e personal fundraising accessibili on line, lo scorso anno abbiamo lanciato una nostra piattaforma di personal fundraising.
Si tratta di un sito di nostra proprietà dove, Le Pink Ambassandor, i nostri donatori, i volontari, le aziende possono aprire campagne di raccolta fondi. E dove è possibile seguire in totale trasparenza i racconti e le storie di chi ha deciso di sostenere in prima persona la nostra causa diventando personal fundraiser.

Piattaforma Personal Fundraising
Visti i risultati positivi delle campagne delle Pink Ambassador, nel 2021 la Fondazione ha creato una piattaforma di crowdfunding e personal fundraising

Un progetto sempre più grande

Quello che mi ha più colpito di questo progetto è come la raccolta fondi e la promozione della prevenzione e di corretti stili di vita vadano insieme.

Ogni anno il gruppo di Pink Ambassador cresce sempre di più. Sta diventando una vera e propria rete di sostegno fra donne.
Le ambassador sono seguite da un team di professionisti sia in ambito sportivo, sia medico.
Abbiamo avviato da un paio di anni una collaborazione con Federazione Italiana di Atletica Leggere che mette a disposizione i suoi tecnici, sia in ambito di salute e abbiamo coinvolto un nutrizionista e di uno psicologo a supporto delle Pink Ambassador.

 

Nel 2020, oltre al programma di supporto psicologico per tutte le Pink Ambassador, è stato attivato un progetto di ricerca scientifica con l’obiettivo di esplorare l’efficacia del programma di allenamento di gruppo su aspetti biologici, psico-fisici e psicosociali delle Pink Ambassador.
Dalla ricerca è emerso che il progetto, dal punto di vista fisico, ha aiutato le donne a migliorare i propri indici di massa corporea. Da un punto di vista psico-oncologico, l’esperienza individuale della corsa sportiva ha consentito di sviluppare una motivazione più solida e strutturata nei confronti di sé, con un maggior focus su aspetti “profondi” e fortemente legati alla crescita personale.
Inoltre questa esperienza permette a chi vi partecipa di accrescere e arricchire la convinzione positiva riguardo alle proprie capacità di affrontare la malattia e la vita (auto-efficacia).

Le portavoce della Fondazione

Disintermediazione, è stato un tema molto discusso in questi ultimi tempi. E non a caso anche il tema di apertura di questa edizione del festival del fundraising.
Mi sembra che qui andiamo in una direzione contraria.

Sì, ritengo corretto affermare che questo progetto, grazie all’attenzione di Fondazione nei confronti delle Pink Ambassador, vada nella direzione opposta.
L’attività progettuale si basa su un supporto a 360 gradi a favore delle Pink.
Il nostro interesse è che queste donne si sentano e siano riconosciute come portavoce della nostra causa.

Le Pink Ambassador rappresentano l’esempio verso l’esterno dei risultati della ricerca e della cura sui tumori, sono portatrici dei valori della Fondazione, questo rende credibili i messaggi di salute che promuovono e dà forza alle loro campagne di fundraising.

Una circolarità virtuosa tra mission, raccolta fondi, informazione, rendicontazione e se vogliamo anche storytelling.

Dopotutto il nostro fondatore, il Professor Umberto Veronesi, ha rivoluzionato l’approccio al cancro, sia in ottica di cura del tumore al seno ma anche a livello comunicativo e informativo parlando tantissimo di prevenzione e promozione di corretti stili di vita. Ha infranto dei tabù, come quello del paternalismo medico, rimettendo il paziente al centro del processo di cura, un paziente coinvolto e informato in grado di prendere decisioni consapevoli e condivisi con il medico ed il personale sanitario

Pink Ambassador
E anche supporto nel fundraising da quello che ho capito.

Certamente. Cerchiamo di dare tutto il supporto per le loro campagne di raccolta fondi. Dopotutto nel personal fundraising ci si rivolge in primis alla propria rete personale ed è importante farlo nel modo più corretto possibile. Per questo oltre al nostro supporto diretto riteniamo importante il coinvolgimento e la partecipazione delle Pink Ambassador “veterane” durante gli incontri con le nuove Ambassador. Sono loro le prime a dispensare consigli su come raccogliere donazioni on line, ma soprattutto diffondono  coraggio e fiducia raccontandosi e raccontando le loro storie personali nella difficile battaglia contro il cancro.

Non solo personal fundraising

Tornando al fundraising, quello che ho apprezzato in questo progetto è come intorno ad un’attività che in sostanza possiamo definire di personal fundraising siano presenti anche tutti gli altri più classici strumenti di raccolta fondi e comunicazione, così come attività di carattere istituzionale più diciamo tradizionali.

Certamente. Coinvolgiamo le aziende per coprire i costi vivi del progetto.
Facciamo reclutamento anche a partire dal nostro database.

Abbiamo diversi media partner che ci aiutano nella fase di promozione e storytelling.

Abbiamo, come detto, una partnership con la Fidal che segue le Pink negli allenamenti, ma collaboriamo anche con l’Anci, coinvolgendo i Comuni dove sono presenti le squadre delle nostre Pink Ambassador.

 

Pink Ambassador Fundraising
Durante la tua sessione hai usato spessissimo la parola credibilità.
Le Pink Ambassador sono credibili perché hanno affrontato la malattia e condividono la loro esperienza.
A me sembra che metterle al centro di questo progetto e dotandole di strumenti – e di supporto – per intraprendere le loro raccolte fondi sia un modo per rendere credibile anche la figura del fundraiser stesso.
Che ne pensi?

La fiducia che i donatori ripongono nelle organizzazioni è uno dei pilastri su cui basare le attività di raccolta fondi, è chiaro poi che siamo noi fundraiser a doverci mettere la faccia, diventiamo dei facilitatori verso il raggiungimento di un obiettivo importante.

Quando a fare raccolta fondi si impegnano in prima persona i beneficiari o chi semplicemente si riconosce nella causa e nei progetti portati avanti dall’organizzazione è fondamentale dare loro il massimo supporto, accompagnarli il più possibile affinché la loro voglia di fare del bene possa esprimersi al massimo. Ritengo che così facendo l’intera attività di raccolta fondi acquisti credibilità.

C’è qualcosa in particolare che seguendo questo progetto hai imparato o che ti ha colpito come fundraiser?

Le Pink Ambassador mi hanno confermato quanto siano straordinarie le donne, il loro coraggio e forza è qualcosa di contagioso.