Perchè Le Persone Donano
Professione Fundraiser

Le campagne di raccolta fondi falliscono perché non ci sono abbastanza fundraiser

Le campagne di raccolta fondi falliscono non perché mancano donatori, ma perché non ci sono abbastanza fundraiser.

Perchè le persone donano? È questo il dilemma che assilla ogni giorno i fundraiser. Ma è la domanda sbagliata. 

Cosa troverai in questo articolo

Errore di attirbuzione

“Perché le persone donano?” non è la domanda giusta da farsi. Pensa che i sociologi parlano persino di “errore di attribuzione”.

Ti spiego meglio.

Prendiamo un non-donatore. Fino a poco prima non aveva mai donato, mai dato 10 euro a un’associazione, mai comprato delle arance in piazza, insomma… niente di niente.

Ma poi un giorno decide di donare. È cambiato qualcosa per lui secondo te? Per me, nulla!

Nel senso.. nella stragrande maggioranza dei casi non gli è successo niente: non ha perso il lavoro, non ha cambiato casa, non si è sposato, non ha vinto la lotteria, non ha ricevuto una promozione a lavoro. Insomma: non è cambiato niente nella sua vita.

Ecco perché è un “errore di attribuzione”. Perché in realtà una sola cosa è cambiata. Una. E una soltanto.

E’ cambiato che qualcuno gli ha chiesto di donare.

Stimolare la donazione

Prova a chiederti: perché una persona ricca dona? Ovviamente uno dei motivi potrebbe essere che avendo più soldi, può donare più facilmente.

Ma allora, perché uno ricco dona e l’altro (ricco uguale a lui) non dona?

Perché la donazione deve essere stimolata.

Si è vero. In molti casi l’idea di donare è maturata dalla persona, ma è la decisione di farlo che è (nella stragrande maggioranza dei casi) sollecitata da qualcuno. Da un fundraiser come te per esempio.

Un buon fundraiser deve chiedere

Ma scusa: questo non è forse vero in tutti i campi della nostra vita?

Pensaci. Perché tu fai quello che fai? Come ti viene in mente l’idea di fare una certa cosa? Non è forse perché lo hai visto fare? Perché vedendo una cosa simile, poi ti è venuta in mente l’idea di farla?

Prendi me. Qualche settimana fa ero steso sul divano e volevo dormicchiare un po’… allora ho chiesto a mia figlia: “Mi spegni la luce per favore”. E lei si è alzata e l’ha spenta. Perché l’ha fatto? Perché qualcuno (gentilmente) glielo ha chiesto.

E se quel qualcuno te lo chiede nel modo giusto, la possibilità che la richiesta vada a buon fine è ancora più alta.

Ecco. Nel fundraising è esattamente la stessa cosa.

Se uno ti chiede di donare ti viene in mente, (e molte volte anche se ti viene in mente non doni!), se invece non te lo chiedono non ti viene nemmeno in mente.

Economia utilitaristica

Insomma, persino gli economisti utilitaristi, (che a me proprio non piacciono!), lo hanno capito!

Sarò più chiaro.

L’utilitarismo presuppone che gli individui razionali massimizzino sempre il proprio interesse personale (che spesso confondono con il termine di “felicità”). Quindi, loro proprio non si spiegavano perché una persona scegliesse di donare.

D’altronde, un vero utilitarista non dovrebbe fare donazioni. Dovrebbe tenersi tutto per sé, perché è impossibile che riesca a massimizzare la propria utilità se dà via i suoi soldi.

Allora cosa hanno fatto? Hanno provato a trovare una soluzione a questo comportamento a loro avviso del tutto insolito.

Hanno pensato bene di ridefinire l’interesse personale (quello che secondo loro deve essere massimizzato, giusto per intenderci) includendo in esso anche il “fuoco dell’amore“, o il “beneficio della generosità”.

In pratica, un utilitarista “nel donare”, riceve un bene altrettanto di valore come “il fuoco dell’amore” o “il beneficio dell’essere generoso”.

Una soluzione un po’ riduttiva per carità, (anche ridicola a mio avviso), ma anche loro, gli economisti “super razionali” lo hanno capito che donare è parte di uno scambio tra donatori e riceventi dove entrambi ci guadagnano. Incredibile!

Il target ideale. Esiste?

E noi ancora continuiamo a chiederci con ricerche approfondite (e anche oneste, per carità) “chi è il donatore ideale”? Chi è “il nostro target giusto”?

La risposta è semplice: nella maggior parte dei casi non esiste.

Sì è ovvio, c’è sicuramente  qualcuno che è più ricettivo (ad esempio le donne, le persone religiose, le persone di una certa età, ecc).

Ma continuare a chiedersi quali sono i fattori che incoraggiano le persone a donare crea l’aspettativa (spesso pericolosa), che esista un “tipo di donatore” con un insieme di caratteristiche socio-demografiche e di motivazioni personali che sono tipiche di quelle persone che doneranno più facilmente.

Il vero problema però, è che il “donatore tipo” non esiste.

Ci sono molti più studi sul “donatore ideale” verso determinati temi o aree del fundraising (quelle di mass marketing). Quando il donare avviene all’interno di contesti sociali e organizzativi che influenzano direttamente l’azione.

Ovvero quando c’è un contatto stretto tra chi chiede e chi dona.

Professionalità e formazione

Per fare raccolta fondi ci vuole professionalità

Sto dicendo che fare fundraising è facile? No!

Molti continuano infatti a sottovalutare la complessità di una raccolta fondi professionale.

La raccolta fondi ‘familiare’

Del resto, raccogliere denaro è la forma più comune di “volontariato familiare” no?! A chi non è capitato di raccogliere un po’ di denaro nella propria vita e supporre, almeno inizialmente, che sia essenzialmente la stessa cosa che fa un fundraiser?!

Probabilmente a tanti.

Purtroppo però chiedere ad amici e familiari un sostegno per una causa con cui tu, e forse la persona a cui stai chiedendo, ha una connessione diretta, è un compito molto diverso rispetto ad avvicinare estranei per sostenere un’organizzazione nonprofit.

Lo ripeto ormai da tempo.

La differenza tra chiedere soldi ad amici e parenti e chiedere supporto agli estranei può essere paragonata alla differenza tra il busker (l’artista di strada) e il fundraiser.

Nel primo caso, le persone rispondono alla persona che ha fatto la richiesta e sono motivate dallo sforzo e dal talento del richiedente.

Per quanto riguarda il fundraising invece, la dignità della causa gioca un ruolo molto più importante all’inizio, ma per sostenere e far crescere il supporto, deve svilupparsi una relazione (una relazione che nel primo caso è già in atto).

Per chiedere nel modo giusto, ci vuole un giusto fundraiser

Ecco perché è necessario spostare l’attenzione su chi chiede!

Perché questa relazione è l’esito dell’umile, complesso, lungo investimento in termini di rapporti, risorse, tempo, energie e mezzi che un fundraiser ogni giorno mette in campo.

Non è la generosità istintiva, non è la generosità innata, né ci sono uomini o donne che sono “istintivamente” generosi. Ci sono semplicemente uomini e donne a cui è stato chiesto di donare.

Perché l’altruismo è strutturato, promosso e reso logisticamente possibile da organizzazioni e istituzioni.

E soprattutto da chi chiede, cioè da un fundraiser!

Come disse il mai troppo ascoltato Adam Smith più di 100 anni fa: “È l’offerta che crea la domanda, e non viceversa”. Per essere più precisi: è l’offerta di un fundraiser che offre la possibilità di donare, che genera il dono.

Ecco perchè mi ostino a dire che quando le campagne di raccolta fondi falliscono non è perché non ci sono abbastanza donatori potenziali, ma è perché non ci sono abbastanza fundraiser!