Senza accorgercene comunichiamo in ogni momento e in ogni momento abbiamo a che fare con prodotti che trasmettono un messaggio. Il primo assioma della comunicazione ci dice che è impossibile non comunicare, stando così le cose tanto vale farlo nel migliore dei modi possibili, anche e soprattutto nelle realtà nonprofit. A tal proposito, per orientare una comunicazione efficace occorre che sia pianificata. “Pianificare cosa e quando comunicare ci aiuta a mettere a fuoco i nostri obiettivi e ad avere una via da seguire. E poi la pianificazione agisce come filtro e ci permette di evitare di dare messaggi sbagliati o non efficaci” afferma Serena Fabrizio, esperta di comunicazioni nonprofit e Direttore creativo dello Studio Romboli Soc. Benefit.
In questo articolo
Il punto di partenza
Lo strumento principale con cui orientare i messaggi delle organizzazioni nonprofit è il Piano di Comunicazione, da sempre utilizzato anche dalle realtà profit.
Si tratta di un documento di pianificazione che può avere durata variabile: può essere legato ad una campagna (come una raccolta fondi) con una validità temporale limitata o può essere legato ad una presentazione istituzionale e avere durata più ampia. “Esistono delle linee guida specifiche per la stesura del Piano di comunicazione, una pianificazione ben fatta consente all’organizzazione nonprofit di non farsi sfuggire delle opportunità in termini di visibilità e di operatività. Questo documento è a tutti gli effetti il punto di partenza delle attività dell’organizzazione, va sviluppato infatti in seguito ad un’attenta analisi del contesto di riferimento in cui opera l’ente nonprofit, ma è anche il punto di arrivo: una mappa da seguire con attenzione per essere pronti all’occorrenza” continua Serena Fabrizio.
Elementi guida del Piano di Comunicazione
Il Piano di comunicazione si compone di alcuni elementi guida imprescindibili che ne definiscono la struttura: si parte con la definizione degli obiettivi di comunicazione, del target a cui ci si rivolge e degli strumenti/ mezzi di comunicazione. Poi deve essere chiaro e ben definito il messaggio – ossia il contenuto – che deve essere comunicato e la creatività con cui farlo. In ultima battuta, va analizzato il coinvolgimento e poi c’è la misurazione dei risultati. “Quest’ultima – prosegue Serena Fabrizio – va effettuata nel giro di pochi giorni dagli eventi di comunicazione. Spesso i risultati sono trascurati ma sono invece fondamentali, nel caso della raccolta di fundraising ad esempio non conta solo il risultato economico ma anche e soprattutto il coinvolgimento del pubblico, il racconto che ne è stato fatto e la comunità che si è andata costruendo. Il nostro pubblico non va assolutamente concepito come un bancomat a cui rivolgerci solo quando ne abbiamo bisogno: il suo coinvolgimento e la sua risposta va analizzato a prescindere dal risultato raggiunto”
La definizione di un target
Ogni singolo elemento di cui si compone il Piano di comunicazione richiede un’analisi e una riflessione attenta. Soprattutto nella definizione del target possiamo utilizzare a nostro supporto delle tecniche specifiche: una delle tante è l’utilizzo di Personas, dei veri e propri identikit con cui facciamo uno sforzo di immaginazione. “In alcune campagna si arriva addirittura a dare dei nomi alle persone a cui ci si rivolge. Una lettera usata ad esempio per veicolare un messaggio è bene che sia il più personalizzata possibile, magari proprio con il nome del ricevente, il nostro pubblico si sentirà così più coinvolta”. Per individuare il nostro pubblico è anche fondamentale tenere ben presente il nostro obiettivo, a cui possono comunque seguire anche più target, pubblici differenti e quindi messaggi differenti. Pensiamo ad esempio ad un’organizzazione nonprofit che può rivolgersi sia ad un pubblico interno che ad un pubblico esterno.
L’analisi dello strumento
Una volta definiti obiettivi e target di riferimento è tempo di pensare agli strumenti/mezzi di comunicazione con cui appunto comunicare il nostro messaggio. “Per una pianificazione ottimale della comunicazione è fondamentale non partire dallo strumento ma partire dall’analisi, definendo il mezzo di comunicazione secondariamente. Non è possibile partire dalla fine, ma occorre partire all’analisi, dalla pianificazione, altrimenti il mezzo potrebbe non essere quello giusto”.
Come vestire il nostro messaggio
A questo punto siamo arrivati al momento in cui possiamo occuparci del messaggio e della creatività con cui questo deve essere veicolato. Il documento che serve a definire lo stile del messaggio si chiama brief, esso contiene – a partire da un’analisi interna all’organizzazione – una serie di indicazioni in merito al modo in cui vorremmo arrivare al nostro pubblico. “Il Brief è a tutti gli effetti il vestito del nostro messaggio, è bene che sia quanto più coerente con l’identità e lo stile dell’organizzazione, ma non è detto che non possa deliberatamente scostarsi dallo stile comunicativo che identifica l’organizzazione, in ogni caso anche una campagna dissonate deve trovare una precisa espressione nel brief”.
L’importanza del “Rendere conto”
“Il mondo delle associazioni e delle organizzazioni nonprofit ha necessità di trasparenza e di comunicazione, deve infatti dare conto agli altri della sua mission per fare rete sul territorio e mettere in relazione le persone. Inoltre ha anche il grande vantaggio di avere storie e testimonianze da essere raccontate. Per queste ragioni è tanto più auspicabile una pianificazione attenta e precisa della comunicazione su modello di quanto è già assodato nel mondo profit.” – conclude Serena Fabrizio
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