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Pornofundraising: vogliamo donatori o sostenitori della causa?

Le immagini forti sono ancora uno strumento utile al fundraising?

Se sei qui forse è perchè il titolo di questo articolo ti ha stuzzicato ? L’ho preso in prestito da “poverty porn”, argomento di cui si discute almeno da 40 anni nel mondo del fundraising.

Come prima cosa ti faccio una domanda. Hai mai visto questo video?

Se non l’hai visto smetti di leggere questo articolo e se sai un po’ di inglese guardalo..è una bella presa in giro di come – nel fundraising – abusiamo a volte di uno “standard” sia di standard di immagini e di linguaggio e anche di quanto forse non ce ne accorgiamo.

E’ un video che interroga tutti i fundraiser: con l’uso dell’ironia ci fa capire che ogni tanto dobbiamo togliere lo sguardo dai numeri della nostra campagna e su cosa stiamo progettando e spostare l’attenzione su come comunichiamo e su quali strumenti usiamo per comunicare e il loro impatto verso chi riceve questa comunicazione verso i protagonisti della comunicazione.

Ma questo che ti ho linkato prima non è l’unico video che prende in giro un certo modo di fare fundraising…guardati questo, un video dove si vogliono aiutare i norvegesi a comprare i caloriferi per l’inverno…indovina che modello di fundraising prende in giro?

E se sei in vena di guardare altri video ti consiglio questi due ted:  questi 12 minuti di un TED dedicato proprio al tema di come utilizziamo le immagini nella raccolta fondi e 16 minuti dedicati a come viene “comunicata” l’Africa dai media (comprese anche le organizzazioni nonprofit si intende).

Se sei giunto fin qui vuol dire che hai guardato almeno mezz’ora dei video che ti ho consigliato: ora puoi procedere nella lettura. Ti darò i risultati di ben 5 ricerche svolte sul tema dell’abuso di immagini “forti” (nello specifico di persone in stato di povertà)…poi trarrò delle conclusioni che potranno esserti utili nel tuo lavoro quotidiano di fundraiser.

Cosa trovi in questo articolo:

Cosa si intende per pornofundraising?

Il termine “Poverty porn” fu coniato oltre 40 anni fa per descrivere l’uso (o l’abuso) all’interno degli strumenti di fundraising (specialmente direct mailing) di immagini di minori o donne in stato di povertà.

La definizione di Poverty Porn:

“l’utilizzo di ogni tipologia di mezzo di comunicazione (riviste, fotografie, filmati) che mostrano una condizione di povertà al fine di generare quell’emozione necessaria a vendere riviste o aumentare le donazioni per una causa specifica”

Oggi possiamo parlare di pornofundraising per descrivere l’abuso di immagini forti e fuori contesto al fine di raccogliere fondi. Se 40 anni fa tale pratica era legata a strumenti per lo più cartacei oggi questa pratica può riguardare anche innumerevoli strumenti digitali (sito internet, blog, canale youtube, canale instagram) che hanno una capacità di condivisione delle immagini esponenzialmente più grande rispetto a quanto si poteva fare nel 1980.

Anche nel mondo del fundraising italiano se n’è parlato: nel 2016 il convegno organizzato da Assif intitolato “Quando le immagini fanno bene al portafoglio ma non all’organizzazione” ha trattato l’argomento anche a seguito di una campagna specifica dal titolo “Anche le immagini uccidono” (sitovideo), preceduti da alcuni articoli apparsi su Africa Rivista e su Redattore Sociale dove da una parte si criticava e dall’altra si giustificava l’uso di immagini “forti”.

E’ necessario parlare di pornofundraising?

Il termine poverty porn vede la luce nel 1981 in questo articolo scritto da Jorgen Lissner, direttore della onp danese Danchurchaid. Ti invito a leggerlo perchè è stato scritto esattamente 41 anni fa ma ci ritrovi dentro la stessa situazione attuale.

Lissner scrive:

le buone intenzioni (di un ente nonprofit intende) non sono abbastanza se non sono portate avanti con la comprensione o peggio con l’incomprensione di cosa provoca l’uso di certe immagini sulla mentalità, le attitudine, le emozioni, il comportamento del pubblico che le guarda”.

E’ cambiato qualcosa da allora?

Oggi come allora possiamo giustificarci dicendo che l’uso delle immagini in termini di “profittabilità” delle donazioni non ha uguali e permette di avere un flusso continuo di donazioni. Ci dobbiamo però chiedere se possiamo permetterci come realtà italiana e mondiale del fundraising di non essere ancora giunti a prendere posizioni chiare sull’uso di tali immagini?

Forse è giunto il momento di fare una riflessione definitiva e chiara? Ci sono anche ottimi esempi in giro: qui puoi trovare un video di 1 ora e 30 minuti circa del Sub-Sahara Advisory Panel dove si parla dell’argomento in maniera dettagliata e con differenti punti di vista.

Il fine giustifica i mezzi?

Chi critica l’utilizzo di queste immagini non vuole mettere in discussione la bontà del lavoro di tante organizzazioni nonprofit e specialmente delle organizzazioni non governative: ci si domanda però se il fine giustifica il mezzo utilizzato.

La Carta di Treviso, un protocollo firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono Azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia, all’articolo 7 specifica che 

”nel caso di minori malati, feriti, svantaggiati o in difficoltà occorre porre particolare attenzione e sensibilità nella diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi ad un sensazionalismo che finisce per divenire sfruttamento della persona”.

E’ evidente che i fundraiser non sono giornalisti, ma quando si fa una campagna di raccolta fondi non si sta solamente facendo una proposta “economica” al fine di ottenere donazioni, ma si sta cercando anche di informare il potenziale donatore su una minaccia, uno stato delle cose, un’emergenza che ha bisogno di essere posta all’attenzione di quante più persone possibili.

L’uso o abuso delle immagini “forti” non è legato solamente alle organizzazioni che combattono la povertà ma può essere un rischio che tutti noi corriamo nel fare fundraising. Non parliamo solo di organizzazioni di dimensione internazionale ma di tutte quelle pratiche di utilizzo inappropriato delle immagini ai fini del fundraising in cui qualsiasi organizzazione, anche la tua, potrebbe essere coinvolta.

Angelina Jolie Povertyporn Fundraising.it
La famosa attrice Angelina Jolie immortalata mentre abbraccia un bambino africano in evidente stato di malnutrizione.

Il mezzo riesce a creare un impatto duraturo?

Chi è a favore dell’utilizzo di queste immagini sostiene che è necessario utilizzarle per mostrare un’ingiustizia che non può più essere accettata e che l’interesse dell’organizzazione nonprofit non è solamente quello di ottenere una donazione ma di toccare la coscienza delle persone.

Come queste immagini possono portare ad un impatto duraturo? Come lo misuriamo questo impatto ? Lo misuriamo da quante nuove donazioni / donatori ottiene la campagna? Oppure lo misuriamo rispetto a quanti donatori poi doneranno per altre campagne dell’ente negli anni a venire?

O l’impatto di una campagna di comunicazione lo potremmo misurare andando a capire se i nostri donatori hanno cambiato quegli stili di vita che sono una delle principali cause della povertà in altri stati del mondo? Diciamocelo chiaramente: le immagini forti portano donazioni e probabilmente le porteranno sempre finchè non ci assueferemo al loro utilizzo. Ma da 40 anni a questa parte ancora ciò non è accaduto.

Nel mentre non nascondiamoci dietro una foglia di fico: nessuno sa, al di là delle donazioni raccolte, se il donatore ha cambiato stile di vita, se ha modificato il suo modo di “consumare” che impatta realmente sull’uso delle risorse e sull’impoverimento socio-ambientale nel “terzo mondo”.

Per cui alla domanda se il mezzo utilizzato – ovvero le immagini “forti” – corrisponde un reale impatto non abbiamo risposta.

5 ricerche sul poverty porn: creiamo stereotipi o crediamo nell’empowerment?

2014: Il poverty porn costruisce muri? –  Lund University – Svezia – link

Il poverty porn è una rappresentazione negativa dell’Africa come un continente “affamato” e l’uso di certe immagini mira solamente a creare un sentimento di compassione col rischio di alimentare una comunicazione unidirezionale che ha come unico obiettivo quello di ottenere un supporto finanziario da parte di chi riceve il messaggio.

I rischi che si corre con un abuso del poverty porn riguardano la creazione di stereotipi, il ledere a volte la dignità della persona come essere umano, la creazione di immagini talmente standardizzate da farle passare come la “normalità” con un alto rischio di assuefazione da parte del ricevente.

 

2018: Come utilizzare bene il video per non cadere nel tranello del poverty porn – Florida State University – USA – link

Questa ricerca si incentra sull’analisi di alcuni video di organizzazioni non governative: a volte – viene specificato – si cerca la strada più facile nello spiegare un fenomeno complesso e i video dovrebbe essere utilizzati proprio a questo fine essendo uno strumento ben più ricco della singola immagine.

Se nella singola immagine la persona non ha voce né azione, nei video analizzati si sono riscontrati alcuni difetti come l’utilizzo di persone solo in atteggiamenti passivi, a volte “senza voce” e senza specificato il contesto e la realtà in cui vivono.

La ricerca consiglia di creare video con una narrazione attiva, con l’uso di voci delle persone contestualizzate nell’ambiente dove vivono.

  

2017: Immagini viste da “sud” –  Radi-Aid Research Project – link

Questa ricerca contiene le risposte date da 74 persone che abitano nell’Africa Subsariana (Ethiopia, Ghana, Malawi, South Africa, Uganda and Zambia) rispetto ad alcune immagini utilizzate da alcune grandi ong internazionali in appelli di raccolta fondi.  I risultati sono molto interessanti in quanto il panel ha approvato l’utilizzo di immagini negative per fare pubblicità ai fini della raccolta fondi in quanto riconosce che l’utilizzo di tali immagini è necessario per raccogliere più  fondi possibili per la causa. Dall’altra parte alcune immagini rischiano di non dignità alle persone ritratte in immagini e video: in tal senso è importante “dare voce” a queste persone, limitando o escludendo le immagini che riportano a nudità o violenza. La ricerca pone anche l’attenzione sulla creazione di stereotipi ovvero utilizzo di immagini che possono non essere comprese da persone del “nord del mondo” che vivono in un contesto totalmente differente.

 

2017: Creiamo empowerment non stereotipi –  The University of Texas at Austin – link
Grazie a questa ricerca si è verificato invece una recente tendenza da parte di alcune organizzazioni ad utilizzare immagini legate al concetto di empowerment.

Queste immagini, oltre ad essere più rispettose nei confronti anche dei soggetti ripresi, forniscono un diverso punto di vista a chi le osserva: non più persone che “non riescono”, ma persone che riescono a risollevarsi anche grazie alla donazione e all’azione dell’organizzazione nonprofit.

 

2021: Cosa ci dicono le immagini? –  Bowling Green State University – link

In questa ricerca sono state esaminate 320 foto appartenenti a 32 delle più grandi organizzazioni nonprofit statunitensi utilizzate da queste nel marzo 2017 per fare raccolta fondi. Ecco alcuni degli esiti:

  • Metà delle foto rappresentavano bambini/e soli senza adulti e ¼ rappresentavano madri con bambini al seguito, il 25% rappresentavano madri che allattano
  • Lo sfondo di queste foto spesso era sfuocato in modo da far risaltare il viso e gli occhi dei bambini/donne ritratti che spesso erano indirizzati a terra in un atteggiamento di forte passività

Guardando queste immagini un potenziale donatore, sostiene il ricercatore, potrebbe supporre che tutte le donne rappresentate da sole non siano sposate o che l’uomo non si prende cura della famiglia o che la donna non lavori in quanto spesso occupata a far da mangiare per la famiglia. Il rischio in cui puoi incorrere anche tu come fundraiser è di utilizzare immagini che creino degli stereotipi, stereotipi che non aiutano sempre a capire la natura del problema, a far riflettere profondamente il donatore sul reale motivo che ha causato tale situazione di indigenza.

Gli stereotipi creati con l’uso di certe immagini, se da una parte aiutano nel ricevere donazioni, dall’altra rischiano seriamente di sminuire la complessità dei fattori che ci sono dietro ad una condizione di povertà (epidemie, fattori ambientali, fattori socio-educativi, crisi economiche, etc.): il pornofundraising rischia di non far riflettere e discutere sul come la povertà possa realmente essere sconfitta, rischiando di perpetuare un modello di fundraising “caritatevole” invece che un modello di fundraising che stimola la presa di coscienza e l’attivismo reale.

Cosa ho imparato

  1. Considera sempre il rischio assuefazione
    Troppe immagini di “poverty porn” creano assuefazione nel donatore, rischiano di essere accumulate nella tanta informazione che riceviamo ogni giorno e che si limita all’aspetto emozionale ma che dopo 1 click è già fuori dai nostri pensieri.
    Pensaci perchè questo è un rischio concreto: non farti ingannare dalle sirene che ti dicono…”se usi quell’immagine forte” la tua redemption sarà migliore..
    Considera sempre il tuo stile comunicativo, il tuo “tono di voce”…deve essere costante…avere un filo rosso che lo contraddistingue.

  2. Le immagini parlano se il tuo pubblico “ascolta”
    Non esiste un divieto ad usare immagini “forti”, non esiste una legge contro il “pornofundraising”: esiste la tua capacità di sapere se quelle immagini riescono a “parlare” al tuo pubblico, ai tuoi donatori.
    A volte un’immagine eccessivamente “forte” può servire a descrivere una situazione di povertà, una malattia, una disabilità: se tu sai che il tuo pubblico è in “ascolto” e che quella immagine può far attivare non tanto e non solo una donazione ma anche una “presa di coscienza” allora saprai che quell’utilizzo è corretto.

  3. Vogliamo donatori o sostenitori della causa?
    La domanda che ti devi porre come fundraiser è se ti interessa avere dei semplici donatori o vuoi invece dei veri sostenitori della causa.
    Il donatore è quello che ti fa la donazione online dopo aver visto il video su Youtube o aver ricevuto il mailing contenente delle immagini “forti”, il sostenitore della causa è colui che dona ma che fa anche advocacy della causa, che cambia stile di vita, che coinvolge altre persone non tanto e non solo a donare ma a dare voce a reali cambiamenti.

  4. Le linee guida non servono: un uso “sano” delle immagini sì
    A livello nazionale e internazionale si è parlato di poverty porn a lungo, sono state redatte o prese in esame varie linee guida ma queste hanno sempre avuto un peso relativo. La scelta vera la fai tu ogni giorno come fundraiser, quando crei una campagna, quando pensi e rifletti a quale immagine usare per la story su Instagram o il post sul blog o su Facebook o le foto del calendario dell’organizzazione o quelle da inserire nel mailing.

Pensa prima di dire e di giudicare, prova a pensare

Pensa che puoi decidere tu (Fabrizio Moro – Pensa)

 

Povertyporn Fundraising.it
La campagna di raccolta fondi della nonprofit "Miseror": strisci la tua carta di credito e tagli una fetta di pane immaginaria. Ed ecco che hai donato 2 €!

P.S: Se ti stai domandando se ci sono altre soluzioni al poverty porn ti invito a guardare le immagini di questo invito a donare fatto da una organizzazione nonprofit tedesca che ha come scopo la lotta contro la povertà. Guarda il video https://youtu.be/s8ltRVCpf7M

Dona 2 euro e condividi qualcosa di concreto con la persona che ha bisogno..mentre fai il gesto “simbolicamente” tagli il pane e lo condividi con chi ne ha bisogno…non male come idea”

Ti interessa l’argomento? al Festival del Fundraising c’è una sessione dedicata al PornoFundraising

Se vuoi approfondire questo argomento devi sapere che alla prossima edizione del Festival del Fundraising ci sarà una sessione dal titolo

L’uso delle immagini forti nel fundraising. Tra etica della raccolta fondi e voyeurismo emotivo”.

Sarà un dibattito a tre voci da cui potrai prendere utili spunti per riflettere anche all’interno del tuo ufficio raccolta fondi su questa delicata tematica.

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